Elia era a petto nudo, vestito solo dalla cintola in giù. Era steso a terra e faceva una fatica immane ad alzarsi. Altea stava per andargli incontro, ma lui alzò un mano e lei si arrestò a metà strada. La sua voce era bassa, strozzata, dolente, quando biascicò: «Mi hanno iniettato sangue di sirena.»
Altea si sentiva confusa. Le braccia lasciate cadere lungo i fianchi, incapace di muoversi, di riflettere. Cosa significava questo? Quanto gliene avevano iniettato? Era per questo che sembrava soffrire così? Che sembrava faticare a rialzarsi? Il rumore delle catene di Riccardo sembravano risuonarle in testa come mille trombe stridenti. Il licantropo, preda del dolore, in fin di vita, rispondeva alla presenza del suo Alfa anche in quel momento, e ad Altea le si rizzarono i peli delle braccia.
Elia si sollevò e barcollò contro la parete di destra, incappando nella telecamera e facendola cadere a terra. La luce rossa si spense, e proprio mentre Altea si chiedeva cosa sarebbe successo, la porta si aprì. Un rumore di tacchi sembrò come lacerare il silenzio. nemmeno le catene di Riccardo produssero più alcun rumore. Questo si raccontava; che erano le catene a muoversi autonomamente e non il corpo straziato di Riccardo che si dimenava come un pezzo di carne appeso in una macelleria.
Tac-tac. Tac-tac. Tac-tac.
Delle lunghe gambe varcarono la porta a due battenti. Altea ne seguì la figura alta e slanciata, fino al viso. Le ci volle un po' per ricordare dove aveva già visto quel viso, ma allora era diverso. Lei era sull'orlo del pianto, timida, spaurita, debole, vittima di un'apparente legge del branco che la vedeva succube della scelta di un fratello crudele. Ora invece Ginevra era davanti a lei, in piedi, la schiena dritta, lo sguardo impavido, fiero, mentre osservava le persone davanti a lei. un lungo vestito rosso, stretto in vita con la gonna lunga e morbida la fasciava come fosse una regina di sangue. I capelli sciolti in lunghe e morbide onde, gli occhi freddi, distanti, ma fieri.
Alzò un dito e lo puntò nella sua direzione. «Quello sguardo» esordì. «È quello che mi fa capire che sto facendo la cosa giusta.»
Qualcosa non andava. Altea non riusciva più a parlare. La sua spavalderia, la sua adrenalina, quella capacità di trasformare la paura in forza sembrava come... svanita. Si sentiva un guscio vuoto, fragile, in procinto di rompersi da un momento all'altro.
«Dove sta Mattia?»
Elia si era sollevato, ma era rimasto poggiato al muro. Il suo corpo era madido di sudore, le sue pupille dilatate, i capelli biondi incollati alla fronte. Il petto asciutto e muscoloso si alzava e abbassava velocemente, l'addome teso e rigido, forse per il dolore, disegnava gli addominali.
«Dove vuoi che stia?» rispose arrogante Ginevra senza nemmeno voltarsi a guardarlo. «A cuccia.»
«Che stai facendo, Ginevra? Sei impazzita?» Le domande uscivano con sofferenza dalla bocca di Elia, che a volte si stringeva la testa, a volte le braccia, come preda di colpi invisibili inflitti sulla sua pelle. Solo allora la licantropa si voltò verso quello che sarebbe dovuto essere il suo futuro marito. Nei suoi occhi crebbe il fuoco e Altea poté vedere come a ogni parola pronunciata, quel fuoco venisse alimentato da un odio profondo, viscerale, pieno di risentimento, mentre si avvicina lentamente a lui.
Tac-tac. Tac-tac.
«Quello che dovresti chiederti è: come ha fatto Ginevra ad arrivare fino a qui? Giorno dopo giorno, ho attuato il mio piano. Ti portavo via i tuoi amati clienti da sotto agli occhi. Ti mettevo contro i tuoi stessi lupi e tu nemmeno te ne accorgevi. In fondo io chi sono per te? Solo una lupa da scopare, quella che resterà per sempre all'ombra dell'Alfa, non è così?» Si fermò a pochi centimetri da lui, e senza staccargli gli occhi di dosso, si rivolse ad Altea. «Perché è questo che siamo noi donne, non credi anche tu, cacciatrice? Un'ombra.» Ringhiò. «Troppo deboli per essere Alfa. Troppo forti per non esserne almeno la compagna. È questo quello che ci raccontano gli uomini, non è così?» Afferrò Elia per i capelli e gli sbatté la testa contro il muro. Il rumore che produsse fece sussultare Altea, che abbassò lo sguardo al pavimento. «Siamo confinate nel limbo.» Sussurrò. «Sai...» Tac-tac. Tac-tac. «Nessuno mi ha mai chiesto se aspirassi al posto dell'Alfa. E sai perché?» La dove prima c'era solo pavimento, ora si erano affacciati un paio di tacchi neri. «Perché sono una donna» mormorò.
Ginevra le alzò il viso, costringendola a guardarla. Altea vide una donna ferita, spaventata, talmente tanto da averla portata alla follia. I suoi occhi non erano altro che finestre che affacciavano su un vortice nero, infinito, di freddo e vuoto. Solo allora capì di non aver mai provato la paura vera.
«Dovevo sposarmi. Diventare una moglie. Una madre. La compagna dell'Alfa. E poi?» Fece ricadere la mano. «Poi più niente. Tu avevi i locali» riprese a voce più alta, tornando a guardare Elia. «Il branco. L'affetto. Avevi TUTTO!» gridò. «Ma io» continuò, il tono di voce di nuovo basso, ma che esprimeva tutto il suo disgusto. «Si dava per scontato che io dovessi accontentarmi di quello che mi era stato dato. Sai, cacciatrice» si voltò verso Altea, un ghigno divertito e allo stesso tempo disgustato le segnava il viso. «Nel branco non è concesso alle donne battersi per il ruolo di Alfa. Questo perché si crede che non possano battere un lupo maschio.» Tac-tac, in direzione di Elia. «Eppure, guardami adesso, Alfa» decantò allargando le braccia. «Guardali» indicò i corpi appesi al soffitto. «Non sembrano poi più forti di me, non credi?»
«Sai qual è la prima regola di un Alfa?» Elia si staccò dalla parete, e con grande difficoltà, riuscì a rimanere in piedi senza cadere. «Proteggi il tuo branco.» Puntò anche lui un dito verso i due uomini. «Proteggi il tuo branco!» ringhiò.
Ginevra in un attimo fu di fronte a lui, una mano stretta sul collo, la voce deformata in un ringhio rabbioso. «Sei come quell'idiota di tuo fratello. È facile manipolare un uomo che non ha spina dorsale. Potevamo regnare insieme. Lui poteva capire cosa significa stare all'ombra di qualcuno. Invece no, sempre fedele, come un bravo cane, al fratello maggiore che si è preso il trono non per merito ma per eredità. Tutto quello che è successo, il modo in cui sono riuscita a sbriciolare la tua vita, dimostra che non potrai mai essere Alfa.»
Quando lo lasciò andare Elia scivolò a terra, tossendo fino allo sfinimento per immettere aria nei polmoni. Possibile che il sangue di sirena non gli permettesse di reagire? Che lo sfiniva a tal punto? Non doveva avere un effetto eccitante?
«Sono stata convincente in quella scenetta, non è vero cacciatrice?»Si mise al centro della stanza come fosse il suo palco personale, desiderosa di essere ammirata da tutti. «La povera ragazza indifesa. La vittima. Mi hai molto delusa. Ma sai cosa? È stato proprio vedendo te che ho capito che il marciume va pulito dall'interno. Che le prime nemiche delle donne sono quelle come te. Stupida campagnola ignorante.»
«Non ho mai escluso che potesse essere una donna» biasciò Altea, la voce ridotta a un flebile sussurro.
«No» replicò Ginevra avvicinandosi a lei. «Ma non hai mai pensato veramente che una donna fosse capace di tanto, non è vero?»
Altea sollevò lo sguardo e un'improvvisa furia le attraversò le vene. «Nessun uomo e nessuna donna dovrebbe essere capace di fare questo.»
Ginevra rimase seria per un secondo, poi rise divertita, con arroganza, guardandola dall'alto in basso. «Tu non hai idea di quello che sono capace di fare. Ma lo scoprirai presto.»
Velocemente, girò su se stessa, e con passo spedito si diresse verso le porta. «Sarà una lunga notte, cacciatrice.» La porta si aprì prima che lei potesse bussare o fare altro, ma la licantropa si fermò prima di varcarla. Si voltò verso Elia e uno sguardo di odio e godimento le attraversò il viso. «Benvenuti nella vostra sala della perdizione personale. Oh, e... grazie per l'ispirazione. Marito.» Si incamminò di nuovo verso la porta. «Mi piace filmare e rivedere l'operato, ma non fa niente. È sempre molto soddisfacente anche vedere direttamente ciò che ne resta.»
«Di cosa?» chiese Altea, le braccia strette contro il petto.
Sul volto di Ginevra si disegnò un sorriso maligno, la rappresentazione perfetta del male, più spaventoso della veela. «Di voi.»
Le porte si chiusero e Altea rimase immobile finché il rumore di tacchi non svanì nel nulla, lasciando solo silenzio.
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L'ora blu
FantasyFin da quando era piccola Altea aveva sempre desiderato viaggiare e vedere cosa ci fosse oltre il limitare del bosco. Ora ne avrà l'opportunità. Il Consiglio dei Cacciatori le ha assegnato la sua prima missione ufficiale: scovare il nascondiglio di...