Romeo

Forse era un po' troppo presto per parlare d'amore.

Forse era una semplice infatuazione.

Fatto stava che l'uomo che le sedeva accanto lungo il bancone del bar ci aveva messo solo mezz'ora per scardinare le sue difese.

Qualcosa come tre quarti d'ora prima, aveva preso posto sullo sgabello alla sua sinistra, senza nemmeno notarla, o forse solo fingendo di non considerarla.

Lei lo aveva ignorato allo stesso modo, anche se aveva da subito registrato la sua notevole presenza.

Era appena uscita dall'ufficio e stava bevendo un tè in attesa del rientro pomeridiano.

Lui aveva ordinato un Martini, sebbene non fossero nemmeno le due e mezza.

A un certo punto i loro sguardi si erano incrociati. O meglio, lei aveva fatto in modo che si incrociassero ed era possibile che anche lui avesse contribuito.

Lui le aveva sorriso.

Lei aveva fatto altrettanto.

Lui le aveva allungato una mano, presentandosi.

Manfred. Manfred Krause.

E lei aveva risposto.

Anna. Anna Antonelli.

Lui aveva fornito altri dati e informazioni che lo riguardavano.

In un italiano pressoché perfetto, aveva detto di essere tedesco della parte giusta della Germania.

Per la precisione, aveva sostenuto di essere nativo di Bonn, capitale di uno Stato che era gemello siamese di un Paese malvagio.

In maniera implicita, l'aveva informata di essere colto: conosceva quattro lingue e aveva conseguito una laurea in letteratura tedesca. Dove, non l'aveva specificato.

Aveva detto di avere un lavoro a suo modo di vedere molto interessante, che gli dava la possibilità di viaggiare molto: scriveva guide turistiche per il ministero dell'Economia tedesco.

Si era mostrato galante e garbato: quando lei aveva vuotato la tazza di tè, le aveva chiesto se poteva offrile qualcos'altro. Lei aveva rifiutato, ma lui aveva insistito il giusto, proponendole prima un dolce, poi un gelato, quindi un aperitivo a sua scelta.

Aveva fatto il simpatico: gradevole conversatore, era addirittura diventato divertente quando le aveva snocciolato i difetti che aveva ravvisato negli italiani durante i suoi primi mesi di permanenza nello Stivale.

Lei era stata da subito abbagliata dal suo aspetto.

Alto e muscoloso, almeno a giudicare da tutto ciò che guizzava sotto la camicia aderente al corpo. Biondo, occhi cerulei tipici degli individui nordici. Zigomi alti, mento e naso perfetti, fronte larga. Capelli con la riga da una parte, corti sulla sommità del cranio, cortissimi sulla nuca e ai lati. Un po' militareschi, ma nulla a cui non si potesse rimediare.

In una parola: bellissimo.

Non guastava infine che indossasse un completo gessato grigio, senza cravatta. Elegante con un tocco di informalità, proprio come piaceva a lei.

In quei trenta minuti aveva parlato quasi esclusivamente lui.

Lei era rimasta a fissarlo, rapita da quello che lui aveva da mostrare e, seppur in misura minore, da quello che aveva da dire.

Si era chiesta se per caso non l'avesse ipnotizzata o qualcosa del genere.

Si era detta che il fatto di chiederselo escludeva quella possibilità.

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