«Sapete cosa bisogna augurarsi adesso?» disse Anna.

La rassegnazione pareva aver avuto la meglio sullo sconforto e il pianto era diventato solo un ricordo. Di botto. Come se lei fosse affetta da una sorta di disturbo bipolare in cui l'euforia era sostituita da una quieta accettazione che si alternava alla fase depressiva in maniera alquanto brusca.

A meno che non sia del tutto pazza, ragionò Tonio ritrovandosi a dubitare della sanità mentale di sua moglie anche se fino al giorno prima non aveva mai notato in lei segni di squilibrio.

«Cosa?» le chiese Sara.

Forse voleva semplicemente assecondare sua madre, pensò Tonio. Ma non era escluso che voleva sul serio conoscere la sua opinione. Dopotutto, Anna era stata la sua sponsor presso i servizi (modo sofisticato per dire che l'aveva raccomandata) e sicuramente per anni le aveva fatto da mentore, magari insegnandole i trucchi del mestiere e il pensiero laterale che a giudizio di Tonio era essenziale per un'analista di intelligence.

«Bisogna augurarsi che Giulio venda la bomba senza mai consegnarla in mano ai terroristi» disse Anna.

Sara le si accostò e la prese sottobraccio.

«Madre, i terroristi sono gente spietata, ma non sono stupidi. Di sicuro non lo è quel tizio con cui trattavano i russi. Com'è che si chiama?»

«Al-Dossari» risposero all'unisono Anna e Tonio.

Poi lui specificò:

«Yasser Al-Dossari.»

«Sì, lui» confermò Sara.

Anna cominciò a camminare verso il cancello, portandosi dietro sua figlia.

«Tutti i cattivi sono un po' stupidi, cara mia.»

Tonio non era dello stesso avviso, ma non lo fece presente.

«Tuttavia...» riprese Sara, lasciandosi trascinare da sua madre.

«Tuttavia non pensi che Giulio e il tuo direttore abbiano intenzione di prendere il posto dei russi.» finì Anna per lei. «Stavi per dire questo, vero?»

Sara la indusse a fermarsi strattonandola lievemente con il braccio che teneva sotto il suo.

La guardò in faccia.

«Esatto. E' proprio quello che stavo per dire.»

Anna riprese il cammino.

«Vuol dire che la pensiamo in maniera diversa. Diamine» se ne uscì di punto in bianco, alzando un po' la voce «spero proprio che tu abbia ragione e che io sia ormai solo una vecchia paranoica con la mente guastata da tanti anni di intrallazzi.»

Solo allora le due donne si accorsero che lui era rimasto indietro.

Si voltarono.

«Papà, tutto bene? Ti vedo un po' in bambola.»

Lui si riscosse.

«Non è niente. E' che stavo pensando a quello che mi ha detto Parise.»

Hanno cercato di rapirlo una settimana fa, in Arabia Saudita. A Riyad, per la precisione. Lo hanno aspettato all'uscita del Burj Rafal Hotel, ma quello non è mai uscito. O meglio, è uscito ma non si è fatto vedere. Poi deve avere pure distrutto tutti i cellulari che gli americani tenevano sotto controllo perché i segnali a essi relativi si sono spenti e non si sono più riattivati. Finora, almeno.

«Riguardo a cosa?» gli chiese Anna.

«Al-Dossari» rispose lui.

«Ah, sì. Capisco» fece Anna, riprendendo il cammino. «Ti ha rifilato la storia che gli americani se lo sono persi sul più bello.» Rise. «Ha usato questa espressione anche con te, ne sono certa.» Fece pendere la testa verso la spalla destra. «Con me l'ha usato.»

Ebbene sì, professore. Se lo sono persi sul più bello.

Tonio confermò tutto tacendo.

«Non gli credere» liquidò la questione Anna, dandogli le spalle e allontanandosi con Sara.

Tonio le raggiunse.

«Perché non dovrei farlo? Su di te, a quanto pare, ha detto tutta la verità.»

«Lascialo perdere» insistette Anna. «Sa perfettamente dove si trova quell'uomo. Non fosse così, avrebbe catturato vivo almeno Popov allo scopo di farsi organizzare un incontro.» Si arrestò di nuovo. «Anzi, credo proprio che gli americani siano riusciti a rapirlo. Al-Dossari, intendo. E credo anche Giulio sia riuscito a convincerli a consegnarglielo per qualche giorno. Se lo sarà fatto recapitare presso uno dei nostri...dei suoi due centri, con la scusa di volergli fare qualche domanda prima del suo trasferimento definitivo in qualche campo di concentramento tropicale.»

«Tu dici?» fece Sara, scettica.

«Io dico» rispose Anna, convinta. «E prego che sia così.»

«Per quale motivo?» volle sapere Sara. «Te lo chiedo perché questo tuo auspicio mi sembra in netta contraddizione con la tua convinzione circa le intenzioni del tuo vecchio socio.»

«Nessuna contraddizione» ribatté Anna. «Se è in uno di quei campi, prima o poi gli americani andranno a riprenderselo. Quindi Giulio userà il tempo a sua disposizione per abbindolare Al-Dossari, facendogli credere che se pagherà a lui quanto pattuito con i russi potrà avere la bomba e la libertà. Magari gli sventolerà anche sotto gli occhi l'oggetto della compravendita, adesso che l'ha acquisito.» Anna si girò per scoccare un'occhiata triste verso il pozzo. «Quando il saudita cederà e sborserà i soldi, Giulio gli farà capitare qualcosa di brutto in modo che quello non possa rivelare a nessuno in che modo l'italiano grasso lo ha ricattato. Poi si scuserà con gli americani per l'inconveniente e magari si metterà alla ricerca di altri acquirenti desiderosi di far saltare in aria una metropoli.»

Arrivarono al cancello e lo oltrepassarono.

Anna non si preoccupò di richiuderlo così come aveva lasciato aperto il pozzo.

«Madre, scusami se ti dico che il tutto mi sembra un po' troppo fantasioso.»

Tonio approvò l'opinione di sua figlia annuendo.

«Pensatela come volete» disse Anna, forse un tantino risentita. «La cosa importante è che per noi questa storia può dirsi conclusa. Non credo che sentiremo più parlare di Giulio Parise, del suo amico o della bomba, almeno fino a quando non esploderà. E nel tuo ufficio» disse riferendosi a Sara «il direttore De Cato non si farà mai più rivedere.» Dopo una pausa, aggiunse: «Vi assicuro che potete contare su queste parole. Garantito.»

Adesso pareva addirittura allegra.

Tonio sperò proprio che avesse ragione.

Se fosse stato così, se veramente per loro quella storia era finita, non gli rimaneva altro da fare che preparare i bagagli e andarsene di casa.

Tutto ciò che si nascondeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora