Sara

Dietro la porta c'era un uomo più basso di lei di una decina di centimetri.

Aveva capelli biondi e lisci aderenti al cranio e pettinati da una parte.

Completavano il quadro denti sporgenti, orecchie a sventola e naso a patata.

In una parola: bruttino.

L'unica caratteristica fisica accettabile erano i vividi occhi azzurri.

Indossava un completo marrone fuori moda da almeno vent'anni.

Sara lo colse nella posa di chi stava per suonare il campanello.

Sembrava sorpreso di trovarsela davanti, come se si fosse appena accorto di aver sbagliato appartamento.

Un attimo prima di chiedergli chi fosse e cosa volesse, Sara realizzò che i tratti dell'uomo, oltre a essere poco gradevoli, erano anche slavi.

L'uomo convalidò i suoi sospetti imprecando in russo. Poi fece guizzare un braccio in avanti, in un blando tentativo di afferrarla.

A lei bastò fare un saltello all'indietro per non farsi acchiappare.

Sorrise.

Era chiaro che il suo nuovo avversario era molto meno pericoloso del precedente.

Se ne sarebbe sbarazzata facilmente, a meno che non fosse armato.

Neanche a farlo apposta, l'uomo si infilò la mano destra sotto la giacca e la ritirò fuori che stringeva una pistola.

Fu il suo turno di sorridere.

Si decise a fare un passo in avanti e si chiuse la porta alle spalle.

Sara mantenne le distanze indietreggiando a sua volta.

L'uomo pronunciò una lunga frase che lei non fu in grado di tradurre ma che conteneva un nome e un patronimico tipicamente russi: Fyodor Mikhailovich.

Sara si disse che doveva essere il nome di Golovin e immaginò che lo sconosciuto le avesse domandato che fine aveva fatto il suo amico, o qualcosa del genere.

Lei non rispose. Non padroneggiava il russo fino a quel punto e non aveva alcuna intenzione di accordarsi con l'uomo che aveva davanti sulla lingua da usare.

Quello avanzò minaccioso.

Questa volta Sara non arretrò. Non lo fece di proposito, in modo che la pistola (a quanto c'era scritto sul carrello, un Glock 17 in calibro 9x19 mm fabbricata in Austria) fosse alla sua portata.

Il russo le urlò qualcosa che lei non capì.

Temendo che l'uomo fosse in procinto di spararle, senza pensarci due volte Sara schiaffeggiò la pistola per togliersi dalla traiettoria di fuoco.

Lo sconosciuto non perse la presa sull'arma, ma non poté evitare che la canna si spostasse sensibilmente a destra.

Partì un colpo.

Con la coda dell'occhio, Sara vide il proiettile fare un buco nel muro del corridoio alla sua sinistra.

Assordata dallo sparo, afferrò il polso della mano destra del russo e glielo torse.

L'uomo gridò, la Glock cadde a terra.

Il russo si chinò per recuperarla, Anna ne approfittò per assestargli una ginocchiata in pieno volto.

L'uomo cadde all'indietro con le mani sulla faccia che ovattavano i suo gemiti.

Sara fece per impadronirsi della pistola.

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