Capitolo 5

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Con mia grande sorpresa, fui lesta ad ambientarmi in casa ed ogni volta che Dana usciva le chiedevo di portarmi con lei. Le sere mi addormentavo col sorriso e le mattine successive mi risvegliavo con la voglia di fare, chiedendo ai presenti in casa di poter dare loro una mano.
Il sonno è sempre stato un ottimo compagno per me, talmente sacro da impedire a chiunque di disturbarlo, talmente profondo da impedirmi di avvicinarmi alle realtà della vita.
Quella mattina, però, il mio compagno notturno non sembrò intenzionato a restare come suo solito e se ne andò gradualmente, permettendo ad una serie di rumori alquanto fastidiosi di violare le mie orecchie. Mi rigirai nel letto, borbottando un qualcosa che non mi era facile comprendere, aggrottando le sopracciglia e sperando con tutta me stessa di poter proseguire il mio viaggio nel regno di Morfeo. Mi stropicciai gli occhi quando compresi che il mio desiderio non sarebbe stato ascoltato e rivolsi la mia tenue attenzione alla sveglia che la badante era stata lesta a posizionare sul piccolo comodino e che, aveva detto, mi sarebbe tornata utile. Lo schermo digitale mostrò quanto fosse ancora presto e divenne partecipe dei miei lamenti frustrati che si interruppero quando sentii bussare alla porta. La voce di Dana riecheggiò attraverso il legno spesso ed un sorriso mi portò quasi a dimenticare i rumori che disturbarono il mio sonno. Mi alzai dal letto e mi diressi verso la porta, aprendola subito dopo  e permettendo alla donna di entrare in camera con tranquillità. Aveva il fiatone, segno che anche questa volta aveva salito le scale di corsa. Non era di certo una sorpresa vederla costantemente boccheggiare per la poca aria, considerando la vita frenetica che, anche se non sembrava, era abituata a sostenere, ma quella mattina qualcosa sembrava non combaciare, come se la realtà si fosse distorta e, anche se sembrava perfettamente uguale all'originale, aveva quella punta di ignoto che ti portava a dubitare.
Restai in silenzio mentre attesi con calma la sua ripresa, grattandomi il dorso del pollice con l'indice nel disperato tentativo di non pensare a cosa mi avesse strappato via il sonno, portando i miei nervi ad accarezzare sensuali la mia mente. Dana prese un respiro profondo e tentò con tutta sé stessa di riacquisire la calma persa poco prima, affrettandosi poi a riferirmi il ritorno del signor Trevor e, con lui, il motivo di tanto frastuono: un gruppo di ragazzi ben pagati stava lavorando devotamente per sistemare dei nuovi mobili che erano stati comprati dal padrone di casa pochi giorni prima. Mi chiesi quale fosse il motivo del suo ritorno e perché sua nipote non si fosse presentata, e senza rendermene conto il lieve sorriso che aveva catturato le mie labbra scomparve come le ombre nella notte. Mi affrettai a cambiarmi sotto lo sguardo stanco della badante al quale, ormai, mi ero abituata e percepivo quasi come materno, sapendo che quella sarebbe stata una giornata stressante per tutto il personale della villa e che, sicuramente, avrei dovuto mettere a disposizione il mio aiuto.
Quando scesi le scale raggiungendo il piano inferiore, la prima cosa che vidi fu il sorriso dell'anziano signore che, con quella sua calma pacata, osservava con attenzione il lavoro dei suoi dipendenti, girandosi di tanto in tanto verso l'ingresso della villa come se stesse aspettando che qualcosa venisse a portare scompiglio nella situazione in cui stava vivendo. Mi avvicinai per salutarlo con garbo e, non appena la sua attenzione catturò la mia figura, fui in grado di notare la sua dentatura perfetta, per poi avvicinarsi a me per lasciarmi un mezzo abbraccio che mi portò a sentirmi lievemente in imbarazzo. La sua mano si stanziò sui miei fianchi, scendendo lenta fino a raggiungere il fondoschiena; avrei tanto voluto gridare di allontanarsi, di togliermi le mani di dosso, ma tutto quello che riuscii a fare fu di guardare altrove, sperando che quella sensazione maligna potesse raggiungere in fretta una fine. La mia mente tremava, incerta su cosa avrebbe dovuto pensare, e nuovamente, quasi senza rendermene conto, mi torturai il dito della mano destra, incrociando per qualche secondo lo sguardo della badante che, nel frattempo, stava aiutando i ragazzi a togliere i teli che ricoprivano i mobili che avevano tutta l'aria d'essere fabbricati in mogano.
Un rumore decisamente più potente, un rombo, invase di prepotenza l'aria a noi conosciuta, portandoci ad uscire dal perimetro per cercare di trovarne la fonte. Gli sguardi curiosi si legarono ad una figura che, lesta, si avvicinò a noi come un predatore farebbe nell'esatto istante in cui punta ad una preda. Il signor Trevor sorrise soddisfatto e mi fece l'occhiolino, mentre io non feci altro che guardarlo confusa, cercando di capire il motivo di quel suo tenue gesto. Una moto, nera e dai lineamenti contornati di rosso, si fermò vicino alla sua auto, portando in sella una figura vestita dello stesso colore dominante del veicolo. Si avvicinò a noi con passo sicuro, le mani in tasca, la testa alta. Gli occhiali da sole coprivano alla perfezione la parte superiore del suo viso; non troppo grandi da gravare sul naso né troppo piccoli da impedire di nascondere lo sguardo. I capelli, lisci e neri come l'oscurità della notte, si adagiavano morbidi sulle spalle, riuscendo a contornare alla perfezione i lineamenti ben definiti del volto che mostrava indifferenza. La giacca di pelle nera ricadeva morbida sui fianchi, terminando un po' sopra il bacino e permettendo alla maglia grigia sotto di lei di riuscire a rendersi visibile. I jeans erano strappati nelle ginocchia e ne accompagnavano alla perfezione la camminatura calma. Tra le labbra una sigaretta accesa, mezza consumata, prendeva posto vicino al piercing che attorniava uno dei lati del labbro inferiore. Al collo una collana dalla catenina in oro, il ciondolo nascosto sotto la maglia.
Mi resi conto che la figura che tutti noi stavamo ammirando altri non era che la nipote del signor Trevor. Si fermò davanti a noi e non riuscii a smettere di pensare a quanto fosse alta, riuscendo persino a superare lo zio che non perse tempo a porgerle la mano in segno di saluto. L'anziano signore si girò nuovamente nella mia direzione e sorrise genuinamente, avvolgendo le dita intorno al braccio non troppo muscoloso della ragazza per invitarla a fare un passo avanti.

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