Cinque mesi dopo...
«Non voglio mai più vedere questo film, è troppo triste» dissi io prendendo il ventottesimo fazzoletto dal contenitore.
«Non puoi definire "Aladdin" un film triste Rose» disse Ryan ridendo e abbracciandomi forte a sé.
«Non del tutto, però hai visto che bel personaggio è Aladino? Hai notato quanto è innamorato di Jasmine? E poi pensa a tutti i rischi che ha corso... poteva davvero essere molto triste» dissi io finendo riasciugarmi gli occhi cullata tra le braccia di Ryan.Eravamo seduti sul divano di casa nostra dopo un intero pomeriggio passato a guardare la televisione. Il clima primaverile di Marzo iniziava a farsi sentire, specialmente vedendo gli alberi in giro per la città tornare a fiorire uno dopo l'altro dopo duri mesi invernali. Il tempo con il pancione era volato, e con lui anche il secondo anno da universitaria stava correndo in modo impercettibile. Avevo smesso di recarmi all'università da novembre, quando nemmeno le maglie larghe e cappotti erano più in grado di coprire la pancia che, giorno dopo giorno, sembrava crescere a dismisura.
«Anche io ti amo alla follia, così come Aladdin amava Jasmine, perché però per questo non piangi?»
«Mi stai per caso dicendo che ti piace vedermi piangere?» Chiesi guardandolo corrucciata.«Cosa... ovvio che no!» Disse lui mettendosi subito sulla difensiva. «Sai che non potrei mai volere qualcosa simile.»
«Mi fiderò di ciò che dici...» dissi io portandogli una mano sul volto e iniziando ad accarezzarlo. «La piccolina qui si sta muovendo un po' troppo oggi, è assurda.»«Ti fa male?» Chiese lui iniziando ad accarezzarmi la pancia.
«Affatto, ma è strano, ancora non mi ci sono abituata a quanto pare...» dissi sorridendogli prima di avere un'illuminazione improvvisa. «Ryan.»
«Sì, Rose?» Chiese lui sull'attenti vedendomi intenta a ragionare duramente a qualcosa.
«Ho voglia di gelato» dissi entusiasta sbattendo le mani come una bambina.Ryan scoppiò a ridere dopo avermi vista così, ma si arrese subito aiutandomi ad alzarmi. Oramai aveva compreso che, difronte a una mia richiesta, in qualche modo doveva arrendersi e accontentarmi. Certo, detto così forse non è proprio il massimo... ma ero pur sempre una ragazza di nemmeno vent'anni alle prese con l'ultimo mese di gravidanza, in preda a voglie continue ed improbabili a qualsiasi ora del giorno e con un pancione decisamente sproporzionato per la mia fisicità minuta e la mia altezza mancata, era un mio diritto volere del gelato in pieno marzo alle sette e mezza di sera, no?
«Sei pronta tu?» Mi chiese lui una volta avermi aiutata ad alzarmi.
«Sì, non ho la minima voglia di cambiarmi. Sono tanto brutta vestita così?» Chiesi mettendo il broncio.
«Ma certo che no, sai che per me rimani splendida in qualsiasi modo» disse lui posandomi un bacio sulla fronte e portandomi per mano fino alla porta d'ingresso. Prese i nostri cappotti dall'attacca panni e, dopo essersi messo il suo ed avermi aiutata ad indossare il mio, ci avviammo assieme verso la macchina diretti verso la gelateria più vicina. Il vento primaverile ci sferzava addosso dolcemente, visto soprattutto che la temperatura era stranamente perfetta. Una volta entrati in auto iniziammo a parlare nuovamente di Aladdin visto che lui si ostinava a cercare di convincermi del fatto che, in realtà, non fosse un film con sfumature tristi. Le strade di Denver erano abbastanza tranquille quel giorno, perciò non ci avremmo messo molto a raggiungere la gelateria. Accadde però che, mentre eravamo fermi ad un semaforo...«Amore, stai bene?!» Chiese lui allarmato girandosi di scatto verso di me. D'improvviso, una contrazione più forte di quelle a cui ero abituata s'irradiò in me costringendomi a lamentarmi.
«Sì sì è tutto ok, è stata solo una contrazione...» dissi io prendendo un respiro profondo convinta del fatto che sarebbe cessata seduta stante, ma non appena mi ritrovai a stringere i denti in modo più forte per via delle sensazioni man mano più forte...
«Ryan» dissi guardando un punto indefinito davanti a me rendendomi conto di ciò che stava realmente accadendo.
«Che succede Rose, è tutto ok? Ti fa male qualcosa?» Chiese lui impacciato girandosi verso di me.
«È arrivato il momento, vuole nascere» dissi io guardando felice prima di riavvertire un'altra contrazione, a sua volta peggiore della precedente.«Cosa? Ora? Sei sicura che...»
«Sto per partorire Ryan, non ho alcun dubbio a riguardo!» Dissi io facendo un altro respiro profondo.
«Ed ora che si fa? Come facciamo, cosa bisogna fare?»
«Ryan...» dissi prendendogli il viso tra le mani e guardandolo negli occhi. Da una parte ero divertita dal vederlo così, ma dall'altra... dall'altra avevo pur sempre mia figlia che mi stava chiedendo nell'unico modo che conosceva di venire al mondo, e non era un modo tanto delicato. Ve lo posso assicurare.«Ora dobbiamo solo andare in ospedale, chiaro?»
«In ospedale...» ripetè lui annuendo con la testa. «In ospedale, certo! Come ho fatto a non pensarci prima?» d'un tratto, l'auto dietro di noi iniziò a suonare il clacson, tanto da costringere Ryan a sporgersi dal finestrino per urlargli: «Cosa cazzo vuoi te? Qui sta per nascere mia figlia, devo forse...»
«Ryan!» Dissi catturando la sua attenzione di scatto. «Non è il momento di litigare, sto per partorire, vuoi capirlo o no?!»***
Mai nessuno parla di quanto, la nostra intera visione della vita, cambi in modo radicale dopo la nascita del proprio figlio. Per nove lunghi mesi mi ero chiesta cosa sarebbe successo dopo, cos'avrei provato nel vederla per la prima volta, cos'avrei percepito nel tenerla tra le braccia. Non appena però l'infermiera mi porse nostra figlia permettendomi di abbracciarla... vi posso assicurare che tutto attorno a me si ammutolì. Qualsiasi cosa, dopo averla presa in braccio, perse valore innanzi al dono più bello che la vita mi avesse mai dato.
«È una bambina splendida ragazzi, veramente tanto» disse l'infermiera sorridendoci e finendo di annotare le ultime cose.
Mi voltai immediatamente verso Ryan, che era stato al mio fianco dall'inizio del travaglio senza mai allontanarsi da me. Certo, spesso il panico gli faceva fare o dire cose molto fuori luogo... ma mi bastava averlo accanto, poco mi importava di ciò che avveniva attorno a noi.
«Non posso crederci...» disse lui piangendo e avvicinandosi a noi. Io gli sorrisi ugualmente commossa, mentre avevo la mano della nostra piccolina intenta a tenermi un dito, e nemmeno a farlo apposta... era proprio l'anulare dove portavo l'anello di Ryan.
«È splendida Ryan, è così bella....» Dissi io appoggiandomi a lui stanca.
«È bella proprio come te Rose, esattamente come te» disse lui posandomi l'ennesimo bacio sulla fronte che, sin da subito, devo apprezzato tantissimo.
«Ciao piccolina...» dissi io rivolgendomi a lei sentono le lacrime solcarmi il viso.
«Ragazzi, avete deciso?» Chiese l'infermiera affiancata da una sua collega. «Allora, qual è il nome che avete scelto per lei?»Avevamo passato giorni, settimane intere a pensare a quale potesse essere il nome perfetto per lei, ma per un motivo o per l'altro tutti sembravano andare bene per lei. In quel preciso momento però, improvvisamente tutto sembrò prendere senso, e solo guardandoci negli occhi...
«Summer» disse Ryan in un sussurro, come per volermi indirettamente chiedere conferma. Mi limitai ad annuire stringendo ancora un po' a me mostra figlia, e così Ryan prese quella sicurezza di cui aveva bisogno per dire: «Il suo nome è Summer, Summer Pryce.»
angolo autrice
ciao tesori, come state? è tutto ok?
mi dispiace veramente tanto per essermi assentata così a lungo, ma è stato un po' un periodaccio e, pur volendo, non sarei riuscita a concludere nulla. non a caso, questo capitolo, non mi piace nemmeno un po', ma meritavate un aggiornamento e, per il momento, questo è ciò che posso darvi🫶🏻vi ringrazio per esserci comunque,
ci vediamo prestissimo, questa volta lo prometto.
grazie, davvero,
vostra sharon.
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Nel ricordo di noi due
ChickLitAlenoire Rose Miller ha sempre e solo avuto una priorità nella sua vita: diventare un'importante figura nel mondo dell'architettura. Per farlo si sa, serve decisamente tanta dedizione e passione, capacità nel prevedere le mosse degli avversari e, so...