14- Quel ricordo che avevo di noi

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E non va più via,
quel ricordo che avevo di noi.


Il periodo d'esami era finalmente giunto al termine. Passato ormai un mese da quando gli appuntamenti con i miei amici avevano iniziato a cessare poco per volta, come ogni anno era giunto alle porte il giorno del Ringraziamento. E, come ogni anno, la mia famiglia si sarebbe ritrovata chiusa in casa persa in ricordi che avrei solamente voluto non rimanessero tali.

Ancorata al passato, non riuscivo in alcun modo a trovare motivi validi per cui essere grata, perché mi era stata strappata via la mia intera vita due anni prima, e non avrei mai compreso il perché sarei dovuta essere grata alla vita per questo.

Ciononostante, quella sera io e i ragazzi ci ritrovammo tutti assieme a casa di Dylan che, avendo i genitori fuori casa per il weekend, ci assicurò di non avere distrazioni in quella che sarebbe dovuta semplicemente essere una serata tra amici.

«Ryan, ridammi immediatamente il mio cappello!» Urlava Britney rincorrendolo per la casa o, meglio chiamarla, villa di Dylan. Figlio di un importante imprenditore in campo informatico, a quanto pare Dylan si trovava in situazioni economiche più convenevoli di quanto tendesse a mostrare, e questa cosa non fece altro che farmelo apprezzare di più.

In quei tre mesi passati assieme, avevo imparato a conoscere i ragazzi pian piano, permettendo loro di entrare nella mia vita più di quanto fossi pronta a fare prima di iniziare il college.

Eravamo tutti in salotto mentre mia sorella e Ryan si rincorrevano per il suo amato cappello da cowboy. Sorrisi innanzi a quella scena, rendendomi conto di quanto effettivamente la quotidianità del passato fosse perfetta.
Ricordavo bene i momenti simili avvenuti a casa mia, fino a due anni prima, sentendo mia madre sghignazzare dalla cucina. Ricordavo i thé presi assieme (essendo che ne ero e ne continuo ad essere a dir poco ossessionata), le litigate tra Ryan e Britney che poi finivano in lotte di cuscini in cui, puntualmente, le cuscinate peggiori le prendevo io... Ricordavo tutto di quei tempi, e la cosa peggiore era che mi mancavano.

Credevo di aver rimosso ogni cosa riguardasse quel ragazzo dal mio cuore, rendendolo un inutile tassello della mia adolescenza da poter dimenticare solo volendolo. E ci ero riuscita, cazzo se l'avevo fatto, ma il solo sorriso di mia sorella mentre, in quel momento, saltava sulle sue spalle per riprendere quel dannato cappello rosa, mi riportò a quei momenti in cui tutto era diverso, in cui lo eravamo anche noi, in cui lo ero soprattutto io.

Jacob e Dylan stavano versando nei bicchieri alcolici di diverso tipo, passando da semplice birra a del whisky di vari sapori; Rebecka e Brendon erano intenti a battibeccare su quale fosse la serie tv più bella presente su Netflix (a quanto pare, se per Brendon era senz'ombra di dubbio Dark, Rebecka sosteneva che fosse senz'altro Lucifer, e non solo per la trama).

Io invece ero seduta a terra, intenta ad accarezzare l'essere più bello che avessi mai visto.
«Sei stupendo, lo sai?»
«Principessa, non lusingarlo troppo, altrimenti mi ingelosisco io!» Disse Dylan facendomi scoppiare a ridere.
«Faresti bene, credo proprio di preferire lui a te» dissi tornando a prestare attenzione a Balto, il labrador di casa Stevens.

Mi aveva detto Dylan che aveva all'incirca sei anni, ma non appena mi ci imbattei non potei fare a meno di sedermici accanto e iniziare ad accarezzarlo.

«Io credo sia arrivato il momento più bello della serata!» Esultò Dylan con una bottiglia di birra tra le mani.
«Quello in cui ti togli di mezzo?» Chiese Brendon facendomi scoppiare a ridere. Quel ragazzo a primo impatto era tanto riservato da incutere timore, ma con quei solo tre mesi di conoscenza avevo imparato a comprendere più i suoi gesti che le sue parole.

Nel ricordo di noi dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora