Capitolo 2

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Stavo tremando e non perché sentissi freddo, no; tremavo perché ogni fibra del mio corpo sapeva di essere in pericolo. Avevo paura e l'idea di non sapere cosa mi sarebbe accaduto non faceva che aumentare questa sensazione. Xavier, il ragazzo eccentrico che incontrai poco prima, non smise per un secondo di fissarmi mentre le sue orecchie percepivano quelli che senza dubbio dovevano essere degli ordini da parte di qualcuno più in alto di lui nella catena della sopravvivenza.
Ero seduta nel retro di una di quelle auto d'epoca per cui i patiti impazzirebbero, ad osservare con attenzione il ragazzo all'esterno assumere uno sguardo imbronciato ed annuire dopo aver terminato la conversazione con un uomo che fino a quel momento non avevo mai visto. L'uomo palestrato non partecipò a quella piccola riunione privata; dopo avermi espulsa a forza dalla stanza e trascinata con poca delicatezza fino al cortile, scomparve nel nulla come un'anima in pena condannata a vagare in eterno, intrappolata tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Non mi chiesi che fine avesse fatto perché, di sicuro, non meritava di risiedere tra i miei pensieri, e continuai a guardare fuori da quel finestrino limpido, poggiando la fronte sul vetro trasparente mentre le mie mani si torturavano a vicenda.
I due si strinsero la mano e si salutarono cordialmente per poi separarsi definitivamente. Xavier raggiunse il veicolo con passo calmo e ne occupò il posto guida, girandosi nella mia direzione solo dopo essersi accertato di avere tutto sotto controllo. Sorrise con quel suo sguardo truce, allungando una mano per prendermi il mento e rivolgere la mia più completa attenzione verso di lui. La corda che aveva legato intorno ai miei polsi iniziava a dolere per quanto fosse stretta; di sicuro avrebbe lasciato i segni.

"A quanto pare il grande capo ha altri progetti per te, bambolina."

Rise in una maniera talmente isterica da incutere terrore, smettendo improvvisamente dopo qualche istante e tornando a concentrarsi sul volante con fare serio. Uscimmo dall'ampio cortile e subito venni pervasa dal panorama che scorreva libero accanto a me. Mi chiesi perché non mi avesse incappucciata come quando mi svegliai in quel furgone, ma realisticamente parlando non fui in grado di trovare una risposta adeguata.
Non seppi dire per quanto tempo restammo all'interno di quell'auto, vagando per le strade di una cittadina a me totalmente sconosciuta ma talmente bella da affascinare lo sguardo, ma a giudicare dal repentino cambio di luci, ipotizzai che fossero passate un paio d'ore. Mi presi del tempo per osservare i lineamenti induriti del ragazzo, posizionandomi meglio sul sedile perfettamente conservato del veicolo, mentre la mia mente non poteva fare a meno di formulare domande su domande. Sapevo che non avrei dovuto parlare, ma il mio desiderio di risposte era troppo grande per permettermi di tacere ancora, così azzardai una mossa che avrebbe potuto avere brutte conseguenze: parlai.

"D-dove mi stai portando?"

"Sta zitta."

Borbottò con rabbia, inspirando a fondo ogni particella d'aria presente nelle sue vicinanze. Girò ad un incrocio senza curarsi delle persone intente ad attraversare la strada, rischiando di investirle, e rise nel vedere i loro volti colmi di spavento, godendone come farebbe un mostro con il solo scopo di divorare i sogni dei bambini. Dopo quell'episodio non dissi più nulla nella speranza di poter attenuare la sua anima irrequieta almeno per il resto del tragitto e mi trovai a pensare ad Ally e Marajah, ipotizzando cosa stessero facendo in quel preciso istante e cosa si stessero dicendo, ma, soprattutto, sperando che stessero bene. Senza nemmeno rendermene conto, delle lacrime traditrici presero a rigarmi il volto silenziose, atterrando sulla corda che continuava a stringermi saldi i polsi che ormai avevo iniziato a non sentire più. Mi morsi il labbro per evitare di singhiozzare ed imposi alla mia voce di tornare al suo stato di riposo nel quale era rimasta per molto tempo.
Quando finalmente la macchina si fermò, tirai un sospiro di sollievo e mi affacciai per cercare di capire dove fossi stata portata, notando un enorme cancello che portava ad un viale ben curato per poi terminare nei pressi di una grande villa. I dettagli accurati del giardino furono la cosa che mi colpì maggiormente; ogni cespuglio era levigato a formare una figura, ognuna diversa dalle altre, e la fontana posta al centro della piccola piazza dimostrava splendore con i suoi angeli alati. Uscii dall'auto dopo che Xavier aprì la portiera e mi osservai intorno con sguardo ammaliato da cotanta bellezza architettonica. Un paio di statue adornavano il grande ingresso della villa, maestose come Dei antichi, e il portone stesso risultava essere intagliato con eventi mitologici.
Per poco non caddi quando il ragazzo mi spinse verso quella porta, estraendo subito dopo il cellulare dalla tasca dei suoi pantaloni in pelle ed affrettandosi a mandare un messaggio. Lo osservai dondolarsi di poco da un piede all'altro mentre il suo sguardo si concentrò sull'imponente architettura posta dinanzi a noi e il suo ghigno terrificante tornò ad impossessarsi del suo volto.

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