Quando tornammo a casa, Dana sembrò come pronta a lanciarsi dal ciglio della porta d'ingresso e mi afferrò con premura il braccio, invitandomi a seguirla al piano di sopra. Confusa da quella sua reazione, assecondai il suo passo premuroso ed attesi calma la chiusura della porta dietro di noi, rivolgendo la mia attenzione alla badante che mi fece sedere sul bordo del letto per poi osservarmi a braccia conserte. Sembrava alterata, una sensazione che non si addiceva al suo viso sempre dolce, pronto a farti tornare il buon umore con un solo sorriso. Piegai il capo da un lato nella speranza di riuscire ad estrapolarle qualche parola, ma le sue labbra sembrarono serrate, come le più antiche serrature.
"Dana, che succede?"
"Ti ha fatto del male?"
Il timbro della sua voce, talmente tremante da risultare quasi terrorizzata, mi portò a percepire una sensazione di disagio che partì dalla base della schiena, fino a raggiungere il collo. Non seppi dire di chi o cosa stesse parlando in quel momento, ma una forza a me sconosciuta mi portò comunque a negare lentamente, mentre lo sguardo confuso che contornava il mio volto si legò insicuro al suo. Si portò una mano ai capelli mentre l'altra cercava dispotica di rallentare il movimento del suo petto, emettendo di tanto in tanto qualche respiro più pesante dei precedenti. La osservai mentre si lasciò quasi cadere sul bordo del letto, continuando ad osservarmi con quel suo sguardo indagatore, allungando poi le mani verso le mie braccia per invogliarmi ad avvicinarmi maggiormente alla sua figura. Non appena fui vicina, mi ritrovai stretta in un forte abbraccio che, a detta della badante, sarebbe servito da conforto per poter portare avanti la giornata e, più nello specifico, la mia permanenza in questa casa.
Scesi le scale poco dopo, avendo ricevuto il consenso da parte dell'anziana signora, e mi recai come mio solito al luogo che più di tutti riusciva a confortare la mia anima nei momenti di puro smarrimento: il giardino. Mi poggiai ad una delle panchine disposte geometricamente l'una dall'altra e mi concentrai nel percepire il flebile canto degli uccelli che, fuggevoli, si nascondevano con infinita maestrai tra i rami degli alberi che sormontavano il mio capo. Chiusi gli occhi, le mani incrociate sul grembo, la posa rilassata, il volto alto per permettere alla tenue brezza di accarezzarmi le guance.
Improvvisamente, un pensiero, sempre più insistente, prese possesso della mia mente e, come se mi fosse stato imposto da una forza superiore, mi alzai in tutta fretta per raggiungere nuovamente la porta d'ingresso della villa nella quale ero destinata a rimanere.
Cercai con lo sguardo la figura della badante, intenta a spolverare uno dei mobili della sala da pranzo, e mi avvicinai a lei con un sorriso che avrebbe fatto invidia a chiunque, mentre la mia mente non poté fare a meno di proiettarsi in un battito di ciglia in centro, circondata dalle amiche di Dana e da tutti quei sapori allegri che spezzavano la routine quotidiana. Le posai una mano sulla spalla e la invogliai a mettere da parte per un istante il suo lavoro, mentre le sue orecchie si premurarono di ascoltare ciò che avevo da riferirle."Possiamo andare in città?"
l'espressione della badante non sembrò delle migliori, contornata da una scia di rassegnazione che divorava ogni briciolo di positività. Poggiò il panno per la polvere sul tavolo poco distante e sospirò pesantemente mentre il suo sguardo sembrava essere particolarmente interessato al pavimento. Con riluttanza, si trovò a dover negare col capo, mormorando un flebile "scusa" che planò lento verso il mio petto, raggiungendo il più profondo porto della mia mente. Sorrisi lievemente e tornai a passo lento nella mia stanza, cercando di pensare a cosa avrei potuto fare all'interno dell'abitazione. I domestici sembravano essersi dileguati e il silenzio che attorniava le mura era talmente rumoroso da arrivare quasi a fare male. Di Selene nessuna traccia. Decisi dunque di dedicare il resto della giornata alla lettura di un paio di romanzi che avevo trovato nella piccola biblioteca posta al piano terra e che avevano immediatamente catturato la mia attenzione. Nel primo, una storia d'amore come poche, carica di sentimento, che ti invogliava a percepire una sensazione positiva al centro del petto. Nel secondo, un racconto di mistero, di orrore, che alimentava i demoni che risiedevano silenziosi nell'anima e si nutrivano delle tue paure.
Mi resi conto di aver trascorso tutto il pomeriggio immersa nella mera lettura solo quando percepii il rumore della porta d'ingresso che si chiuse con un lieve tonfo, che mi portò ad alzare il capo verso l'orologio accanto al letto sul quale ero distesa a pancia in giù, e sgranai gli occhi nel constatare che era già passata l'ora di cena. Chiusi il libro con cura, premurandomi di disporre il segnalibro fra le pagine, e con passo calmo scesi le scale per recarmi in soggiorno, dove vidi la luce accesa. Vi trovai Selene che, barcollante, si lasciò cadere sul lungo divano, chiuse gli occhi e sospirò, allargando le braccia per poggiarle prive di vita sullo schienale, mentre il capo sembrò cadere all'indietro, distaccato dal resto del corpo. Il resto della casa era avvolto nell'ombra e ciò mi portò a pensare che ogni essere vivente presente al suo interno, ad eccezione mia e di Selene, era già caduto in un sonno profondo.
Rimasi ad osservare la sua figura per un paio di minuti, incapace di distogliere lo sguardo. Abbassai il capo solo quando, per una frazione di secondo, la vidi girarsi verso le scale e quasi mi sembrò di averla intravista sghignazzare mentre il suo sguardo penetrante mi scrutò nel profondo, tornando poi a lasciarsi avvolgere dalla stanchezza della sera. Ripensando alla descrizione che mi aveva fatto il signor Trevor, dedussi che, magari, non aveva avuto una bella serata.
Salii in tutta fretta le scale e mi chiusi in camera, ritrovandomi a pensare ripetutamente a quel suo sguardo talmente profondo da poterci cadere in eterno fino a quando non iniziai a percepire l'arrivo della canoa di Morfeo che, abile, iniziò a trascinarmi in quel regno di pace.La mattina successiva mi svegliai di soprassalto; i crampi allo stomaco mi imploravano disperati di mettere qualcosa sotto i denti e, anche se avessi preferito rimanere a letto, avvolta dal tepore delle coperte, mi trovai costretta a barcollare in cucina, mentre il sonno iniziava lento ad abbandonare il mio essere.
Quella mattina, decidere quale alimento avrebbe riempito il mio stomaco sembrava essere un'impresa alquanto complessa; per questo mi trovai a fissare l'interno del frigo per un lasso di tempo eccessivamente prolungato, mantenendo una mano salda sullo sportello per evitare che mi arrivasse addosso nel suo atto spontaneo di riconquistare l'originale posizione. I miei occhi scorrevano liberi lungo le pietanze quando la pelle del mio collo percepì un tenue flusso di aria tiepida invadere l'area. Alzai con cautela lo sguardo verso il lato del frigo e vi notai la presenza di una mano, di poco più grande della mia, poggiata calma con lo scopo di sorreggere il peso dietro di me. La fragranza di mandorla invase ancora una volta le mie narici e, in un istante, le mie palpebre si chiusero come a volerne assaporare il gusto. Selene si allungò per afferrare il cartone del latte e portarlo direttamente alla bocca, allontanandosi poi dalla mia figura. Quando mi girai rimasi sorpresa dalla figura che aveva catturato la mia attenzione in un istante. Una canottiera a fasciarle il busto permetteva di rendere ben visibile un tatuaggio abbastanza imponente che divorava avido il suo braccio sinistro, terminando sulla spalla. Non era ben chiaro il soggetto di tale opera, ma il miscuglio di colori invogliava comunque a provarne interesse.
Estrasse il pacco di sigarette dalla tasca dei pantaloni morbidi della tuta e non perse tempo a selezionarne una, portandola alla bocca ed accendendola subito dopo, girandosi poi nella mia direzione, sostenuta dai piedi scalzi che poggiavano impavidi sul freddo pavimento. Sorrise mentre con una mano si sistemò i capelli lievemente in disordine, per poi allontanarsi ed occupare uno dei posti intorno al tavolo."Buongiorno."
La salutai, ma non ottenni risposta. Rimasi ad osservarla per qualche minuto, sperando in una sua minima reazione, mentre il fumo della sigaretta riempiva la stanza e la cenere cadeva copiosa per posarsi all'interno del posacenere. Il mio sorriso si spezzò in poco tempo e tornai all'istante a rivolgere la mia concentrazione al frigo che, nel frattempo, si era richiuso su sé stesso.
"Hai fatto il caffè?"
Chiese poi mentre la sua attenzione era rivolta al cellulare. Alzò il capo aspettando una mia risposa ed io mi trovai a negare, incredula, mentre la sua lingua colpì il palato emettendo uno schiocco sonoro. Si alzò dalla sedia, lasciando la sigaretta mezza accesa nel piccolo contenitore, e si diresse verso la porta della stanza, fermandosi solo per rivolgermi un ultimo sguardo.
"Non dimenticarlo più."
Il suo tono di voce talmente autoritario mi portò a percepire un brivido lungo la schiena che non mi permise nemmeno di rispondere a quel suo ordine. Se ne andò subito dopo, lasciandomi a me stessa, mentre il mio stomaco continuava ad implorarmi di riempirlo anche solo di poco. Afferrai una mela da dentro il frigo e riempii un bicchiere d'acqua, prendendo poi posto intorno al tavolo, di fronte a dove si era seduta prima Selene. Osservai quella sigaretta ancora fumante e mi trovai a corrucciare di poco le sopracciglia, allungando un braccio per poter spegnere definitivamente l'oggetto davanti a me.
Mi girai verso la porta quando sentii dei passi avvicinarsi sicuri alla cucina e il mio sguardo fu in grado di catturare nuovamente la figura della nipote del signor Trevor che, vestita di tutto punto, una camicia bianca contornata da una giacca nera, un paio di pantaloni altrettanto neri e di stampo semi elegante, che si concludevano poco sopra le scarpe lucide, fece ricadere nuovamente la sua attenzione su di me, mostrando un'espressione quasi irritata nel vedermi ferma lì, non sapendo bene come reagire alla sua presenza. Prese gli occhiali da sole da sopra la mensola e li indossò con tranquillità dopo essersi assicurata che fossero puliti."Vestiti. Dobbiamo uscire."
Annuii rapidamente e mi alzai in tutta fretta dalla sedia, spingendo il mio corpo ancora mezzo addormentato su per le scale e dritto nella mia camera nella speranza di riuscire a trovare qualcosa di carino da indossare tra tutti i vestiti che mi aveva comprato Dana. Non sapevo dove saremmo andate, ma stranamente l'ansia che era ormai diventata mia compagna di vita, che mi seguiva ovunque io andassi, non sembrò essersi accorta della situazione che si era creata.
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Sara
RomansaLa vita di una ragazza viene stravolta quando, dopo aver perso la memoria, si troverà costretta in casa di sconosciuti; la sua libertà comprata. Trattata come un oggetto di poco valore, riuscirà a conquistare nuovamente il libero arbitrio o resterà...