Capitolo 7 - Parte 1

125 16 37
                                    




Macarena


"Come si sente oggi?" mi chiede la psicologa.

"Bene, almeno credo."

"Sa che giorno è?"

"Giovedì?"

"È la giornata contro la violenza sulle donne."

"Ah bene."

"Lei è qui anche per questo, no? Ha subito violenza. Può parlarne qui, può dire tutto ciò che prova, ciò che sente."

"La violenza? Devo parlare della violenza? In realtà, non so da che parte cominciare. Non voglio parlare di ciò che ho passato prima divenire a vivere qui. Voglio parlare della violenza che ho subito qualche anno fa, di quella che non riesco a scrollarmi di dosso. Anzi, non voglio raccontare ciò che ho passato, non servirebbe a nulla descrivere il modo in cui mi hanno torturato. Mi hanno tagliato, bruciato, soffocato, mi hanno quasi violentata e non mi hanno lasciato dormire per farmi impazzire. Hanno minacciato di bruciarmi viva, di ammazzare la donna che amo, di portarmi via mia figlia, mi hanno avvelenata e sono quasi morta. E dopo tutto ciò sono successe altre cose tanto, troppo brutte. La cosa peggiore di tutte però è la sensazione che ho provato e che ancora non mi lascia andare."

"Vuole provare a descrivermela?"

"Sa cosa fa davvero male? Quando subisci violenza ti vergogni, ti vergogni da morire, quasi come se la colpevole fossi tu. Io volevo essere forte, pensavo di essere forte e di poter affrontare qualsiasi cosa, ma poi... Quando hanno iniziato a farmi del male ho pianto, urlato e supplicato. In certi momenti speravo solo di morire, di andarmene lontano da lì. Volevo dormire, volevo riposare, ero esausta e spaventata. Pensavo a quanto quelle persone avessero potere su di me, ero nelle loro mani. Loro erano forti, io debole, ero come un agnellino impaurito e incapace di reagire. Mi hanno quasi uccisa e io ho toccato il fondo... Ho combattuto per un po', ma poi... Poi mi sono arresa, mi sono lasciata andare. Ho chiuso gli occhi e mi sono arresa, ho smesso di lottare. Questo fa di me una debole? Non lo so, però quando mi hanno massacrata in quel modo io... Insomma... La mia anima si è frantumata in mille pezzi... Mi sono sentita una merda, la merda più insignificante dell'universo. Quando qualcuno esercita il potere su di te in quel modo sei tu la persona debole. Sei tu che piangi, che implori, che perdi la testa, sei tu che muori dentro, sei tu..."

Quando finiamo la seduta mi sento stanca come se avessi portato in giro un macigno per mesi. Forse è per questo che la gente non vuole andare dallo psicologo: perché per superare certi dolori bisogna affrontarli e nessuno è pronto a farlo. Nemmeno chi lo fa.

Mia madre faceva l'infermiera e una volta mi ha detto una cosa che mi ha colpito molto. Parlando di alcuni casi visti in ospedale, mi ha raccontato che, per curare certe fratture particolarmente gravi, i medici devono rompere di nuovo le ossa al paziente.

Bisogna distruggere del tutto per poter ricostruire, penso che il senso fosse questo.

Il problema è che quando hai una ferita aperta non vuoi nemmeno sfiorarla, sai che farebbe troppo male e hai paura di non sopravvivere a quel dolore. Continui a pensare che non ce la farai, che non potrai mai affrontare certi mostri ed uscirne viva. Sai che se aprirai la porta sul tuo passato potresti essere risucchiata in una spirale di sofferenza che ti trascinerebbe a fondo, fino alla morte.

I miei traumi mi fanno sentire così.

Eppure, anche se cerco di combatterli, continuo a riviverli, giorno e notte.

Con flashback.

Con incubi.

Con la paura che mi tormenta in ogni istante.

Con i ricordi.

E non posso scappare da ciò che è dentro la mia testa, sono intrappolata in questo dolore e sono sola.

Nessuno può salvarmi, nessuno può vedere ciò che sto vivendo e portarmi via da questo posto orribile, costruito dalla mia mente.

Mi sento come se fossi chiusa in una bara, sottoterra, ma ancora viva.

Sto soffocando, mi manca l'aria.

Uso il poco fiato che ho per urlare, per chiedere aiuto, però nessuno può sentirmi.

Sono sola.

Anche se ho persone che mi amano.

Loro non sono con me, loro sono in superficie.

Io sono sotto tre metri di terra, sono sepolta qui e nessuno potrà mai trovarmi.

Mi stanno cercando, stanno tentando di salvarmi, ma non possono farlo.

Non sanno dove sono, sono in un luogo oscuro, troppo lontana da tutti gli altri.

E non tornerò mai in superficie.

A meno che non sia io a risalire da questo buco. Anche se al momento mi sembra difficile, anzi impossibile.

Non rivedrò la luce del sole, non potrò più riemergere dall'oscurità.

Non sarò più quella di prima.

Una parte di me è morta quella notte e non potrà mai ritornare.

Mi sento in gabbia come quando ero in carcere, forse ancora di più. Il carcere è una gabbia fisica, è difficile uscirne, ma sai che puoi farlo e quindi hai ancora un briciolo di speranza, anche se minima.

Ora invece non vedo la luce in fondo al tunnel, ogni volta che faccio un passo avanti mi sembra di farne trenta indietro e sono stanca.

Ho una rabbia repressa che mi sembra incontrollabile, me la prendo per cose stupide e a volte anche per questioni che non mi riguardano, buttando fuori una cattiveria che non credevo di avere.

Zulema mi ha fatto notare che mi comporto così con tutti, ma non con Yasmin. Dice che so controllarmi, altrimenti mi sfogherei in maniera negativa anche con la bambina.

E ha ragione.

Forse sono semplicemente cattiva, forse sono io la vera stronza. Forse, come dice Zulema, mi maschero da agnellino, ma poi sono un lupo e non in senso positivo.

Sono un lupo falso e traditore, che si comporta bene, ma poi sbrana le persone che ama.

Non perché non sappia controllarsi, lo fa perché è perfido, malvagio.

Magari sono come quei cani, buoni e docili, che dopo essere stati maltrattati e torturati diventano cattivi e fanno del male agli altri.

Io però non voglio essere così.

In fondo io non sono così, o almeno credo.

Se mio padre fosse qui mi farebbe la predica perché "lui mi ha cresciuto come una brava persona, come una che non scarica le sue frustrazioni sugli altri".

Se ci rifletto bene però l'amore che provava nei miei confronti e la sofferenza lo hanno portato a compiere delle azioni che non avrebbe mai immaginato di fare.

L'uomo è un animale, è istintivo.

Per quanto possa essere intelligente, viene sopraffatto dai suoi impulsi.

Inoltre, ha qualcosa di diverso rispetto agli altri animali, qualcosa che lo rende forte e debole allo stesso tempo: le emozioni.

Istinto ed emozioni sono armi a doppio taglio e spesso le persone non riescono ad utilizzarle con cautela.

I sentimenti possono salvarti, ma possono anche mandare tutto a puttane, distruggerti.

Possono condurti fuori dal baratro o farti sprofondare per sempre nel buio.

Il problema è che non sei tu a scegliere quale delle due cose succederà.

I hate u, I love uDove le storie prendono vita. Scoprilo ora