Parise

Parise attese che la bella famigliola salisse in macchina e uscisse dalla radura prima di aprire il portabagagli dell'Audi.

Sinisi lo affiancò un attimo dopo.

«Certo che ne dice di cazzate quella vecchia.»

Parise lo rimproverò con il sorriso.

«Ehi, bada a come parli.»

L'ex incursore alzò e abbassò i sopraccigli un paio di volte.

«Tieni ancora a lei, capo?»

Parise lo colpì con un debole cazzotto alla spalla.

«Non tengo a lei. E' solo che l'hai definita vecchia.»

«E allora?»

«E allora, quella donna ha più o meno la mia stessa età. Ti sembro vecchio io?»

«Altroché. Sei un vecchio grassone rammollito. E neanche tu sei da meno in quanto a stronzate. Non sottovalutare le capacità dell'agenzia: com'è che hai detto?»

Risero entrambi.

Tornando serio, Parise disse:

«Dai sbrighiamoci, lasciamo il campo agli spazzini prima che qualche vaccaro o qualche carabiniere forestale si svegli e venga a ficcanasare da queste parti.»

La squadra che doveva ripulire quel casino era in attesa in un furgone parcheggiato a qualche chilometro di distanza. Era composta da quattro uomini in forza all'AISI specializzati in quel genere di cose. Nessuno di loro sapeva perché c'era stata la necessità di eliminare i russi che loro avevano il compito di far sparire dal luogo della sparatoria e far ricomparire nel luogo di un tragico incidente seguito dall'incendio del veicolo, dopo aver estratto dai loro corpi i proiettili che li avevano uccisi e aver fracassato le ossa che presentavano i fori d'entrata. Non sapevano nemmeno chi fossero quegli uomini e avevano l'ordine di non scoprirlo rovistando fra i documenti che i cadaveri potevano avere addosso. E tanto anche se avrebbero da subito intuito dalle targhe dei loro veicoli che si trattava di spie della Federazione russa a cui erano stati prestati mezzi diplomatici dalla loro ambasciata.

«Aiutami con questo.»

Sinisi si riferiva al fucile che aveva in mano.

Si trattava di un Accurancy International AWM .338 Lapua Magnum che un sottufficiale dell'aeronautica, in servizio presso la stazione radar in cui Parise gestiva uno dei suoi campi, aveva avuto l'ordine di recapitare loro in notturna senza sapere a cosa sarebbe servito.

Parise tirò fuori dal portabagagli una custodia di tela, ne fece scorrere la lunga cerniera lampo e la tenne aperta in modo che il suo giovane collaboratore vi potesse infilare l'arma che aveva appena utilizzato con tanta maestria, sbagliando un solo colpo.

Sinisi inserì il fucile nella custodia senza nemmeno sganciare la grossa ottica e senza ripulirlo dalle sue impronte, visto che presto sarebbe scomparso dalla circolazione e non sarebbe mai tornato nella disponibilità dei suoi legittimi proprietari.

«Non avrebbe trovato il dispositivo che ho attaccato alla loro macchinetta neanche cercandolo per tutta la notte» disse l'ex incursore mentre Parise chiudeva la lampo.

«Tu dici?»

«Io dico. L'ho nascosto proprio per bene.»

Parise lo guardò.

«Però è da lodare, ammettilo.»

«Da lodare per cosa?»

«Per la sua forza» rispose Parise. «Fisica e d'animo» specificò subito dopo.

«Ti riferisci a fatto che stanotte si è portata addosso quello zaino per poco meno di un chilometro?»

Giulio non avrebbe permesso al suo socio di sminuire in quel modo la fatica di Anna.

«Non pensi possa essere stato gravoso per una donna della sua età?»

Sinisi tirò fuori un labbro.

«A me non pare una grande impresa.»

«Dimentichi che ha quarant'anni più di te.»

«Nemmeno così mi sembra un gesto eroico.»

«Be', io non ce l'avrei fatta.»

Sinisi gli tastò la pancia.

«E ci credo, con questa zavorra!» Scosse il capo. «Ma vedi cosa doveva capitarmi dopo un'onorata carriera nei corpi speciali.»

Giulio sorrise.

«Cosa ti doveva capitare, Andrea?» chiese pregustando la battuta del suo compare.

«Intrigo all'ospizio: ecco cosa doveva capitarmi.»

Risero ancora una volta all'unisono e di gusto.

Poi Parise sistemò la custodia con dentro il fucile sul fondo del baule dell'Audi, accanto a uno zaino verde militare contente una bomba nucleare tattica da sei chilotoni di fabbricazione sovietica.


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