Capitolo 38

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Il viaggio in auto quella mattina risultò piuttosto tranquillo, almeno per me; Apollo aveva un occhio nero e non toglieva lo sguardo dalla strada mentre Selene continuava a caricarlo di insulti ben impostati, alzandogli le mani di tanto in tanto. Nel vedere quella scena non fui in grado di trattenere una risata divertita, acquisendo l'attenzione della fumatrice seduta davanti a me. Mi bloccai nell'immediato, eppure la sua espressione era serena, non aveva la minima intenzione di trasmettere timore. Sorrideva allegramente, senza mai dimenticarsi d'insultare il ragazzo alla guida di tanto in tanto.
Quando raggiungemmo una stazione di servizio, situata più o meno a metà strada dal luogo che dovevamo raggiungere, notai come Apollo fu rapido nell'aprire la portiera e scappare verso il piccolo edificio con tutta la forza presente nelle sue gambe. La proprietaria della villa rise divertita nel vederlo correre in modo bizzarro, mantenendo una mano dietro i pantaloni e saltellando di tanto in tanto.

"Secondo te riesce a raggiungere il bagno o se la fa sotto?"

La domanda di Selene mi portò a ridere con sempre più insistenza finché non fummo più in grado di vedere la figura sempre più lontana del ragazzo. Poi, la sentii aprire lo sportello del veicolo,e scendere dall'auto per prestare la sua attenzione alla pompa di benzina. Inserì un paio di banconote, premette il pulsante apposito ed afferrò il tubo per fare il pieno.
Quella mattina faceva più caldo del solito, così decise d'indossare una semplice canottiera bianca attillata che metteva in risalto la forma del suo corpo e dei jeans chiari, lasciando il giubbotto di pelle nel retro dell'auto. I miei occhi furono come paralizzati sulla sua figura, il corpo immobile, le guance calde. Non avrei mai pensato di arrivare a provare tali sensazioni solamente nel vederla fare qualcosa di talmente semplice e quotidiano come riempire il serbatoio di un'auto. Selene si accorse del mio sguardo su di lei e la sua espressione mi fece capire subito che non si sarebbe fatta sfuggire quell'occasione; portò la pompa all'altezza della vescica, alzandola verso il cielo come a voler simulare un'erezione, per poi spingere lentamente i fianchi in avanti, ondeggiando piano come una foglia in balia del vento, fino a posizionarsi di fronte al serbatoio del veicolo per infilarvi il tubo con estrema lentezza senza mai staccare il suo sguardo predatorio dal mio, portandomi immancabilmente a sorridere, decisamente divertita da quel piccolo spettacolino privato.
Quando il contatore dello schermo si fermò, la vidi farmi l'occhiolino e rimettere a posto la pompa, facendo poi il giro dell'auto per poter entrare dallo sportello posteriore situato dietro il lato guida.

"Piaciuto lo spettacolo?"

Si avvicinò a me come una leonessa affamata, senza perdere tempo nel poggiare una sua mano sulla mia coscia, mentre il suo volto non faceva che avanzare in direzione delle mie labbra.

"Che scema."

Sussurrai a pochi centimetri da lei, dandole un colpetto giocoso sulla spalla per poi annullare definitivamente quella poca distanza che ci separava. Il bacio fu lungo, eppure sembrò durare solo pochi istanti, rapidi e sfuggevoli squarci di tempo all'interno dei quali mi sembrò come di fluttuare, come se la gravità non esistesse, come se i nostri interi mondi si fossero corrosi, scontrandosi l'uno contro l'altro, mantenendo però intatto il loro nucleo incandescente.
Fu in quel momento che mi resi conto che la personalità, il modo di fare, il comportamento di Selene, Selene stessa, erano tutt'altra cosa in assenza della figura dello zio; in quel momento ebbi la conferma che il signor Trevor rappresentava per lei quel demone oscuro che si cela abile nel profondo dell'anima, che ti divora da dentro e non ti da alcuna possibilità di fuga, la causa scatenante di ogni male.
Quando Apollo tornò, entrando in auto tra un lamento e l'altro, riferendosi probabilmente alla scarsa igiene del bagno, la ragazza distante solo pochi centimetri da me ridacchiò divertita e si sporse in avanti per fargli pressione sulle spalle, per poi allungare una gamba verso il sedile anteriore, in modo tale da poter acquisire nuovamente il suo posto originale.
Il resto del viaggio fu tranquillo, silenzioso, accompagnato solo da qualche chiacchiera ogni tanto alternata dal suono delicato della radio che Selene, di tanto in tanto, accendeva e spegneva. La vidi accendere una sigaretta, la quarta quella mattina, ed abbassare il finestrino dell'auto per poter lasciar pendere il proprio braccio al di fuori del veicolo. Apollo sembrò assumere uno sguardo deluso, ma non disse nulla e continuò a guidare finché non vide finalmente la segnaletica che indicava l'ingresso al paese dove dovevamo recarci.
La strada era dismessa in un punto e, per evitare di danneggiare l'auto, decidemmo di fare quell'ultimo tratto a piedi; per fortuna la giornata era tranquilla e le nuvole sembravano nascondersi in un velo di timidezza.

"Quanto manca ancora?"

Il tono di voce della ragazza tatuata risultò serio come quando intraprendeva una conversazione con il signor Trevor, talmente serio da farmi quasi gelare il sangue nelle vene. Girai il capo verso Apollo, posto davanti a me e accanto alla sua amica di lunga data, e lo vidi controllare con minuziosa attenzione il navigatore sul cellulare per poi indicare davanti a sé con l'indice.

"Dobbiamo fare ancora un paio di chilometri e saremo arrivati."

Selene annuì, poi si girò nella mia direzione, mi scrutò attentamente ed abbozzò un sorriso per poi fare l'occhiolino. Non fui in grado d'interpretare quel suo comportamento, eppure dentro di me fu come se conoscessi già il suo linguaggio.
Arrivammo davanti ad una casetta indipendente, malmessa e dalla facciata completamente da ristrutturare; il piccolo giardino che circondava quasi per intero l'abitazione risultava incolto e decisamente folto, talmente alto da raggiungere buona parte del polpaccio. Io e Apollo restammo fermi davanti al vialetto mentre Selene s'inoltrò verso la porta d'ingresso; la vidi prendere un respiro profondo prima di suonare il campanello. Qualche attimo dopo, la porta si aprì e da essa ne uscì una donna di mezz'età, ben impostata e dal volto ostile. Indossava una canottiera sporca e bucata su più punti, dei pantaloncini strappati ed un paio di sandali; in bocca una sigaretta mezza consumata ed una bottiglia di birra salda tra le dita della mano.

"Chi siete? Che volete?"

Selene rimase un po' perplessa, ma mantenne la sua compostezza spiegando nel minimo dettaglio il motivo della nostra visita. La donna ascoltò con attenzione ogni sua singola parola, poi, dopo un breve attimo di silenzio, prese a ridere sonoramente, portando la bottiglia alle labbra ed assaporandone il sapore.

"Mi dispiace bellezza, sei parecchio in ritardo. La famiglia che abitava qui prima di me ha lasciato questa casa da anni ormai."

"Maledizione."

Sussurrò Selene, abbastanza forte da permetterci di sentire la sua frustrazione salire vertiginosamente. La donna squadrò attentamente la proprietaria della villa ed ammiccò quasi divertita nel vedere la sua reazione. Lanciò la cicca di sigaretta ormai consumata al suolo e la calpestò per spegnere quell'ultima scintilla presente, prese un ultimo sorso di birra e si rivolse nuovamente alla ragazza di fronte a lei.

"Forse potrei aiutarvi a trovare quella famiglia ad un giusto prezzo."

Selene non esitò nell'accontentare la richiesta della figura ancora ferma davanti la porta d'ingresso, così le porse una mazzetta di soldi, ottenendo in cambio un biglietto scritto a mano ed una porta sbattuta in faccia. Quando tornò da noi, con sguardo misto tra il confuso e l'incredulo, ci mostrò il pezzo di carta e ciò che vi era scritto sopra: 'Diego Moravia, 3308870483'.

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