Capitolo 32

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Estate 1963

Sul bicchiere si era formato un sottile strano di brina. Il palmo della mano era freddo, ghiacciato, ma con quel caldo non poteva essere altro che piacevole. La vista dal terrazzo della sua nuova casa a Capri era a dir poco meravigliosa. Altea passava intere mattinate a guardarlo. La prima volta che lo aveva visto era stato quando era andata a cercare Elia, sulla costa degli scheletri, ma non era rimasto nella sua memoria come "la prima fatidica volta che aveva visto il mare". No. Era stato quando aveva preso la barca che l'aveva portata sull'isola.

Quel giorno il mare era piatto, calmo. Altea non aveva potuto fare a meno di riflettere su cosa avrebbero provato le persone se avessero scoperto che proprio quella distesa infinita di blu nascondeva alcune delle creature più spaventose del pianeta.

La seconda volta che aveva visto il mare era stato dal terrazzo della sua nuova casa. Amava quel terrazzo. C'erano delle filagne posizionate a incrocio, a formare un grande gazebo, il cui tetto era fatto interamente di fiori, nel dettaglio di Glicine, che formava dei grappoli di petali viola chiaro, stupendi. Sotto il gazebo, illuminato dai timidi raggi del sole che riuscivano a filtrare dalla pianta, c'era un divano fatto in vimini, sopra al quale erano adagiati dei grossi e pomposi cuscini bianchi. La ringhiera di ferro battuto affacciava sulle case sottostanti, che sfrecciavano tra il verde degli alberi fino a giungere al mare.

Inspirò a fondo, godendosi quel tipico odore che ormai da mesi impregnava tutto intorno a lei. Il lungo e sottile vestito bianco di lino si muoveva con il soffio leggero del vento, carezzandole la pelle. La ferita alla spalla destra era ben visibile sotto la bretellina sottile del vestito. Anche quella alla gamba era rimasta. Questo perché lei stessa aveva scelto di non assumere sangue di vampiro per guarire, ma andare al pronto soccorso e dichiarare di essere stata attaccata da un grosso lupo nei pressi del Lago del Turano, dove si trovava per fare una gita. Non era poi così lontano dalla realtà, no?

Bevve l'ultimo sorso di acqua e si diresse nell'abitazione. Varcò la porta finestra che collegava la cucina al terrazzo e posò il bicchiere del lavello. Prese la sua borsa, le chiavi, il cappello di paglia e uscì, diretta verso la sua nuova bici, decisa a fare un giro fino in centro e a comprare qualcosa di buono da mangiare. Aveva voglia di pomodori, mozzarella, basilico e pane fresco. E anche qualche pèsca.

Il pomeriggio decise di non andare al mare, ma stendersi sul suo bel divano e leggere un buon libro.

C'era silenzio in quel posto. Il rumore dell'infrangersi delle onde arrivava in modo ovattato fino alla sua casa, come una debolissima melodia che aveva lo scopo di ricordarle che non si trovava a casa sua, nel bosco, ma in un luogo nuovo, diverso, dove non c'era storia, dove nessuno la conosceva, dove non c'erano ricordi, se non quelli che portava dentro di sé quella casa.

Damiano.

Ricordava ancora quando era entrata la prima volta e aveva trovato un biglietto sul tavolo in legno della cucina, vicino a un mazzo di margherite bianche.


Altea,

se stai leggendo questo biglietto significa che hai accettato il mio dono, e questo mi conforta più di quanto tu possa immaginare. Eppure so che se ti trovi qui oggi, è anche perché la tua vita ha imboccato una strada oscura e tenebrosa nella quale ti ho condotta io stesso.

Vorrei dirti che me ne rammarico, e in parte è vero. Ma questo significherebbe rinnegare di averti conosciuta, di averti scelta e di averti amata.

Non sono mai riuscito a dimostrarti pienamente il mio amore, e so di non aver mai meritato tutto quello che tu mi hai dato. Avevo perso la strada e... ho trovato te. La finestra aperta della tua cucina nel cuore della notte è stata la prova lampante di quanto il tuo cuore sia grande.

L'ora bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora