«Mi sento ridicola.»
Altea continuava a inciampare e a sentirsi decisamente troppo nuda e imbarazzata. Luigi e Andrea avevano comprato dei vestiti adatti alla serata, che comprendevano una gonna che arrivava appena al ginocchio, che a ogni movimento si apriva a ruota scoprendo un'altra porzione della gamba, e una magliettina con le braccia scoperte con dei volant sbarazzini che ricadevano dalle spalle. Senza contare le scarpe con il tacco.
«Ho sempre desiderato un paio di scarpe così eleganti.»
Matilde non riusciva a sollevare lo sguardo dai suoi piedi, innamorata di quei vestiti così femminili, leggeri e di buona manifattura. Ad Altea invece mancavano i suoi scarponi con i calzini di spugna e le gonne lunghe e comode che usava di solito.
«Non potevano prendere anche a noi un paio di pantaloni?» si lamentò.
Matilde le diede una gomitata. «Femminilità, Altea. Stiamo andando in un locale.»
«Stiamo andando per lavoro» la redarguì. «E poi si può essere femminili anche con dei pantaloni.»
Matilde non rispose. Lei non era goffa come Altea con quelle scarpe, anzi. Sembravano fatte a posta per lei.
Non avevano potuto portare troppe armi con loro, primo perché le pistole erano troppo ingombranti, secondo perché i vestiti erano troppo succinti. Dovettero accontentarsi di due pugnali, ognuno assicurato alla coscia da un cinturino di pelle nascosto sotto alla gonna. Tremendamente scomodi. Per fortuna avevano il fodero.
Il White Moon si trovava nei pressi di Piazza Venezia, un luogo affollato e caotico. L'insegna era semplice ed elegante e proprio nei pressi dell'entrata c'erano gruppi misti di uomini e donne intenti a chiacchierare, bere e fumare sigarette.
Altea si sentì subito invadere dall'imbarazzo e sarebbe voluta correre via a gambe levate mentre si avvicinava a tutte quelle persone. Era convinta che tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di lei, proti a giudicarla, a farle capire quanto era fuori posto. Solo quando passò oltre e si avvicinò all'entrata si rese conto che in effetti nessuno l'aveva degnata di uno sguardo, che era solo una delle tante lì in mezzo.
Un gigante dai capelli rossi era davanti alla porta del locale, in giacca e camicia nera, con una lista in mano.
«Nome?»
Altea e Matilde si guardarono per un attimo.
Nome? Quale nome?
Altea si sentì assalire dal panico e mentre cercava di sbirciare sulla lista, Matilde prese in mano le redini della situazione.
Gonfiò un po' il petto, assumendo una postura tesa e ben disposta nei confronti del colosso. «Oh, serviva un nome? Deve scusarci, ma noi siamo nuove di qui e non sapevamo di dover dare un nominativo.»
«Senza nome non si entra. Sono le nuove regole» spiegò il gigante, lo sguardo rivolto verso il seno abbondante di Matilde, la quale si faceva sempre più vicino.
Gli poggiò una mano sull'avambraccio e si avvicinò ancora di più, sfiorandogli il braccio con il seno e adottando un bel sorriso ingenuo e civettuolo. «Nuove? Allora è per questo che non ne eravamo a conoscenza» disse rivolta ad Altea, che le sorrise accondiscendente. «Non può fare uno strappo alla regola per questa volta? Come le ho detto siamo in città da poco e il locale ci è stato consigliato da delle amiche che ce ne hanno parlato molto bene. Dicono che lo spettacolo ne vale la pena.»
L'enfasi che mise sulle ultime parole fece arrossire Altea. Questo però non le impedì di notare uno strano bagliore negli occhi della guardia, come una fiammella che si era accesa con l'abbassarsi di tono di Matilde, che gli sussurrava come fossero amanti.
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L'ora blu
FantasyFin da quando era piccola Altea aveva sempre desiderato viaggiare e vedere cosa ci fosse oltre il limitare del bosco. Ora ne avrà l'opportunità. Il Consiglio dei Cacciatori le ha assegnato la sua prima missione ufficiale: scovare il nascondiglio di...