Léandre poteva controllare tutti. Tutte le persone all'interno di quella cappella, ognuna di loro, e forse anche quelli al di fuori. Avrebbe potuto ucciderli tutti con un solo pensiero, farli scannare tra di loro e uscire come se niente fosse successo.
La cappella, a differenza del resto del castello, era illuminata come la stanza nella quale Altea ed Elia erano stati rinchiusi. Sulla destra c'era un grande quadro che raffigurava angeli e santi tra le nuvole. Alcuni leggevano, altri allungavano la mano l'uno verso l'altro... chissà se avrebbero mai pensato di ritrovarsi a essere spettatori di così tanto male.
I figli di Lucifero nel regno dei cieli. Nel luogo santo, dove si chiedeva redenzione dai peccati.
Quanti peccati avevano da farsi perdonare? Altea credeva che ognuna di quelle persone non potesse contarli sulle dita di una mano. Già solo il fatto di togliere una vita... Quasi le venne da ridere ricordando la determinazione e l'adrenalina che aveva provato mentre si allenava con Luigi, Matilde e Andrea per diventare una cacciatrice. Incoerente, considerando il fatto che la notte ancora aveva gli incubi per Luciano. Per non parlare di Damiano... Lui però non lo aveva ucciso. Ma era stata complice. E c'era forse differenza? Forse avrebbe potuto chiederlo a quei santi nel quadro, o a un qualunque Dio stesse gettando un occhio dentro a quel luogo sacro.
Damiano però voleva morire. Lui era felice. Aveva scelto di morire. La vita per lui era diventata insostenibile, non aveva più niente da dare. Nemmeno a lei. Solo con il tempo si era accorta che dietro di sé, nel breve periodo che avevano passato insieme, c'erano come degli spazi vuoti. Lunghe pennellate di colore e tanti buchi neri. E l'amore non doveva essere così. Non doveva lasciarsi dietro tutta quella oscurità. E allora perché? Perché?
Altea alzò gli occhi e il suo sguardo si scontrò con quello di Luigi. In quel momento, per un istante, fu come se i due potessero parlarsi. Come quando si parlava con Léandre. Aveva preso il sangue del vampiro. Si erano incontrati di nascosto. Ma cosa aveva chiesto Léandre in cambio?
«Vuoi il potere? Vuoi essere Alfa? Un vero Alfa? Allora sai cosa devi fare per conquistare il tuo posto» disse Elia.
Altea si riscosse dai suoi pensieri e guardò i due licantropi fronteggiarsi. Elia iniziò a girarle intorno, ma non si avvicinava, probabilmente perché Léandre glielo stava impedendo.
"Stai parlando con Elia?", gli chiese Altea. Lèandre non rispose. Altea provò a girarsi, ma Léandre strinse la presa.
"Ci sono quasi!"
La voce di Amelia era flebile. Più usava il suo potere, più si affievoliva, come se non riuscisse a dividerlo equamente per rimanere in contatto con loro e mettersi in contatto con le streghe.
Altea vide che non era l'unica a dedicare la sua attenzione alla strega. Un uomo, non sapeva se licantropo o no, ma a giudicare dalle movenze goffe ritenne fosse un umano, si stava facendo largo tra la folla, avvicinandosi sempre di più. Altea si alzò sulle punte e artigliò il braccio di Léandre, assalita dal panico.
«No. No. No. Oddio» sussurrò.
L'uomo, calvo e con un mascella esageratamente quadrata, era a pochi passi. Altea stava per urlarle di stare attenta quando improvvisamente questo... si fermò.
Per alcuni istanti rimase fermo, Altea paralizzata e assordata dal battito del suo stesso cuore.
L'uomo si voltò verso di loro, come tutti gli altri, come stesse guardando direttamente lei, o Ginevra e Elia, che si giravano intorno come avvoltoi. Lo sguardo era assente. Le braccia stese lungo il corpo.
"Devi contenere le tue emozioni e le tue reazioni, mia cara. Se Ginevra si accorge di qualcosa, sarai tu la causa della morte di Caterina."
Altea gli salì sul piede, affondando il tallone più che poté. "Vaffanculo, Léandre. Non tutto quello che succede è a causa mia. Chiediti piuttosto come abbia fatto una vampiro-stregone millenario a lasciare che gli rapissero la fidanzata."
"Lei non è la mia fidanzata. È la mia compagna" rispose, come se lei non lo avesse appena insultato, mantenendo una calma e una compostezza invidiabile.
Stava per alzare gli occhi al cielo... ma si trattenne.
Controlla le emozioni.
Controlla le emozioni.
Controlla le emozioni.
«Sappiamo benissimo che in un duello copro a copro non potrei mai farcela. Credi sia stupida, marito mio? È qui» disse indicandosi la testa, «che sta la differenza. Finché comanderanno solo quelli con tanti muscoli e niente cervello, nessuna di noi avrà speranza di diventare Alfa del proprio branco. Ma sai una cosa?» disse sprezzante. «Che si fottano. Che si fotta l'intero branco!» urlò. «Io posso fare molto di più. Ho in pugno tutti voi! Ognuno di voi risponde a me!» Il suo dito passò al setaccio ognuno dei presenti mente li guardava a uno a uno, finché i suoi occhi assassini non si posarono su Matilde. E lì restarono.
Calò il silenzio.
"Léandre."
"Le hai trovate?" chiese Léandre ad Amelia.
"No."
Pochi secondi che sembrarono durare attimi.
Ginevra si avvicinò a Matilde, lo sguardo colmo di follia. Matilde aveva gli occhi sbarrati, spauriti, e si dimenava. Iniziò a urlare, ma il bavaglio attutiva la sua voce.
Andrea le gridava di non toccarla.
Gli occhi di Luigi erano tornati bianchi.
I seguaci di Ginevra si godevano la scena come stessero guardando un porno, mentre gli altri cacciatori erano inermi, ma tenevano ancora le lame a mezz'aria, pronti a colpire. Forse non sapevano, o l'avevano capito ma non avevano intenzione di arrendersi, che Lèandre li avrebbe potuti uccidere tutti, con o senza proiettili che tornavano indietro. Con o senza coltelli.
"AMELIA!" gridò Altea.
Ginevra ora era davanti al copro di Matilde, la sovrastava come una dea della morte vestita di sangue, i capelli scuri come l'ombra del male, gli occhi assassini da cui uscivano le fiamme dell'inferno.
Era pura follia. Non c'era raziocinio dietro il suo pensiero. Forse all'inizio aveva avuto un scopo più profondo, un desiderio di vendetta per qualcosa che riteneva un'ingiustizia. Ora era rimasta solo l'alienazione.
Nessuno poteva muoversi; Léandre li teneva fermi.
«LÉANDRE!» urlò Altea, assalita dal panico.
"Eccole" disse Amelia. "Le ho trovate."
Andrea urlava, Luigi urlava, Elia urlava. Tutti urlavano.
Altea si dimenò tra le braccia del vampiro, piangendo e gridando, mordendolo con tutta la forza che aveva, ma lui non si muoveva. Non si muoveva.
«LA UCCIDERÀ. LA UCCIDERÀ.»
Ginevra era talmente fuori di testa da non accorgersi di niente, nemmeno del fatto che Altea avesse pronunciato il suo nome.
« LÉANDRE! LÉANDRE! TI PREGO!»
"L'hai trovata?" chiese Lèandre, riferendosi a Caterina. Ma Amelia non rispondeva.
Ginevra alzò la mano in aria, il palmo aperto, le dita stese in avanti, come volesse afferrare qualcosa.
Andrea e Luigi spararono dei colpi, ma i proiettili non raggiunsero Ginevra, cadendo a terra circa un metro prima.
"L'HAI TROVATA?" gridò il vampiro-stregone, la prima volta in cui Altea sentì trasparire una sua emozione.
Poi successero più cose, contemporaneamente.
Amelia sbarrò gli occhi, viola come i fuori di campo. I capelli smisero di muoversi, ricadendo lungo le spalle e la schiena, incorniciandole il viso.
"È fatta."
Andrea e Luigi... i loro volti divennero bianchi come la neve, gli occhi spalancati in un'espressione incredula. Quelli di Luigi tornarono umani.
Elia ringhiò, mettendosi in posizione di attacco, come volesse saltarle addosso, ma non poteva muoversi.
Altea gridò e svenne.
L'ultima cosa che sentì, furono le braccia di Léandre che la sostenevano.
L'ultima cosa che vide, fu il braccio di Ginevra dentro al petto di Matilde.
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L'ora blu
FantasyFin da quando era piccola Altea aveva sempre desiderato viaggiare e vedere cosa ci fosse oltre il limitare del bosco. Ora ne avrà l'opportunità. Il Consiglio dei Cacciatori le ha assegnato la sua prima missione ufficiale: scovare il nascondiglio di...