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Riuscii a sostenere l'esame qualche settimana dopo la dichiarazione di Jisung. Ovviamente quelle tre parole mi vorticavano nella mente senza sosta, facendomi sentire in colpa, perché sapevo che l'amore che provavo io non era forte quanto il suo. Ma soprattutto ero conscia di non meritare una persona splendida come Jisung.

Quel pomeriggio uscimmo, invece di starcene chiusi nell'aula 5B, per festeggiare la riuscita del mio esame. L'estate era praticamente arrivata, e con essa - a breve - anche le vacanze estive. Le avrei passate a casa: non vedevo la mia famiglia da moltissimo tempo e mi mancava, mi mancava parlare con Caleb, sfogarmi nella mia stanza col pianoforte, i marshmallow bruciacchiati in riva al mare con i nonni, le sviolinate dei miei genitori. Mi mancava casa, e fu dura ammetterlo a me stessa.

''A che pensi?'' Jisung mi sventolò una mano davanti al viso con curiosità. ''Eri persa nel tuo mondo..'' aggiunse. Io scossi le spalle e rimasi sul vago, d'altronde era la verità. ''Mi manca casa, penso che presto prenoterò il biglietto'' il corvino annuì, d'accordo con me, e mi confidò che lui non sarebbe tornato dai suoi. Non parlava quasi mai dei suoi genitori. ''Sono separati, perciò invece di essere sballottato da una parte all'altra preferisco rimanere a New York. La Corea per per è soltanto un lontano ricordo..''

La sua decisione era sofferta, lo leggevo nei suoi occhi che in quel momento si erano rabbuiati. ''Tu hai ancora me, scoiattolo'' lo spintonai, e in risposta mi afferrò per i fianchi e li fece scontrare coi suoi. Poi mi baciò, dolcemente, come lo si fa per non svegliare un bambino. Il nostro amore era di un altro tipo: semplice. Era nato quasi per caso. Se lui non mi avesse beccata ad origliare, quel giorno, forse sarei rimasta a bighellonare tra i miei resti sbriciolati ancora a lungo.

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