2- Me lo prometti?

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Non vi è nulla di più potente
di quegli addii mai detti.

Quel lontano martedì mattina non fu certo semplice affrontarlo con calma e serenità, anzi, fu tutto il contrario di ciò.
Se solitamente riuscivo a svegliarmi con un minimo di voglia d'abbandonare quel letto che mi accoglieva ogni sera, quella mattina fu anche peggio del solito. Nonna Sally dovette ricorrere all'utilizzo di un bicchiere d'acqua gelato per convincermi ad alzarmi dopo ormai mezz'ora, e in più dovetti subirmi lo sguardo di rimprovero da nonno John per via del ritardo che stavo commettendo.

Odiavo fare tardi, si, ma dopo l'incontro della giornata precedente nulla aveva più lo stesso valore. Il punto della lista in cui mi vietavo categoricamente di avere a che fare con Pryce avrei dovuto stamparlo e portarlo sempre con me, quasi come fosse qualcosa in grado di scacciare quell'orrenda presenza dal mio percorso.

Fortunatamente, nonostante l'inizio decisamente no della giornata, il panino con la marmellata di nonna mi diede la giusta carica per iniziare con il piede giusto la messa in opera di quell'assurdo piano che comprendeva in realtà un unico obiettivo: non intralciare il cammino di Ryan Pryce.

Il sorriso furbo di Rebecka, seduta accanto all'entrata di scuola su una panchina di mogano, mi fece preparare mentalmente a ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco. Sospirai e mi sedetti al suo fianco, prima di guardarmi attorno sperando di non avere accanto occhi ed orecchie indiscrete.
«Sai che ho diritto a delle spiegazioni, vero?» chiese lei sistemandosi in modo da far incrociare i nostri sguardi. «Non ho potuto assillarti via whatsapp visto che non ho il tuo numero, ma siccome questo bel faccino ieri ha completamente disintegrato Ryan ora merito di sapere il perché».
«Nulla di che in realtà, lo avrebbe fatto...»
«Non dire fandonie, Alenoire» disse lei interrompendomi. «Sai quante volte vedo ragazze sciogliersi solo per "sentire il contatto della sua pelle"?» disse lei con un'espressione disgustata che mi fece scoppiare a ridere. «Da quanto vi conoscevate?»

Lì mi trovai innanzi a due scelte da fare: la prima, dirle parte della storia (quella che era meno esplicativa) e permettere ad una totale sconosciuta di conoscere aspetti della mia vita che reputavo privati, oppure deludere le sue aspettative come quelle delle altre persone che provavano a conoscermi, ma che puntualmente ricevevano segnali in grado d'arretrare la loro avanzata. Proprio mentre stavo per scegliere, stranamente, la prima opzione, la campanella suonò salvandomi in calcio d'angolo, permettendomi così di scamparla prima di commettere una possibile pazzia.
«Ho lezione di matematica, ci vediamo a pranzo!» dissi alzandomi di fretta e correndo verso l'aula di matematica del piano di sopra.

Ancora dovevo ben orientarmi lì, ma già il fatto che riuscissi a muovermi da una parte all'altra senza ricorrere ad intermediari esterni era un grande passo avanti per me.
Entrai in aula e vidi già alcuni studenti prendere i loro posti, così li imitai ed andai a sedermi, come sempre, nel mio fondamentale posto alla terza fila. Poco dopo, una professoressa abbastanza anziana entrò in aula, a passo lento ma sguardo determinato a farcela con ogni forza che c'era in lei. I capelli grigiastri le incorniciavano il viso segnato dall'età, stesse ciocche che poco dopo essersi seduta si cacciò dietro le orecchie. Iniziò la sua lezione, che riuscii a seguire alla perfezione. La matematica, da sempre, era stata una delle mie materie preferite: la bellezza nel vedere quanto un po' d'impegno riesca a darti la soddisfazione di riuscire a risolvere problemi e tracce apparentemente complicati era la parte migliore, assieme al compiacimento di essere riuscita in qualcosa che molti reputano impossibile.
Fu così che proseguii la mia giornata, tra appunti digitati al computer e dedizione al primo posto, la mattinata trascorse al massimo della perfezione con cui poteva concludersi.

Ovviamente però, quando si ha a che fare con la realtà, la gioia non persiste mai troppo a lungo. La dimostrazione arrivò quando, dirigendomi verso l'uscita per raggiungere mio nonno ed approfittando dei corridoi liberi, vagavo in giro per scuola con il capo chino sullo schermo del cellulare.
L'uscita era vicina, la salvezza ancora di più, ma proprio mentre mi stavo avvicinando alle porte d'ingresso...

Nel ricordo di noi dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora