34- Prenditi cura di lei

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E se il passato ci ha distrutti, rasi al suolo, annientati,
prendiamo il presente e modelliamolo come ci va.
Solo in questo modo, saremo in grado di
rendere il nostro futuro come la vita che abbiamo sempre sognato.


Ryan

«Ehi dolcezza, come stai?»
Era il terzo giorno di ricovero di Rose, ed io e i ragazzi stavamo entrando a farle visita dopo le lezioni mattutine. O meglio, loro erano lì dopo queste, io ero rimasto al suo fianco tutta la mattina e tutto il giorno precedente.

Dylan si sedette al suo fianco, prendendole una mano attaccata a vari macchinari per controllare il suo battito cardiaco.

«Ehi Rose, hai visto? Siamo di nuovo qui con te, abbiamo fatto imprima possibile» disse questa volta Rebecka andando a posarle un bacio sull'altra mano. Serrai la mascella, perché per quanto avessi voluto non dirlo, vederla stesa su quel dannato letto era una vera e propria tortura.

Il suo viso era rilassato, e non dava segni di ripresa nonostante tutto. Eppure sembrava serena la mia Rose, e mi bastava questo per non crollare del tutto.

«I medici hanno detto qualcosa?» Chiese Jacob guardandomi e facendo passare l'attenzione di tutti su di me.
«No, non c'è nulla di nuovo rispetto a questa notte» mi limitai a dire.
«Ryan, c'è qualcosa che possiamo fare per te? Vuoi andare per un po' a casa? Possiamo stare noi con lei, non le succederà nulla» disse Rebecka, ma mi ritrovai a negare con il capo già a metà frase.
«Non la lascerò sola un'altra volta. Due anni fa non ci sono stato, questa volta però non le permetterò di stare senza di me, a costo di farmi odiare.»
«Ryan, il punto non è questo...» disse Brendon avvicinandosi a me. «Non la lascerai sola, ci siamo noi con lei, e per ogni cosa ti chiameremo immediatamente, va bene?»

«Non posso Brendon, non riesco a...»
«Lei sa che tu stai al suo fianco Ryan» disse il moro prendendomi per le spalle. «Proprio per questo non vorrebbe altro che vederti riposare un po' per poi tornare da lei in condizioni migliori. Ripeto, Ryan, per ogni cosa ti avvertiremo, non devi avere paura.»

***

«La luna è piena questa sera, sai?»
Mi sedetti sulla poltrona accanto alla finestra della sua stanza, poco lontano da lei, consapevole però che non mi stesse realmente ascoltando.
«Alta nel cielo, oggi sembra essere in grado di illuminare anche te. Sì, a te, a te che non serve, perché se c'è una cosa di cui sono certo è proprio che a te non serva nulla per splendere, perché hai una luce tanto forte dentro di te da illuminare il mondo intero, se necessario. Oh, Rose, se solo potessi vedere questa luna ti accorgeresti di quanto questa assomigli al giorno del nostro primo bacio, te lo ricordi? Noi due sotto la pioggia, ballando e ridendo come due scemi, propio come abbiamo sempre fatto. Sono passati tanti anni da quel giorno, cinque, per l'esattezza, eppure lo ricordo alla perfezione. Come potrei mai dimenticare i tuoi occhi, quelle immense distese verdi che in quel momento si limitavano a guardare me? Come potrei mai dimenticare il tuo sorriso, così sincero, così puro? Quella sera eri perfetta, nel tuo vestitino nero eri la creatura più bella che io avessi mai visto Rose. Cosa ci ha portati qui? Perché il destino è così ingiusto con noi?»

Mi passai una mano sul viso stanco, quel pomeriggio ero riuscito a dormire a malapena due ore dopo tre giorni in cui a malapena chiudevo gli occhi per venti minuti.

Ero esausto, dovevo ammetterlo, ma non l'avrei mai detto a nessuno. Non potevo lasciarla ancora sola, non per la seconda volta, volevo che lei mi sapesse al suo fianco.

«Se tu potessi vedere la luna di stasera la ameresti...» dissi girandomi a guardarla. Rose, illuminata dal bagliore della luna stessa che penetrava attraverso il vetro della finestra, nonostante le ferite rimaneva perfetta. I tagli sul viso sparivano, così come il gesso che le fasciava la gamba ferita durante l'impatto con l'auto, e d'istinto mi venne in mente un'idea.

Nel ricordo di noi dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora