30- Will you still love me?

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"Le frasi più belle
sono contenute
negli sguardi più profondi,
nei silenzi più spontanei,
nei sorrisi più sinceri."





Ryan

Diciannove Aprile, il compleanno di Rose.

Non avevo rimosso quella data dalla mia memoria nonostante tutto ciò che era successo, mai sarei riuscito a farlo. Quel giorno però volevo fosse speciale, volevo vederla sorridere, nonostante quella mattina cercassi in tutti i modi di darle il pretesto per farlo.

Erano giorni che ricordavo ai ragazzi di non farle credere di sapere il suo compleanno, ugualmente feci finta di non ricordarmene nemmeno io. Era una cattiveria, ne ero consapevole, però volevo che le cose andassero proprio come avevo pianificato.

Quella mattina, quando vidi Rose scendere dall'auto di suo nonno con un sorriso splendido sul volto, quasi pensai di mandare tutto all'aria e, stringendola forte, farle gli auguri più sinceri che potessi.

Erano alcune settimana che la vedevo diversa, più cupa, ma poi riusciva a convincermi del contrario non appena mi dedicava uno dei suoi splendidi sguardi felici.

Per far sì che quel sorriso non le svanisse avrei riorganizzato tutto, ma non potei farlo, o i ragazzi mi avrebbero fatto fuori.

Quando arrivò davanti a noi, salutandoci con la stessa gioia che prova un bambino davanti ai regali di Natale, mi si ruppe il cuore a fingere che quel giorno fosse come tutti gli altri. Finsi di non ricordarmi nulla, esattamente come gli altri, vedendola incupirsi dopo poco.

Sapevo che, se avessi evitato il suo sguardo, avrebbe compreso che stessi fingendo, così m'impegnai per far sì che dai miei occhi non trasparisse nulla, sapendo che fosse l'unico modo per farle capire che fossi sincero (anche se, in quel momento, sincero non lo ero affatto). Quando iniziarono i corsi e lei e Rebecka andarono nella loro aula tirai un sospiro di sollievo, già stremato da quella finzione.

«Sei proprio provato...» disse Dylan sghignazzando, così gli diedi un pugno leggero sul braccio per poi raggiungere l'aula di fisica tecnica ambientale assieme a Brendon. La mattinata trascorse in serenità, specialmente visto che, come sempre, non avrei visto molto Rose se non di sfuggita, tempo di darle un rapido bacio sulla fronte e volatilizzarmi nell'aula che avrei avuto subito dopo. Era venerdì, quindi sapevo che lei sarebbe stata impegnata per tutto il pomeriggio nella biblioteca della scuola, così io e i ragazzi avremmo avuto il tempo di organizzare le ultime cose per la festa a sorpresa che le stavamo preparando da ormai una settimana.

«Principessa, sei tanto stanca dopo questa lunga mattinata di lezioni sfiancanti? Ti vedo un po' giù, sicuramente sei stanca, vuoi che ti porto del caffè, mia dolce Giulietta?» Le chiese Dylan quando, assieme a Rebecka, si avvicinarono al nostro tavolo per pranzo.

Rose di norma avrebbe riso, avrebbe retto il suo gioco e mi avrebbe fatto alzare gli occhi al cielo, ma non in quell'occasione. Un'altra ragazza, probabilmente, avrebbe tenuto il muso triste, giustamente dispiaciuta che le persone a cui voleva bene si fossero completamente dimenticate del giorno del suo compleanno. Lei non fece nemmeno quello, e in ben che non si dica...

«È più sfiancante avere a che fare con le tue moine dopo una tremenda giornata scolastica, Dylan» disse guardandolo in cagnesco, e dovetti trattenermi dal non scoppiare a ridere, esattamente come la mora al suo fianco.

Il biondo invece, con la bocca spalancata e visibilmente colto di sorpresa, non ci mise molto a fare una sceneggiata davanti a lei, prendendo la sua mano e iniziando a parlare con tono teatrale.
«Oh, mia cara amata, come puoi tu trattare il tuo amante in questo modo?»
«Togliti, mio dolce Romeo, prima che ti versi questo bicchiere di succo all'ace in testa» disse lei rivolgendogli uno dei sorrisi più falsi che le avessi mai visto rivolgergli.

Nel ricordo di noi dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora