capitolo 29

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La mattina successiva ci recammo immediatamente alla macchina, concedendoci solo il tempo necessario per riporre tutte le nostre cose nelle piccole valigie. Prima di entrare in auto, mi girai un'ultima volta ad osservare l'esterno di quella piccola villa, sospirando nel ripensare a tutti gli attimi sfuggenti, a quei momenti intimi, che avrebbe custodito gelosamente.
La radio stava trasmettendo una di quelle canzoni nostalgiche, tipiche di un umore grigio che non avevo la minima intenzione di provare, così mi sporsi verso il pulsante per cambiare stazione radio, ma venni bloccata dalla ragazza al volante che mi confessò di gradire quei versi lenti e strazianti.
La strada deserta davanti a noi si estendeva per diversi chilometri, mostrandoci solo il frutto della natura incontaminata bagnata in lontananza dalle onde leggere del mare, mentre in cielo, libero tra le nuvole, uno stormo di uccelli faceva ritorno al proprio nido.
Mi girai per osservare in silenzio il volto di Selene che, seppur così statico, lasciava trasparire un velo di preoccupazione che, ne ero sicura, la stava lentamente divorando nel profondo, andando pian piano a distruggere ogni suo mattone di sicurezza. Il telefono aveva squillato diverse volte, numerose chiamate da differenti numeri; con la coda dell'occhio, vidi il display rivolto verso l'alto nell'incavo del cruscotto illuminarsi ancora per segnalare l'ennesima chiamata persa; quattro da Apollo, due dal signor Trevor ed un messaggio da parte di Baby. Speravo di non dover più permettere alla mia mente di ricordare quel nome, eppure sapevo nel mio inconscio che non ne avrei avuto la minima possibilità; non ebbi modo di leggere la piccola notifica e, forse, fu meglio.
La mia mente, ormai una macchia indecifrabile di emozioni, sembrava come impazzita, incapace di riacquisire il controllo su di sé, e fu in un istante, un misero battito di ciglia, che mi resi conto che tutti gli avvertimenti di Dana furono soppressi in quei giorni di permanenza alla piccola villa vicino al mare; avevo ormai oltrepassato quel confine invisibile che mi divideva dalla ragazza alla quale ero stata destinata e mi ero avvicinata a lei a tal punto da inibire gran parte dei sensi e permettere al petto di decidere in solitudine. Non volevo ammetterlo a me stessa, ma sapevo che quel sentimento, un bocciolo delicato, molto fragile, dal quale la badante mi aveva messa in guardia si stava facendo lentamente strada tra le vene come una flebo di stupefacenti pronti a trascinarti a fondo. Non volevo ammetterlo, eppure mi stavo innamorando di Selene.
Quel pensiero totalmente conscio portò in agitazione ogni fibra del mio essere e, d'improvviso, il battito si fece accelerato, così come il respiro, ed il mio corpo prese a muoversi sul sedile morbido dell'auto. Selene sembrò come accorgersi di quel mio cambio repentino e non perse tempo nel poggiare la mano, precedentemente salda sul cambio, sulla mia coscia, palpandone sporadicamente la carne.

"Tutto ok?"

"Mh-mh. Tu come stai? Non dev'essere facile scoprire di avere una sorella dal nulla."

"Sto...ancora elaborando la cosa."

Annuii in risposta a quella frase come per farle intendere la mia comprensione della situazione bizzarra. Il suo volto era fisso sulla strada, gli occhi come pietrificati; la postura, tuttavia, sembrava piuttosto rilassata anche se la sua mente sembrava essersi discostata dalla dimensione della realtà. Osservai la sua mano sulla mia gamba e per un istante sorrisi, un sorriso di quelli nascosti, quasi percepibili. Poi il ricordo del messaggio da parte di Baby mi fece perdere ogni barlume di benessere; abbassai il capo verso i miei piedi e presi parola dopo qualche minuto.

"Ho...ho visto che Baby ti ha scritto. Scusa, non avevo intenzione di-"

Selene sterzò bruscamente, portando l'auto a fermarsi di botto sul ciglio della strada. Fortunatamente non vi erano altri veicoli in circolazione, altrimenti avrebbe sicuramente provocato un incidente. Spense il motore e si girò di scatto verso di me; in volto un'espressione indecifrabile.

"Baby è un'amica. Il mio interesse è rivolto a te."

Le sue dita presero una ciocca dei miei capelli, palpandone la consistenza, e sorrise avvicinandosi piano verso il mio volto, raggiungendo con le labbra il bordo dell'orecchio, permettendo all'alito caldo di sfiorarne la pelle; un brivido inaspettato percorse tutta la mia colonna causando un fremito di poco percepibile.

"E credo di sapere come dimostrartelo."

"Che-"

"Passa dietro."

Mi ordinò poco prima di aprire la portiera ed uscire dalla macchina per poi occupare uno dei posti posteriori, continuando ad osservarmi con sguardo famelico. Feci come da lei ordinato ed attesi in silenzio, non del tutto sicura di quali fossero le sue intenzioni. Quando la vidi posizionarsi a gambe aperte sul sedile ed abbassarsi la zip dei jeans mi fu tutto chiaro. Le guance presero ad infiammarsi prepotenti e, di colpo, fu come se tutta la saliva in corpo evaporò in un istante. Selene mi guardò tranquilla e sorrise.

"Cosa...che significa?"

"C'è una cosa che non ho mai permesso a nessuna. Il controllo. Puoi fare quello che vuoi."

Sorrise, mantenendo quel suo sguardo famelico saldo su di me. Lì per lì rimasi interdetta; eravamo in macchina in viaggio di ritorno verso casa e, di punto in bianco, si era fermata per una sveltina. Non ne comprendevo il motivo, eppure il pensiero di poter condurre il gioco iniziò ad intrigarmi non poco.
Come spinta da una forza invisibile, mossi la mano verso di lei e permisi alle dita di insinuarsi sotto i tessuti che nascondevano la sua pelle. Selene chiuse gli occhi e lasciò cadere il capo verso il sedile non appena entrò in contatto col palmo della mia mano. Sorrisi nel vedere quella reazione, ora pienamente consapevole del "potere" che mi aveva permesso di acquisire.
La confusione ed il non sapere come comportarmi, però, mi portarono ad allontanarmi di poco da lei, continuando a fissarla come in attesa di direttive. Lei aprì nuovamente le palpebre con sguardo confuso; le braccia ampiamente distese sullo schienale dei sedili.

"Cosa devo fare?"

"Non hai mai...? Pff, Dovevo immaginarlo."

La ragazza tatuata sghignazzò divertita, portò di poco i fianchi verso l'alto per permettere ai pantaloni di abbassarsi con facilità, fece scorrere il tessuto sottile dei boxer fin sotto la zona intima e, con una mano, afferrò salda il suo membro mentre i suoi occhi non si separarono mai dal mio volto. Arrossii imbarazzata dalla situazione ed un senso di panico mi colse alla sprovvista, portandomi a percepire una grave mancanza d'aria nei polmoni.
D'un tratto, una macchina nera con delle strisce di color azzurro accostò proprio dietro di noi e ne uscì un uono impostato che, con passo sicuro, si diresse verso la nostra posizione. L'uomo, pelato, vestito con una giacca nera semi elegante ed un distintivo ben evidente sulla cintura, si tolse gli occhiali da sole e ci fece cenno di abbassare il finestrino. Selene sbuffò infastidita e si rivestì in pochi secondi per poi fare come chiesto dal signore, mentre io non potevo fare a meno di pensare alla figura estremamente imbarazzante alla quale stavo per prendere parte.

"Sapete che non potete sostare qui, vero?"

"Lo so benissimo, Larry, e sai che non me ne frega un cazzo."

"Selene, sei sempre tu."

Commentò l'uomo ridacchiando poco prima di rivolgere la sua attenzione verso la mia figura, riponendo gli occhiali da sole sul bordo della camicia bianca che si intravedeva dalla giacca. Nel notare il suo sguardo autoritario, così simile a quello della ragazza al mio fianco, così intenso e penetrante, indietreggiai con il busto fino a raggiungere la portiera alle mie spalle ed abbassai il capo per cercare di evitare quel contatto visivo che speravo tanto di non dover reggere.

"E questa chi è? Un'altra delle tue puttane?"

"Bada a come parli. È la mia futura signora."

Il poliziotto risultò sorpreso nell'apprendere quell'informazione, ma non si preoccupò più di tanto delle parole che erano uscite poco prima dalle sue labbra perché la reazione della ragazza tatuata era calma, lasciva, che andava fortemente a cozzare con il suo carattere. L'uomo in giacca nera si scusò ridacchiando e, dopo aver salutato entrambe, si diresse nuovamente verso la sua vettura, allontanandosi sulla strada pochi secondi dopo.
Selene scese dall'auto e si premurò di raggiungere il posto guida, mettendo nuovamente in moto il veicolo.

"Che fai lì imbambolata? Torna avanti."

Disse senza nemmeno guardarmi con tono autoritario. Non appena ubbidii al suo comando, si inserì nuovamente in strada tornando a fissare statica l'orizzonte di fronte a noi.
Non seppi darmi una spiegazione a quel suo momento lascivo, ma sapevo per certo che stava cercando una scusa, una distrazione, seppur misera, per non dover pensare alla notizia che le aveva comunicato Apollo e con la quale a breve si sarebbe trovata faccia a faccia.

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