Capitolo 32

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Non appena raggiungemmo il portico, Madame Berez ci accolse con preoccupazione in volto, richiudendo subito con estrema cura la porta d'ingresso alle sue spalle dopo aver dato una rapida occhiata nei dintorni. Sorella Mirta era seduta accanto a Rosalia e le stava raccontando l'ennesimo pettegolezzo sentito quella mattina al mercato; la figlia della vicina del pescivendolo era scappata con il ragazzo di cui si era innamorata o forse era sparita nel nulla senza lasciare traccia. In entrambi i casi, mi ricordava una storia già sentita prima o già vissuta.
Prendemmo posto sull'ampia panca imbottita disposta proprio sotto la finestra che dava sul piccolo giardino e, senza nemmeno rendercene conto, ci stringemmo le mani senza mai separarci, come se temessimo che un qualcosa di esterno, di maligno, potesse nuovamente allontanarci l'una dall'altra.
Il famoso piatto di biscotti al miele non tardò ad arrivare e la mia espressione turbata fu in grado di trovare un briciolo di calma nell'esatto istante in cui i miei denti ne spezzarono un piccolo pezzo, mentre Ally e Marajah presero ad ascoltare interessate i racconti affascinanti di Sorella Mirta, intenta a conversare indisturbata con la dolce Rosalia.

"È tutto vero, ti dico! Sono stata inseguita dalla polizia. La band si era sciolta da poco e dovevo trovare un'alternativa per poter campare, perbacco!"

"Che hai combinato?"

Le chiesi incuriosita, unendomi alla conversazione dopo aver deglutito l'ultimo morso di biscotto. Sorella Mirta rise di gusto, una risata al limite dell'inquietante, e puntò il suo sguardo fisso sul mio.

"Ho rapinato un museo. Una notte, dopo mesi di pianificazione, sono sgattaiolata dentro al museo d'arte e ho preso il più possibile. La polizia mi è stata dietro per mesi, ma alla fine hanno fatto cadere le accuse."

Ogni volta che sentivo Sorella Mirta raccontare una delle sue storie, dubitavo sempre meno della possibilità che fossero vere, ma continuavo ad ascoltarla affascinata perché, vere o no, era un'ottima oratrice e sapeva catturare con maestria l'attenzione di chi le dedicava una porzione del proprio tempo.
Madame Berez si avvicinò a noi poco dopo; lo sguardo dolce di una madre che voleva proteggere i suoi figli, il passo calmo, il sorriso costante sul suo volto che, nonostante tutto, nascondeva un velo di preoccupazione. Si sedette accanto a noi, tra me ed Ally, ci prese le mani e prese un respiro profondo.

"Ragazze, cos'è successo?"

Marajah le spiegò il perché della sua presenza in quella casa e, più nello specifico, nel paese, senza mai tralasciare nemmeno il più piccolo particolare ed una volta terminata la sua storia, indirizzò il suo sguardo verso la mia figura e spiegò cosa fosse successo poco prima di lasciare quel locale maledetto. Abbassai il capo sconfortata quando percepii la mano di Madame Berez sulla mia spalla; sapevo che in cuor suo voleva dare una mano, ma il dover ripensare a tutte quelle parole, quelle promesse che vennero infrante in un istante, mi portarono a percepire un dolore al petto che conoscevo fin troppo bene.

"Chiamo la polizia."

"No!"

Mi alzai di colpo ed impedii a Sorella Mirta di raggiungere il telefono disposto sul piccolo tavolo in cucina posizionandomi di fronte alla sua figura. Lei mi osservò confusa, così come le mie due amiche e il resto delle presenti, ed inclinò di poco il capo verso un lato. Presi un respiro profondo per consentire ai polmoni di rigenerarsi e chiusi gli occhi per qualche istante, per poi fissarli su quelli della donna di fronte a me.

"Non posso chiamare la polizia. Se lo faccio, sia Selene che il signor Trevor mi hanno fatto ben capire che non farei in tempo a sentire le sirene avvicinarsi. Altrimenti avrei già chiamato."

Le tre donne annuirono con fare sconfitto, poi Rosalia alzò il capo verso di me e sorrise, un sorriso di quelli delicati, che ti scaldano il cuore, pieni di speranza; ed è proprio quello che voleva trasmettermi in quel momento.

"Magari non tutto quello che ti ha detto è una bugia. Forse, e dico forse, un lieve interesse c'è. Non voglio difenderla, assolutamente, quella ragazza è piena di problemi e Trevor è uno di quelli."

"Cosa dovrei fare?"

"Tesoro, non siamo noi a doverti dire cosa fare."

Fu in quel momento che percepimmo un rumore improvviso proveniente dal perimetro esterno della casa; dei passi pesanti e costanti, lenti nel loro ripetersi, si susseguivano piano verso la porta d'ingresso, poi il silenzio. Restammo in silenzio come pietrificate, attendendo un qualche altro possibile segno di una presenza esterna. Pochi istanti dopo, un bussare deciso alla porta mi portò a sussultare. Tutto il mio corpo prese a tremare ed il mio indice iniziò a grattare con insistenza il pollice per via dell'ansia e dello stress, fino quasi a causarne una piccola ferita.
Sorella Mirta ci guardò preoccupata e mise il dito davanti alle labbra per indicarci di non fare rumore, ottenendo in risposta un accenno di consenso da parte nostra. La vidi avvicinarsi piano alla porta per poi sporgersi di poco verso l'occhiello; si sistemò gli abiti e si scrollò di dosso gran parte della paura e preoccupazione che provava, riuscendo ad acquisire uno sguardo neutro e costante.
Non appena permise alla grande lastra di legno massiccio di farsi da parte, fui finalmente in grado di vederla; Selene era ferma lì davanti, composta, con le mani in tasca ed uno sguardo terrorizzante in volto. Guardò sorella Mirta per pochi istanti, per poi rivolgere tutta la sua attenzione su di me. Trattenni il fiato nel vedere i suoi occhi glaciali scrutarmi con attenzione ed il lieve tremore che accusavo prima non perse tempo a tramutarsi in panico.

"Sono venuta a riprendermi ciò che mi appartiene."

La sua voce era talmente fredda, talmente statica, da farla somigliare quasi ad un androide. Sorella Mirta non disse nulla, semplicemente si posizionò meglio davanti alla porta ed allargò il petto come a volersi fare più grande per impedirle il passaggio. Selene sghignazzò divertita, si sistemò qualche ciocca ribelle e aggiustò il colletto della camicia; poi, la vidi estrarre una pistola dal retro della cintura e puntarla direttamente allo stomaco della signora di fronte a lei, continuando a soggnignare come se fosse un gioco divertente. Mi alzai di botto lasciando le mani delle mie amiche e, dopo aver urlato un "no!" disperato, mi avvicinai a grandi passi verso l'uscita di quella casa, quell'unico posto che mi infondeva sicurezza e dal quale non me ne sarei mai voluta andare.

"Per favore, posa la pistola."

"Vieni con me."

Annuii sconfitta al suo ordine e, dopo essermi girata un'ultima volta verso le altre ed averle salutate con lo sguardo, lasciai quelle mura sicure e mi diressi all'auto lasciata poco distante. Selene sorrise vittoriosa, mi avvolse il fianco con il suo braccio e mi strinse a se, lasciandomi poi un bacio sulle labbra. Terrorizzata dalla figura vicino a me, ricambiai tremante quel bacio e rimasi in silenzio durante tutto il viaggio di ritorno alla villa, osservando fuori dal finestrino e desiderando in cuor mio di potermi svegliare da quell'incubo infernale.

SaraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora