Capitolo 36

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Le sue mani scivolarono dietro le cosce di lei e con una mossa la sollevò da terra, facendola sedere sopra il tavolo della cucina. La baciò come volesse divorarla, come un vagabondo messo davanti a una tavola imbandita. Era vorace, intenso, ma non aggressivo.

Altea provava una strana sensazione, qualcosa alla quale non sapeva dare un nome, qualcosa di mai provato prima. Si lasciò trascinare via da quella sensazione, senza opporre resistenza, lasciando che tutto scorresse, in parte perché non aveva più la forza. Voleva solo non pensare più a niente, annullarsi. In parte perché il desiderio nascosto che bruciava dentro di lei stava graffiando per venire fuori, come una pantera in gabbia pronta a distruggere tutto pur di uscire; e lei non poteva più opporvisi.

Le loro bocche si strusciavano e si mordevano, le loro lingue si intrecciavano in modo lento e sinuoso, e sembrava che non esistesse incastro più perfetto di quello. Come fossero stati creati apposta per unirsi, in qualsiasi modo possibile.

Altea passò le mani in mezzo ai capelli di Luigi, sentendoli ancora umidi al tatto. Il temporale fuori imperversava, i tuoni sembravano scandire i battiti del loro cuore, lo scrosciare della pioggia, gli ululati del vento, le tende bianche che si muovevano come avessero vita propria. Ma nulla importava, se non le mani di Luigi che la stringevano e la toccavano.

Non la stava solo baciando. Mentre lo faceva la teneva stretta a sé, petto contro petto, come volesse fondersi con lei mentre con le mani le toccava la schiena, le cosce, i capelli.

Avrebbero dovuto prendere fiato, ma non potevano. La sola idea di separarsi...

Infilò le grandi mani sotto al suo vestito, arrivando al sedere. Lo strinse e l'attirò ancora di più contro di lui, premendo la sua erezione sulla sua parte più sensibile, coperta solo dalle mutandine. Le sfuggì un piccolo gemito sommesso di piacere e tutto il corpo sembrava come vibrare, trapassato da scariche elettriche che avrebbero fatto impallidire i fulmini.

Gli afferrò la maglietta e il secondo che servì a sfilarla, quello che li tenne separati, sembrò fin troppo lungo. Ripresero subito a baciarsi mentre le mani di Altea scorrevano sulla sua schiena soda e muscolosa, sulle spalle larghe, sui bicipiti, sul petto, sull'addome duro e teso.

Luigi si staccò, e ad Altea sembrò le mancasse il fiato.

Rimasero in silenzio per un attimo, il fiato corto, stretti uno contro l'altra, occhi negli occhi.

«Che c'è?»

Gli occhi di Luigi brillavano, la flebile luce della luna sembrava come riflettere dentro di essi e Altea vi lesse tutta una serie di peccati che le fecero venire un brivido. Per un attimo gli ricordarono gli occhi dei licantropi, e sono per un millesimo di secondo, le tornò alla mente che non le aveva detto cosa aveva dato in cambio al sangue di Léandre.

«Io ti desidero.» Pronunciò quelle parole con estrema lentezza, intensamente, come volesse imprimerle nel vento. «Ti voglio. Adesso. Da sempre» continuò. «Ma il mio desiderio non si placherà questa sera.» Come per dare maggiore enfasi alle parole, le sue mani continuavano a toccarla; le gambe, le braccia, la schiena. «Ti voglio e ti vorrò sempre, Altea. Ma è giusto che tu sappia che non ho intenzione di condividerti» dichiarò, il tono che si fece più duro. «Se pensi di voler condividere la tua vita con me, di desiderarmi almeno la metà di quanto ti desiderio io...» Lasciò la frase in sospeso. «Voglio stare con te in tutti i modi in cui si può stare con una persona.»

Altea deglutì. Distolse per un attimo lo sguardo e lo posò sul suo petto. Lo accarezzò su e giù, sentendo i muscoli tesi e la pelle soffice.

«Mi stai dicendo che se faremo l'amore saremo una coppia?»

Luigi rispose al suo sorriso e le strinse le natiche. «Se fosse per me Altea, saremmo una coppia anche solo per il fatto che ci siamo baciati.»

Risero e Luigi le accarezzò il viso. «Dico sul serio.»

Altea si fece seria per un attimo e soppesò le sue parole. Luigi era un cacciatore e lo sarebbe sempre stato. Intorno a lui c'erano morte e oscurità, e non sapeva se sarebbe riuscito a far sì che queste cose non toccassero la loro vita privata. Non se la sentiva di tornare con i cacciatori, non era quello il suo posto. Ma guardandolo, una cosa le fu chiara: qualsiasi fosse il suo destino, Luigi ne faceva già parte. E continuare a mentire a sé stessa l'avrebbe solo fatta soffrire. Poteva scappare da tutto, ma da lui... sembrava essere dannatamente determinato a seguirla ovunque andasse. Allora forse poteva fermarsi e depositare il suo cuore dentro di lui. Per la sua mente e la sua anima tormentata invece... be', un passo alla volta.

Ora.

Era quello che contava. Il momento. Lui. Si perse nei suoi occhi e si portò una mano grande e callosa sul viso. Gli aprì il palmo e vi poggiò la guancia dentro.

«Questo silenzio mi deve far preoccupare?»

Un sorriso sghembo gli arricciava la guancia.

Lo voleva, e mai le era stato chiaro come fino a quel momento.

Lo amava.

«Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?»

Annuì. «Alla festa di fine estate. Era così scontrosa!»

Altea scoppiò a ridere. «Non ero scontrosa.»

«Lo sei sempre. Scontrosa. Testarda. Lo faccio io. Pago io. No, grazie» le fece l'eco stringendola in un abbraccio.

«Però la vuoi condividere la tua vita con questa ragazza scontrosa, eh?»

Luigi si sciolse dall'abbraccio abbastanza per poterla guardare negli occhi. «È per questo che mi sono innamorato di te.»

Altea sentì le sue gote avvampare per il modo e lo sguardo che aveva avuto nel dichiararle il suo amore. Diretto. Senza filtri. Sincero. Ringraziò che fosse in penombra.

«Però adesso» aggiunse, «ho bisogno che tu mi dia una risposta.»

Altea gli cinse il collo con le braccia e lo fece inchinare leggermente per poggiare la fronte contro la sua.

«Ti amo.»

Non servì altro al cacciatore per sollevarla dal tavolo e portarla in camera da letto.

L'ora bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora