Quella che i navigatori satellitari e gli stradari designavano come SP 52, era localmente conosciuta come la "Litoranea".

In provincia c'erano tantissimi percorsi che si snodavano lunga la costa, ma quella era la litoranea per antonomasia.

Si trattava di una strada a due corsie piena di curve pericolose che, come illustravano quasi tutte le guide del promontorio, collegava due paesi a spiccata vocazione turistica. Vale a dire, due paesi i cui abitanti, sia quelli onesti sia quelli quelli collusi con la criminalità organizzata, lavoravano a vario titolo nell'industria del turismo, con la differenza che i secondi erano dediti anche a svariate attività illegali quali lo spaccio e le estorsioni, mentre i primi, meno abbienti, avevano in compenso meno probabilità di finire crivellati di colpi nel corso di agguati e regolamenti di conti.

A percorrerla in inverno, autunno e primavera, c'erano buone possibilità di non incrociare nemmeno un veicolo lungo tutto il percorso. A percorrerla in estate, c'erano ottime possibilità di essere travolti (se si era a piedi, in bicicletta o in moto); di travolgere qualcuno (se si era al volante di un'auto, un camper, un furgone, un autobus o un camion); di avere un incidente più o meno grave con un mezzo guidato da un italiano o, più probabilmente, condotto da un tedesco o un francese.

Poiché il sentiero che portava dal cancello della villetta alla strada era in leggera salita, Tonio arrivò sulla litoranea con il fiatone. Decise quindi di fermarsi un attimo, tanto più che il cuore sembrava dargli capocciate contro la gabbia toracica e un polpaccio minacciava un crampo di quelli colossali.

Maledetta vecchiaia.

E maledetti libri.

Il programma era quello di ogni mattina, o almeno delle mattine di quei giorni in cui non pioveva o non faceva molto freddo: raggiungere il bar di Gino, scambiare due parole con Marco, il figlio del titolare (il Gino di cui parlava anche l'insegna del locale, se non era morto e tenuto mummificato in casa da sua moglie e dal suo unigenito allo scopo di continuare a percepirne la pensione, doveva avere almeno cent'anni), comprare due cornetti alla crema chantilly e tornare a casa.

Quando ebbe la certezza di potercela fare, Tonio riprese il cammino, seguendo la linea di margine della carreggiata per ridurre al minimo il rischio di essere investito, anche se era autunno e primo mattino.

Alla sua destra, a fare le veci di un guardrail, correva una bassa staccionata. Oltre di essa, in alcuni punti, il terreno scivolava ripido verso la spiaggia o direttamente in mare, pericolosamente nascosto da alti e folti arbusti sempreverdi . Altrove, invece, la protezione di legno era interrotta dai recinti di ferro infissi in muretti di pietra o cemento che si dipartivano dai cancelli, in quel momento chiusi, attraverso i quali si accedeva ai residence e ai campeggi immersi nella fitta pineta.

Alla sua sinistra, oltre il ciglio della strada, i pini nascondevano altre strutture turistiche e ammantavano basse colline, inoltrandosi nell'entroterra fino a confondersi con la flora della grande foresta situata a est del litorale, nel cuore del promontorio.

Dopo neanche un centinaio di metri, Tonio fu costretto a fermarsi di nuovo.

Questa volta non fu colpa della vecchiaia, bensì del cellulare, che cominciò a vibrargli in tasca a stretto contatto con le chiavi di casa.

Certo che fosse Sara, prima di rispondere controllò comunque il display.

Non si sentivano spesso (dall'ultima chiamata era trascorsa almeno una settimana), ma quello era un orario tipico di sua figlia.

E infatti, si trattava di Sara.

Tonio rispose sorridendo.

«Buongiorno, figlia. Tutto a posto e niente in ordine come sempre?»

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