Capitolo 13

141 8 10
                                    

Quando la servitù riuscì finalmente a sfondare la porta, osservai l'uscita distesa sul letto, priva di forze. Non seppi dire per quanto tempo rimasi lì dentro; ore, giorni, forse persino settimane. Le guance erano ormai colme di lacrime secche e le ossa iniziarono a dolere; non cambiai mai posizione, ancora rannicchiata su me stessa. Tremavo e questa volta non per la paura. Il freddo glaciale che percepii si fece strada rapido dai piedi fin sopra la testa, portandomi a battere con forza i denti.
La prima ad entrare nella camera fu Dana; preoccupata in volto, avanzava piano nella mia direzione, forse per cercare di non spaventarmi oppure per provare a capire cosa mi stesse succedendo. Ally, poco dopo, fece la sua comparsa e, con maggiore rapidità, si fiondò al mio fianco, permettendo al suo corpo di toccare con un po' troppa forza il pavimento, per poi stringermi una mano.
Gli uomini vestiti come pinguini ingombrarono il passaggio, portandomi a percepire all'istante le urla fameliche della proprietaria di casa. Si fece strada tra i presenti spintonandoli con forza, arrivando a scontrarsi con la badante che non perse tempo a pararsi a braccia aperte tra me e lei.

"Levati di mezzo, vecchia!"

Dana non le rispose, continuando a fissarla con sguardo dispregiativo. Selene strinse con rabbia i pugni e continuò ad avanzare fino a raggiungere la mia amica. Alzò una mano come a voler preparare uno schiaffo, ma si fermò a mezz'aria nel notare il mio corpo quasi inerme di fronte a lei. Le sue dita andarono ad accarezzare la pelle della mia fronte ed il suo sguardo truce si calmò quasi nell'immediato. La badante avanzò di un passo nel vederla sormontarmi, ma si tranquillizzò quando la ragazza tatuata mi prese tra le sue braccia e mi portò verso la camera da letto nella quale ero costretta a dormire. Chiusi gli occhi nel percepire il calore del suo corpo; le labbra secche lievemente socchiuse. Sapevo di avere la febbre alta, ma non me ne preoccupai, arrivando persino a sperare di riuscire a porre fine a questa vita di mere sofferenze.
Selene restò nella camera per la maggior parte del tempo; probabilmente si occupò lei stessa di medicare i miei malesseri, ma, a dire la verità, non ne fui sicura per via dello stordimento dovuto all'indisposizione dell'intero corpo. Ciò di cui ero sicura erano le sue braccia perennemente avvolte intorno a me, il suo corpo caldo contro la mia schiena.
La confusione che aleggiava nella mente mi portò quasi sull'orlo della pazzia. Il signor Trevor aveva lasciato l'abitazione da giorni ormai; nonostante ciò il suo comportamento sembrò immutato, come quasi a volersi interessare a me.

Il giorno in cui mi ripresi definitivamente, mi regalò una collana in oro, scusandosi per il suo comportamento. Quella stessa sera si ubriacò in quel locale che adorava tanto e quando tornò mise in atto la stessa identica situazione che mi portò a sperimentare un malessere invasivo. Andò avanti così per diversi mesi; mi ammalavo, si scusava portandomi un regalo costoso e poco dopo rifaceva la stessa identica cosa. Mi resi ben presto conto di essere entrata in una sorta di circolo vizioso e non avevo la più pallida idea di come poterlo interrompere.
L'ultima di quelle volte avvenne con ritardo rispetto alle precedenti e fu diversa. Qualche giorno dopo essermi rimessa in forze, accompagnai Dana in paese per fare nuovamente visita alle sue amiche. Rosalìa perse quel dolce sorriso che conservava con gelosia, mutandolo in un'espressione di tristezza, mentre madame Berez mi fece notare quanto fossi dimagrita fin quasi a scomparire. Raccontai loro di aver avuto un virus intestinale; non volevo vedere nei loro volti la stessa espressione terrorizzata che caratterizzò quello della badante non appena si rese conto del mio calvario.
Tornammo alla villa poco dopo e mi precipitai in camera per potermi cambiare. Selene era lì, stesa sul letto, ad aspettarmi. Le mie narici non percepirono la puzza dell'alcol e non vidi bottiglie vuote sparse sul pavimento come di consueto quando decideva di ubriacarsi in casa. Era perfettamente lucida e la cosa mi terrorizzava.
Si avvicinò a me con in mano un paio di corde spesse e mi disse calma di stendermi sul letto. Sapevo che se le avessi disobbedito mi avrebbe picchiata per poi porre comunque a termine i suoi piani, perciò decisi di fare come da lei richiesto, almeno per potermi evitare le tumefazioni.
Non appena fui in parallelo con il materasso, mi legò i polsi e le caviglie talmente stretti quasi da impedire la circolazione del sangue e si spogliò. Mi tolse ogni indumento e gattonò ghignante sopra di me. Quel giorno mi penetrò per la prima volta, portandosi via una parte di me che non aveva alcun diritto di possedere, mentre la mia gola cercava di far fuoriuscire delle grida sforzate nel percepirne il dolore, risultando però in dei miseri lamenti, ormai priva di forze per lottare.
Il solo ricordo mi fece salire i conati di vomito che, prontamente, mi imposi di bloccare.
Passarono diverse settimane da quell'ultimo avvenimento e la mia salute sembrava ormai compromessa; troppe volte il mio sistema immunitario ha dovuto lottare, talmente tante da arrivare a non poterne più reggere il peso. Ricordo di aver passato quasi un mese intero distesa sul letto, impossibilitata ad eseguire qualsiasi attività e, per mia fortuna, Selene non abusò della mia carcassa durante quel periodo.
Quando riuscii finalmente a mangiare, a parlare, non ebbi idea di che giorno fosse, Selene si presentò in camera e mi diede un cellulare. Su di esso vi era un solo numero di telefono, il suo, che avrei dovuto utilizzare esclusivamente per le emergenze; niente internet. Mi disse che le dispiaceva vedermi impossibilitata su quel letto, ma si giustificò spiegando che stava facendo solo quello per cui il signor Trevor mi aveva accolta in casa sua, chiedendomi infine di essere più comprensiva e di non farne una tragedia. Non le risposi, nemmeno la guardai. Sapevo che così facendo l'avrei innervosita, ma il discorso che aveva deciso di portare avanti non era per niente perdonabile. Uscì dalla camera poco dopo, lasciandomi sola con i miei pensieri. Quando arrivai in questa villa sapevo qual'era il mio compito, ma in cuor mio speravo di poter avere la possibilità di decidere quando mi sarei sentita pronta. Forse mi sarei dovuta aspettare una tale situazione.
Mi alzai ancora un po' a fatica dal letto e scesi al piano di sotto, dove trovai Dana ed Ally intente a preparare la cena. Quando mi rivolsero la loro attenzione, sorrisi, facendo intuire loro che stavo bene, nei limiti del possibile; ancora qualche altro giorno e mi sarei rimessa del tutto. La notizia del medico non mi fece sentire bene perché sapevo che, una volta di nuovo in piedi, mi sarei trovata nuovamente il corpo della proprietaria della villa sopra il mio.

SaraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora