Capitolo 2

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«Dobbiamo passare nella sede del Consiglio prima di iniziare le indagini» stava dicendo Luigi mentre caricava i bagagli in macchina.

Dopo quella sera non avevano più parlato per alcuni giorni. O almeno, non cordialmente. Di solito erano Matilde e Andrea che discutevano, ma questa volta...

Giusto la sera prima della partenza avevano avuto la loro prima discussione. Era stato strano. Altea ancora doveva capire perché fosse successo.

Loro non potevano litigare. Luigi era diventato il suo punto fermo, la sua ancora. Quando si allenavano insieme tutto il mondo spariva mente loro rimanevano, sempre pronti a mettersi in discussione, a segnare nuovi confini da oltrepassare, nuovi limiti da superare. Lui la spingeva ad essere sempre migliore, a fare sempre di più e a porgerle una mano per aiutarla a rialzarsi, senza per questo essere meno spietato durante l'allenamento e il combattimento corpo a corpo.

Ma perché avevano litigato?

«Perché mi metti in bocca parole che non ho detto?» aveva urlato Luigi appena dodici ore prima.

«Hai paura che io sia così ingenua, una povera ragazza sola che viene da un buco di culo nel mondo, da farmi abbordare dal primo cafone che capita?»

Non ce l'aveva con Luigi, no davvero. Ma era così arrabbiata. Così arrabbiata.

«Abbordare?» aveva ripetuto Luigi, indignato. «Altea... Ti ho solo detto che devi stare attenta, che...»

«Lo so cosa hai detto!»

«NO INVECE! TU...» Aveva lasciato la frase a metà, la mano a mezz'aria in un gesto di esasperazione poi lasciata ricadere lungo il corpo.

«Io, cosa?» lo sfidò Altea. «Dillo, Luigi. Qual è il problema? È che sono andata a letto con uno con il quale non ero fidanzata ufficialmente? È questo?»

Luigi scosse la testa, una risata di indignazione gli segnava il volto. «Mi preoccupo solo per te, Altea. Forse non sei abituata, ma è questo che fanno le persone che ci tengono. Si preoccupano. Ti mettono in guardia. E se tu vuoi insultarmi e prendertela con me perché sei arrabbiata con Damiano, fa pure.» Le sue braccia erano distese in alto, era alla sua mercé. «Se questo ti fa sentire meglio va bene. Ma non farmi passare per quello che non sono» ringhiò. «Non mettere in dubbio la mia lealtà e il mio...» Una parola così pesante rimase in sospeso tra di loro. «Non farlo, Altea. Non me lo merito.»

Dopo quella discussione a malapena si erano guardati in faccia. Luigi forse per il risentimento. Altea per la vergogna.

Sapeva bene che quello di Luigi voleva essere solo un modo per proteggerla, per introdurla in un mondo che non conosceva. Ma c'era qualcosa che l'aveva pizzicata nel profondo. Qualcosa a cui non riusciva a dare voce.

Partirono con due macchine, quella dei fratelli Schiarelli e il furgoncino di Matilde. Le ragazze li seguirono lungo la strada sterrata e mentre le macchine avanzavano oltre il confine del paese, Altea si girò per un attimo a guardare quelle case così familiari sparire oltre la curva di una strada che non aveva mai imboccato prima di quel giorno.

«Ti stai chiedendo se rivedrai mai casa tua?»

Si girò verso Matilde che le sorrise. Annuì.

«Andrà tutto bene, Altea. Ce la faremo.»

Altea soppesò le parole dell'amica. «Certo che ce la faremo.»

La macchina guidata da Luigi le precedeva. Il paesaggio scorreva accanto a loro come se delle mani stessero sfumando un dipinto con la vernice ancora fresca, lasciando i suoi ricordi offuscati e i suoi pensieri annebbiati.

L'ora bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora