capitolo 6 ingenua compassione

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Gionata viene legato come un animale, un bel maiale da fare alla brace con una bella mela in bocca.
Per tutto il tempo urla vendetta e altre cazzate simile, forse un po offeso che Kim mi mostra abbastanza annoiata dalla sua presenza.

Di fatto Kim si chiede come ha potuto preoccuparsi tanto per questo coglione.

"Portatelo via, mi sta facendo venire l'emicrania."

Jek e gli altri lo portano via e Kim ammette che è divertente vedere Cam prenderlo di peso sulla spalla e portarlo via come un sacco di patate.

Carter e Alex intanto stanno radunano gli uomini di Giionata, che a questo punto è scontato dire che cambieranno scuderia.
Molto furbo da parte loro.

Prima che possa raggiungerlo, il telefono squilla e risponde solo perché Albert ha chiamarla.
Si lo stesso che avrebbe dovuto tenere le ragazze in casa.

"KIM.
SANTO CIELO, LE RAGAZZE SONO SCOMPARSE."

E continua a blaterare sul fatto che siano scappate dalla finestra, dopo aver mandato Gemma a chiedere a Simon di controllare invece le telecamere sul retro.
Furbe, Kim lo ammette, ha davvero una brutta influenza su di loro.

Avvicinandosi alle ragazze lo lascia sclerare come una ragazzina, anche perché un po se lo merita, si è fatto ingannare da queste tre arpie.

Osserva le tre ragazze bisbigliare calme tra di loro, come se non avessero appena partecipato a una grossa rissa.
E così strano vederle in queste vesti, con i capelli scompigliati, i vestiti rovinati da qualche strappo e un sorriso dolce sulle labbra.

Senza dire nulla, passa il telefono a Kessie, che capisce il perché solo quando riconosce la voce preoccupata del nonno.

"Stiamo bene nonno, tranquillo..."

Senza guardare Kim, si allontana dalle altre, lasciandole allo sguardo severo di Kim.
Lo ammettono, quando hanno deciso di venire qui hanno seguito l'orgoglio e non la ragione.
Le parole di Kim le hanno ferite, facendole sentire delle bambine  delle nullità che non meritano la sua fiducia, senza pensare che lei lo ha fatto per proteggerle da tutto questo.
Si sono dette "Andiamo, vogliamo lottare anche noi" e hanno architettato tutto quel bel piano, o è meglio dire Mary lo ha creato, per poi arrivare qui quando lo scontro era già iniziato.
A quel punto hanno seguito l'istinto, combattendo come Kim le ha insegnato e dando il meglio di sé.
Non se ne pentono, questo mai, ma ora lo sguardo preoccupato di Kim le intimorisce, più del solito.

Sara prova a farsi avanti, a parlare, come sempre facendo la paladina delle cause perse, ma Kim le fa segno di tacere.

" Sono molto incazzata.
Questa sera avete rischiato la morte.
Questo non è un gioco."

Rimangono in silenzio, a mordersi il labbro o a giocare con le pellicine delle unghie, forse maledicendo Kessie che si è risparmiata la tirata d'orecchie.
A testa china, riflettono sulle parole di Kim, anche se vorrebbero dirle che lo sanno  che non è un gioco, ma non osano ribattere.
Sanno di aver sbagliato forse i modi, ma no non vogliono pentirsene.

E Kim le osserva bene, chiedendosi quando le sue ragazze sono cresciute così tanto, fino a diventare le donne che lei ha sempre visto in loro.

" Ma sono fiera di voi.
Non perché avete ucciso degli uomini, il sangue non porta gloria.
Ma perché siete state forti, sfidando perfino me.
Coraggiose, avete seguito il vostro cuore."

Tutte e tre sorridono, ora sicure dell'invidia che provera la loro amica assente, muovendosi in preda alla felicità, arrivando persino a saltellare sul posto.
Forse ignare del sangue che macchia il pavimento.

The Queen 4 (il trono di spine)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora