La luce del mattino che penetrava fitta dalla finestra, lasciata socchiusa per permettere alla fresca aria di invadere la stanza, mi portò a chiudere gli occhi ancora stanchi, costretti ad abbandonare in fretta la pesantezza del sonno che li teneva stretti a sé. Il corpo, ancora pesante come fosse legato a delle incudini, seduto sul water con una tale staticità da sembrare quasi finto, in attesa che gli occhi leggessero il risultato sul bastoncino tenuto saldo tra le dita.
Erano trascorsi pochi giorni da quando Selene mi aveva lasciata da sola, inerme, su quella porzione di prato dietro l'abitazione ed ora, con fare da comando, mi costrinse ad afferrare un test di gravidanza, imponendomi di utilizzarlo in quel preciso istante. Così, ancora addormentata e quasi del tutto incapace di comprendere cosa stesse accadendo intorno a me, mi recai verso il bagno di poco distante dalla camera da letto. Sapevo che non vi era alcuna possibilità di una gravidanza grazie alle pillole regalatemi da Dana, ma nonostante la mia consapevolezza, non mi sarei potuta permettere di rifiutare la sgarbata richiesta della proprietaria della villa; non senza doverle spiegare il motivo di tale rifiuto.
Quando le pareti intorno a me iniziarono a stringersi ed il lavandino prese ad avvicinarsi verso di me, capii che era arrivato il momento di uscire da quella stanza ancora fredda per l'inutilizzo notturno. Accanto alla porta, poggiata al muro a braccia conserte e con una sigaretta tra le labbra, trovai Selene in attesa di un mio riscontro. Improvvisando una falsa espressione dispiaciuta e scuotendo di poco il capo, allungai una mano verso di lei per mostrarle il bastoncino negativo, permettendole poi di tenerlo tra le dita. Il suo volto sembrò quasi sollevato, ma quell'accenno di sentimento durò ben poco; la sua mascella tornò serrata ed i suoi occhi vitrei fissi su di me, pronti ad estirparmi l'anima. Estrasse il cellulare dalla tasca e fece partire una chiamata, per poi recarsi verso le scale ignorando quasi completamente la mia presenza; dalle poche parole che fui in grado di sentire, dedussi che stava parlando con il signor Trevor riguardo il mio...stato.
Scesi al piano di sotto e salutai Dana con un abbraccio sentito; la sua sola presenza, anche se impotente quanto me, mi faceva sentire di poco più al sicuro e, in parte, amata.Quando trovai la forza di rialzarmi da quel prato diventato ormai scomodo, quella sera, mi guardai intorno con la speranza di non trovare sguardi indesiderati. Sentivo il senso di vergogna schiacciarmi le spalle, invitandomi a lasciar sprofondare il corpo nella terra, quella stessa terra che poco prima aveva ospitato la proiezione di un incubo. Per un attimo pensai di aver potuto immaginare tutto; un singolo attimo di respiro. Poi, il mio corpo per metà privo di indumenti, i segni delle dita sulla pelle, i fili d'erba schiacciati, alcuni tinti, altri strappati; fu allora che realizzai. Tornai dentro casa poco tempo dopo ed aspettai, aspettai a lungo il suo ritorno, ma non la vidi mai varcare la soglia della camera da letto per tutta la notte; così, preda di un respiro talmente corto da affannare i polmoni, mi rifugiai nella piccola camera utilizzata da Dana per la notte e vi rimasi fino al giorno successivo.
Vidi Selene uscire dallo studio nel quale non mi era permesso entrare, mentre la mia mente cercava ancora di allontanare il senso di vomito causato da quel ricordo grigio, per poi recarsi in cucina, a passo svelto e sicuro, verso me e la badante. Senza dire nemmeno una parola, mi prese per il braccio e mi scortò fuori dall'abitazione, costringendomi ad occupare il lato passeggero della sua auto lasciata parcheggiata nei pressi della fontana. Le chiesi più volte dove mi stesse portando, sentendo il battito accelerare come un treno ed il respiro mancare pesantemente, portando il mio intero essere a sprofondare nell'oblio del panico. Mille scenari mi si palesarono in mente, tutti orribili e con tragiche conclusioni. Mi osservai intorno in cerca di un qualsiasi oggetto da poter usare in parte come arma, in parte come distrazione nel caso la ragazza seduta sul sedile di fianco al mio avesse permesso a quel suo lato tetro di impossessarsi di me.
Nonostante il volto statico come inpagliato, le mani talmente strette al volante da far quasi uscire le nocche dalla pelle e i denti talmente stretti da poter delineare ogni singola forma della mascella, nell'osservarla con attenzione percepii come un senso di compostezza e mi resi conto che, probabilmente, tutto il panico e tutti quei terribili scenari che mi ero creata in testa non si sarebbero mai realizzati. Probabilmente rimasi a fissarla per un tempo fin troppo prolungato poiché la notai accorsi del mio sguardo, girò di poco il capo nella mia direzione e mi rivolse un sorriso accennato poco prima di rimettere gli occhi sulla strada. Quel suo gesto fu come un calmante per la mia anima e, preso un respiro profondo per permettere ai polmoni di ossigenarsi, osservai la strada scorrere attraverso il finestrino."Quanto te ne sei andata quella sera...dove sei stata?"
Le domandai dopo qualche minuto di estenuante silenzio. In sottofondo solo il rumore dell'auto sull'asfalto. Lei sorrise nel permettere alla sua memoria di ricordare e si sistemò meglio sul sedile, stringendo maggiormente i palmi intorno al volante.
"Al locale."
Onestamente, mi aspettavo una tale risposta, ma in cuor mio continuavo a sperare di poter ottenere un riscontro differente. Chiusi gli occhi in rassegnazione e li riaprii solo quando percepii una sua mano sulla mia coscia; non era aggressiva, né pretenziosa. La lasciò poggiata lì con fare tranquillo, quasi come fosse in carica.
"Avevi detto di voler cambiare."
"Ed è così. Sono andata a parlare con la proprietaria."
"Per..?"
"Per farmi dare queste."
Tolse la mano dalla mia gamba e la allungò verso il cassettino porta oggetti per estrarne un paio di chiavi legate fra loro con un ciondolo decisamente troppo pomposo. Osservai il piccolo oggetto con fare confuso per poi dirigere lo sguardo su di lei, aspettando una sua spiegazione. Selene ridacchiò divertita nel notare la mia espressione con la coda dell'occhio; rispose le chiavi nel luogo dove risiedevano prima di essere disturbate e permise al suo palmo ora libero di riposare nuovamente sulla mia coscia, questa volta occupando un'area di poco più alta.
"Sono le chiavi della casa al mare di Andrea, la proprietaria del locale. Devo fartela conoscere qualche volta. È una tipa tosta."
Il suo sorriso così genuino mi colse di sorpresa; era forse la prima volta che si mostrava senza maschere, senza spessi muri ad impedire di decifrarla dentro, e quasi senza rendermene conto, mi trovai a sorridere di rimando.
"Ho pensato di passare qualche giorno lì, solo io e te. Che ne dici?"
Annuii piano a quella sua domanda che, anche se in cerca di un minimo d'approvazione, non avrebbe accettato una risposta negativa e permisi ad una mia mano di poggiarsi tranquilla sul dorso della sua, ancora salda su di me. D'improvviso, l'aria si fece più leggera e tutta quella tensione che andava ad appesantire l'abitacolo a tal punto da renderlo simile ad un sottomarino sembrò come dileguarsi nel nulla, aspirata via dalla tranquillità del momento. Quella fu la prima volta che, in sua presenza, mi sentii veramente al sicuro.

STAI LEGGENDO
Sara
RomanceLa vita di una ragazza viene stravolta quando, dopo aver perso la memoria, si troverà costretta in casa di sconosciuti; la sua libertà comprata. Trattata come un oggetto di poco valore, riuscirà a conquistare nuovamente il libero arbitrio o resterà...