Popov alzò un braccio, come se avesse intenzione di riabbassarlo al momento di dare il via a qualcosa.

In realtà lo fece per attirare l'attenzione di tutti e dire:

«Forse stiamo esagerando un po'.» Schioccò le dita all'indirizzo di Sinisi. «Sei pregato di rimetterla a posto.»

L'ex incursore teneva la pistola lungo la gamba destra.

Avvampò di rabbia.

«Lei non può dirmi quello che devo fare.»

Popov parlò allora al suo aiutante.

«Yuriy» disse solo. E quello aprì la valigetta.

Sinisi sollevò la sua arma, pur non arrivando a puntarla contro lo sfregiato.

Parise fece un passo indietro.

Anna si schiacciò contro lo schienale del divano.

Sospingendolo all'indietro con l'avambraccio destro, costrinse Tonio a fare lo stesso.

Ipnotizzato dall'oggetto che Sinisi aveva in mano, lui la lasciò fare, anche se nel profondo era consapevole di quanto fosse superflua quella precauzione.

Petrov infilò entrambe le mani nella valigetta.

Ne tirò fuori un portatile.

La tensione defluì dalla stanza con la stessa celerità con cui l'aveva riempita.

Popov scoppiò a ridere.

Parise gli chiese:

«Che significa?»

Popov non gli rispose e chiese ad Anna:

«Come te la cavi con il poligrafo? Qualcuno ti ha mai insegnato a ingannarlo?»

Lei non replicò.

Petrov posizionò il computer sul tavolo con lo schermo rivolto alla vetrinetta.

Tornò alla valigetta e ne estrasse una cassetta nera che pareva un modem con tanti ingressi colorati per spinotti.

La cassetta era dotata di un cavo che finiva in un connettore USB. Petrov lo collegò al computer.

Poi fu il turno di un groviglio formato da tre fili neri uniti fra loro. Alle rispettive estremità tutti e tre avevano dei tondini metallici che sembravano elettrodi ed erano dotati di piccole strisce di velcro. Petrov li connesse alla cassetta. Fece lo stesso con quelli che sembravano due corti tubi corrugati per impianti elettrici attaccati ad altrettante catenelle metalliche. Completò l'operazione connettendo anche una normale fascia per la misurazione della pressione con tanto di sfigmomanometro.

Quindi disse qualcosa in russo.

Popov si alzò, rigirò la sedia e la riavvicinò al tavolo. Usò il mento per indicarla.

«Prego» fece poi, rivolto ad Anna.

Lei si alzò, sfidandolo con lo sguardo.

Prese posto sulla sedia senza dire una parola.

Parise la raggiunse e le posò una mano sulla spalla.

«Non sei costretta a farlo» le disse.

Anna lo allontanò, palesando la propria determinazione ad andare fino in fondo.

Petrov le si avvicinò e le sfiorò il dorso della mano sinistra.

Lei l'alzò a mezz'aria e distanziò le dita.

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