Capitolo 6

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C'era una porta, nascosta in un angolo della sala, proprio sulla stessa parete dove si estendeva quell'immenso bancone da bar. Altea e il cameriere la varcarono e mossero i primi passi in uno stretto corridoio che svoltava a sinistra. Sentì improvvisamente freddo e la pressione delle lame sulle cosce era di estrema consolazione.

Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva dove stava andando, né cosa avrebbe dovuto fare o dire per non tradire la sua misera copertura. Ma quella poteva essere una buona occasione per ottenere altre informazioni, quindi si fece forza, smise di torturarsi le dita come una scolaretta intimidita e tirò su il mento.

Quando si fermarono davanti a una porta nera però la salivazione le venne meno e anche il coraggio.

«Come funziona esattamente?»

Il cameriere aveva poggiato la mano sulla maniglia, ma non l'abbassò. Le sorrise amabilmente, forse intenerito dal suo disagio e dalle gote rosse.

«Innanzitutto ci tengo a dirle che tutto questo non prevede un pagamento. L'incontro con i nostri ballerini è un servizio offerto dal locale, compreso nel prezzo ed è assolutamente consensuale. In queste stanze non avviene niente che uno non voglia, e se il ballerino o la ballerina stessa decidono di non voler vedere nessuno sono liberissimi di non farlo.»

«Quindi, quando vogliono vedere qualcuno è per...»

Il cameriere si fece più serio, un'espressione di controllo, per farle capire che non stava scherzando e che era al sicuro. «Per fare, o non fare, qualsiasi cosa lei desideri.»

Altea annuì e buttò fuori aria dal petto, sperando di scacciare via anche un po' di ansia. «Va bene.»

Appena il cameriere aprì la porta, Altea varcò la soglia, come per paura che avrebbe potuto ripensarci, e rimase ferma oltre di essa finché non sentì il rumore della porta richiudersi.

Sollevò lo sguardo.

La stanza era piccola e intima, non c'erano finestre, tutta sui toni del nero, grigio e bianco. Al centro di essa, un grande letto di forma rotonda occupava quasi tutto lo spazio. Sulla destra, una vasca da bagno.

Altea non aveva mai visto una vasca da bagno in camera da letto.

Sul soffitto, proprio sopra al letto, c'era un grande specchio della stessa grandezza del materasso. Quello sì che era strano! Uno specchio sul soffitto...

Mosse qualche passo timido verso il centro della stanza e si avvicinò alla parete di sinistra, che era ricoperta da tendaggi neri che forse avevano lo scopo di far credere che la stanza continuasse, che quello fosse un piccolo sipario privato solo per i suoi occupanti. L'effetto era bello, ed effettivamente rendeva il tutto meno soffocante.

Non c'era aria stantia, né di umidità; questo grazie alle piccole ventole di areazione poste in alto.

Quella stanza trasmetteva tutto fuorché l'idea di bere un tè e farsi una chiacchierata. Anche perché oltre il letto non c'era nient'altro sul quale sedersi per parlare.

Il rumore della porta che si apriva la fece sobbalzare e farle rischiare di svelare il nascondiglio dei suoi pugnali. Pugnali, realizzò, che il ballerino avrebbe trovato molto facilmente se avesse provato a toccarla per fare quello che Altea immaginava volesse fare.

Doveva stare attenta a non farsi toccare.

Almeno non lì.

«Ciao.»

Quell'odore, lo stesso che aveva sentito in sala. Muschio. Terra. Pioggia. Per un attimo chiuse gli occhi, assuefatta da quei profumi che sembrarono sovrastare tutti gli altri quattro sensi.

L'ora bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora