32- Il buio che ci avvolge

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"Quella sera, mentre le stelle mi ammiravano dall'alto,
io non potei faro altro che crollare
in un altro sbaglio."


"Rose, devo parlarti."

Questo fu il messaggio di Ryan con cui mi svegliai quella mattina.

La settimana era appena iniziata, ma ero molto rilassata prima di allora visto che avevo passato il giorno successivo al mio compleanno assieme a Ryan. Avevamo passato molto tempo assieme, sia soli che con i nostri amici, perciò nonostante lo sforzo abnorme di svegliarmi quella mattina dopo aver passato la sera precedente a continuare a leggere Romeo e Giulietta venne ripagato dalla consapevolezza di ritrovare tutti i miei amici nell'atrio di scuola. Quel messaggio mi lasciò l'amaro in bocca, così gli chiesi di vederci prima delle lezioni al bar accanto a scuola, stranamente in ansia per quel che mi avrebbe voluto dire.

«Eccomi» dissi arrivando al tavolo e sedendomi difronte a lui. Lo vidi alzare lo sguardo, lo stesso che vidi vacillare non appena incontrò il mio. «Stai bene?»
«Sì, certo che sì» disse lui scompigliandosi il ciuffo con una mano.
«Allora, di cosa devi parlarmi?» Gli chiesi sorridendogli per trasmettergli sicurezza o, perlomeno, un briciolo di serenità. Lui invece si limitò a stiracchiarsi sulla sedia in cui sedeva, e potei giurare di aver visto gli ingranaggi del suo cervello ruotare ininterrottamente.

«Katherine è tornata» disse poi buttando tutto fuori di getto. Io mi ritrovai a deglutire forzatamente, mandando giù un boccone troppo amaro per poter essere ignorato.
«Dove... dove l'hai vista?» Gli chiesi solamente, iniziando a sentirmi fortemente a disagio pensando al fatto che probabilmente si fossero incontrati.
«È venuta a casa tua la sera del tuo compleanno» disse cercando il mio sguardo con il proprio. Sobbalzai completamente colta alla sprovvista, rendendomi conto di quanto lei fosse ancora troppo vicina a me senza che io lo sapessi.

«Era lei che aveva suonato, non è così?» Chiesi collegando tutti i pezzi mancanti del puzzle che aveva composto quella strana serata, e non appena lui annuì mi resi conto di quanto stupida fossi stata a non avere dubbi a riguardo. «Dio, un giorno di questi ne uscirò pazza da tutta questa situazione.» D'un tratto sentii il mio cellulare squillare, segno di una notifica appena ricevuta. Lo presi tra le mani, notando che il messaggio apparteneva a Rebecka.

"Fra quanto arrivi? Qui c'è una ragazza che chiede di te."

Fissai quella notifica con occhi spalancati, sperando che le mie fossero solo assurde paranoie dettate dalla confessione di Ryan.

"Com'è fatta?"


"Mora, occhi chiari, ma non riesco a vederne il colore preciso. Non credo che dirle «Ehi! Non è che potresti dirmi di che colore sono i tuoi occhi?» possa essere una buona idea."

"Dammi cinque minuti e sono da te."

In un altro momento avrei riso del messaggio della mia migliore amica, ma ero troppo nervosa per poterlo fare.
«Dobbiamo andare dagli altri» dissi alzandomi e infilandomi la giacca. Fuori pioveva quel giorno, il cielo piangeva in silenzio, senza emettere suoni se non quello dello scrosciare della pioggia.
«Cosa? È successo qualcosa?» Mi chiese Ryan alzandosi a sua volta.

«Katherine è tornata, non è così?» Gli chiesi guardandolo fisso negli occhi. «Questa volta però non le permetterò di rientrare nella mia vita e tantomeno nella tua. Se servirà la distruggerò, fosse anche l'ultima cosa che faccio.»

«Rose calmati, non lasciarti dominare dalle tue emozioni» disse Ryan mentre camminavamo a passo svelto sotto la pioggia. Ero convinta che avremmo trovato i ragazzi al solito posto, ma quel giorno erano lì, vicino al cancello d'entrata, riparati da una misera tettoia.
«Sono calma, e non sono le mie emozioni a predominare su di me...» dissi bloccandomi non appena la vidi, «...ma la rabbia

Nel ricordo di noi dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora