Diciassette.

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ATTENZIONE:
In questo capitolo ho usato parole in spagnolo. Ho utilizzato google traduttore, quindi se ho sbagliato allora perdonatemi e correggetemi scrivendo nei commenti la vera traduzione! Grazie.

Passarono due mesi.

Due mesi pieni di gelato, televisione, lacrime e oggetti lanciati sul muro per la rabbia.

Mi mordicchiai il labbro inferiore, pregustando il sapore della pasta.

Canticchiai, muovendo i fianchi e armeggiando con il cucchiaio di legno.

La televisione era accesa, sintonizzata sul canale in cui trasmettevano le canzoni più poplari del momento.

-Gonna kiss myself i'm so pretty.- cantai, lo sfrigolio della carne faceva da sottofondo e la voce di Bruno Mars era paradisiaca.

Il cellulare vibrò, lo presi e sbloccai lo schermo.

Una notifica.

Un messaggio.

Da Luke: Sono tornato.

Sgranai gli occhi e bloccai subito il cellulare, rimettendolo sul mobile.

Eravamo nella stessa città.

Pochi chilometri ci dividevano.

*******

Gettai lo zaino sul banco, sospirando.

Avevo deciso di tornare a scuola, per finire l'ultimo anno del fottuto liceo St. Paul.

-Hola.(Ciao/buongiorno.)- salutò la donna dai capelli biondi, entrando in classe e chiudendo la porta dietro di sé.

Mi alzai svogliatamente, sussurrando un debole "hola" e sbadigliando.

-Estás cansada?(Sei stanca?)- mi domandò, mentre ero intenta a stiracchiarmi.

Annuì, sbuffando e sedendomi.

-Oh, pobre Rose!(Oh, povera Rose!)- mi prese in giro, alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia sotto il seno.

-Ha ha ha.- finsi una risata, mentre quell'odiosa nana si sedette sulla cattedra.

Avevo ripreso le lezioni da circa due mesi, e odiavo già quel carcere che chiamavano liceo.

Ero impegnata a contare i piccoli buchi sul muro di fianco a me quando la voce strillante dell'odiosa nana mi interruppe.

-Está claro, Rosita?(È chiaro, Rosita?)- mi sfidò con lo sguardo, sorridendo amaramente.

-Sì, enano.(Si, nanetto.)- sorrisi beffarda e la campanella suonò, prima che quella stronza mi potesse urlare contro.

L'intervallo iniziò.

Accesi il cellulare e quasi urlai.

12 messaggi, tutti da Luke.

Da Luke: Perché non mi rispondi?

Da Luke: Rose, sono Luke, rispondimi ti prego.

Da Luke: Rose?

Da Luke: Sono da Starbucks, tu dove sei? Che stai facendo? Stai bene?

Da Luke: Mi sento un po' male.

Da Luke: Cioè, è come se il mio cervello e il mio cuore si fossero svuotati.

Da Luke: Ti amo.

Da Luke: Davvero, ti amo.

Da Luke: Amare vuol dire non riuscire a respirare senza di te.

Da Luke: E mi sento male.

Da Luke: Ti prego, rispondimi amore.

Da Luke: Ora vado, Calum mi sta chiamando, ti amo.

I miei occhi si ricolmarono di lacrime salate e le mani mi tremarono.

A Luke: Anche io.

Spensi il cellulare e corsi fuori dall'istituto, mi sarei giustificata il giorno dopo, in quanto maggiorenne.

Corsi a perdifiato per la strada, perché Luke aveva ragione. Amare è non riuscire a respirare senza di lui.

Arrivai davanti a Starbucks, ma oramai non c'era più nessuno.

Aggrottai lo fronte e mi sedetti sulla panchina, raggomitolandomi su me stessa.

Spinsi la testa nell'incavo del mio braccio, ancora una volta avevo perso un occasione.

L'occasione più bella della mia vita.

Cercai di non piangere, mordendomi il labbro inferiore e scuotendo la testa. Perchè ero così stupida? Perché non riuscivo mai a fare una fottuta cosa giusta?

-Rose?- una voce mi interruppe e alzai il viso, guardandolo nei grandi occhi azzurri in cui usavo perdermi.

-Lucas.- mormorai.

FINEEEEE.

[SCHERZO, LOL, ma la storia è quasi finita. Vi adoro e vi voglio bene.

Passate a leggere DEAD // LUKE HEMMINGS please.]


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