Yasser

Yasser era arrabbiato da ben quattro anni.

Era furente e assetato di vendetta.

Lo era dal giorno in cui suo padre e uno dei suoi fratelli, il più piccolo della nidiata, erano stati uccisi a bordo dell'auto su cui viaggiavano, centrati in pieno da un missile aria-terra lanciato da un Predator statunitense.

Era successo in Yemen. Suo padre e suo fratello vi erano arrivati una decina di giorni prima e si erano appena aggregati alle milizie sunnite finanziate dall'Arabia Saudita e impegnate nella guerra contro i ribelli sciiti Huti.

Non si era trattato di un errore.

Dal punto di vista degli americani, almeno.

Ma questa considerazione non aveva mai intaccato l'intensità della furia che lo pervadeva da quando aveva appreso la triste notizia.

Da qualche ora, però, Yasser era anche un uomo molto preoccupato.

E spaventato.

Più spaventato che preoccupato, a dire il vero.

Tuttavia, non voleva abbandonare la speranza di essere diventato solo un po' paranoico a causa di un errore di valutazione.

Il problema era l'uomo che quattro ore prima gironzolava davanti all'entrata del Burj Rafal.

Bianco, alto, robusto.

Ciuffi biondi che gli spuntavano da sotto il cappellino dei Toronto Raptors.

Scarpe da ginnastica, jeans slavati e una T-shirt della squadra con su scritto WE THE NORTH.

Era da solo e faceva avanti e indietro, calpestando sempre gli stessi dieci metri, parlando al telefonino e guardando di tanto in tanto la facciata dell'hotel.

Pareva in tutto e per tutto un turista occidentale.

O almeno era così che si atteggiava.

Yasser aveva avuto da subito l'impressione di averlo già visto.

Sei giorni prima.

A Mosca.

Dopo aver incontrato Golovin.

Si era chiesto quante probabilità ci fossero di imbattersi nello stesso individuo sconosciuto in così poco tempo e in due posti così diversi e distanti.

Si era chiesto se per caso non si sbagliasse.

Era questo che aveva sperato fin dal principio e che continuava a sperare ancora adesso: che fra i due ci fosse solo una grande somiglianza.

In caso contrario, vale a dire se erano la stessa persona, avrebbe dovuto concludere che lo stavano pedinando.

Il che stava a significare anche che era fottuto.

O almeno bruciato, a voler essere ottimisti.

Comunque fosse, aveva pensato che per andare sul sicuro era arrivato il momento di mettere da parte i suoi propositi di vendetta e sparire dalla circolazione con tutta la famiglia.

Dopotutto, in quei quattro anni si era dato il suo bel da fare per agevolare gli intenti di gente che nella vita aveva un solo obiettivo: uccidere quanti più infedeli possibile, meglio se americani.

Subito dopo aver adocchiato l'uomo, era tornato sui suoi passi.

Borsone in mano, era rientrato nella hall dell'albergo e si era intrufolato in una zona interdetta ai clienti.

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