capitolo 13 un nome è tutto

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Kim guarda il soffitto bianco, memorizzando ogni macchia di muffa e concentrandosi su una mosca che si avvicina al neon per poi scappare via e riprovarci.
Con insistenza e perseveranza, simile a l'uomo che le sta addosso che continua a pensare di averla in pugno.

Il suo corpo è ormai ricoperto di lividi e tagli, i suoi nervi sono ormai una rete elettrica capace di trasmettere solo dolore al cervello, tanto che nonostante l'uomo sopra di lei spinga violento dentro di lei, non sente nulla.

" A si.
Che puttana di lusso che sei."

Continua a toccarla, a morderle il collo, a sudarle addosso lo schifo, a spingere dentro di lei alla ricerca del suo malsano piacere.

Dopo averla picchiata per ore, pensa davvero di farla tremare stuprandola.
Peccato che lei stia pensando alle corde che le tengono polsi e caviglie, immaginando a come lo distruggerà quando avrà la sua occasione.

"Ma stai zitto coglione.
Che ti si alza per miracolo."

Lei ha già vissuto il dolore dello stupro quando la sua mente era tanto pura da lasciarsi distruggere.
Ora invece è semplicemente indifferente alle sue stesse membra che vengono violate, come se questo corpo non le appartiene.

Ferito nell'orgoglio, la colpisce con una sberla sulla guancia ormai piena di lividi, uscendo da lei senza raggiungere il suo personale piacere.
Poco male, lo ha detto Kim che è già un miracolo se gli si alza, figurarsi concludere qualcosa.

Dal vecchio materasso male andato,  viene buttata a terra finendo di faccia  sulla polvere e parecchie gocce  del suo stesso sangue.

Vorrebbe davvero reagire, ecco quale il suo unico rammarico, non avere controllo sulle membra stanche.
Si appoggia sulle mani, tirandosi su a fatica e stringendo i denti per il dolore alle costole, arrivando per miracolo in ginocchio.
Ma è un attimo che con un calcio ritorna con la faccia a terra.

Da quanto è qui?
Quante ossa ha rotte?
Ne uscirà viva questa volta?
Davvero non ha risposte, non riesce ad avere pensieri, estranea a se stessa.

" Allora cosa hai deciso puttana?"

Gli urla adosso, prendendola per i capelli per farle alzate a forza il viso.
Kim come risposta usa tutte le forze rimaste per sputargli in faccia e poi ridere divertita nel vederlo fare un passo indietro asciugandosi gli occhi sporchi della sua saliva e del suo sangue.

" Ho deciso che prima di ucciderti.
Ti spappolero quel cazzetto che ti trovi in mezzo alle gambe."

La guarda feroce, tirandole l'ennesima sberla facendola finire a terra.
È masochista?
Forse si, ma le ha già sfiancato il corpo riducendolo a lividi e rotture,  non gli sfiorera la sua anima combattiva.
Una leonessa nel suo ultimo respiro ruggisce ancora.

Il sangue in bocca è l'unica cosa a idratarla da quando è qui e di istinto lo sputa a terra cercando di perdere il gusto ferreo sulla lingua.

Il problema fondamentale è che lui non è nessuno, non può nulla, lei non ha paura.
Perché sente che la sua famiglia è al sicuro, il resto può marcire tra queste pareti.

"Bene, allora ricominciamo."

Sorride soddisfatto lui, sfilandosi la cintura dalle guide dei pantaloni e Kim già stringe i denti capendo la situazione.

Fuori dalla porta, nel corridoio dei sotterranei, Elia cammina tranquillo e un po annoiato.
Il padre non lo vede da ore e si è reso conto che ormai in questa casa lui non ha nulla da fare.
È strano vivere lontani e chiamare un luogo casa per poi tornare e non riconoscerla come tale.
Si sente un estraneo tra queste tetre pareti.

The Queen 4 (il trono di spine)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora