Capitolo 47

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Distese di colline si estendevano davanti a lei. Il tramonto dietro agli alberi illuminava il cielo come stesse prendendo fuoco, la stessa sensazione che sentiva dentro di sé.

Era arrivato il freddo quel giorno, come se anche il mondo sapesse che due cuori si erano allontanati, due cuori destinati a stare insieme. Era forse per quella familiare sensazione di dolore che sentiva dentro al petto che era tornata la dove aveva detto addio a Damiano, l'uomo che l'aveva condotta su quel sentiero tortuoso dove aveva trovato guerra e amore, paura e gioia.

Il fiato le si condensava in nuvole dense che il vento portava via, muovendole i capelli avanti a indietro. Aveva il giaccone aperto e la sua gonna svolazzava scoprendole le caviglie e facendo filtrare l'aria dentro le ossa.

Si beò di quella sensazione perché la faceva sentire viva, mentre con le mani in tasca guardava verso l'orizzonte infinito, come se proprio lì da qualche parte potesse vedere Luigi che con il suo borsone di pelle poggiato sulle spalle se ne andava via da lei per raggiungere Léandre.

Avevano fatto l'amore quella notte stessa e tutta la mattina. Si erano abbracciati e toccati come se da quello ne dipendesse la loro sopravvivenza, e con la promessa che presto sarebbe tornato da lei, si era voltato e se ne era andato.

Dagli occhi di Altea non scese nemmeno una lacrima. Sentì divampare dentro di sé le fiamme della paura e ci buttò sopra altra legna. Le sentì esplodere fino a scaldarle tutto il corpo.

Il giorno si fece più scuro e sullo sfondo una particolare nota di blu dipinse il cielo, come se qualcuno vi avesse passato un pennello intriso di acquerello.

«Sai cos'è l'ora blu?»

Altea girò il volto verso destra, dove si trovava Elia. Lui non aveva indosso giacconi, né maglioni pesanti per proteggersi dal freddo. Se ne stava lì, con le braccia incrociate sul petto e fu chiaro quanto lui ‒ e di conseguenza i licantropi ‒ appartenessero a tutto quello. Come se il prato, gli alberi, il sole, il vento, fossero una parte di lui. Lo sentì dentro di sé grazie al suo marchio. Sentì lo spirito di Elia in perfetta armonia ed equilibrio con la natura che li circondava; mentre lei assisteva come spettatrice a tutto quello, lui ne faceva parte.

Elia indicò il cielo blu davanti a loro, così Altea tornò a rivolgere il suo sguardo in quella direzione mentre le parole di Elia le vorticavano intorno e poi venivano portate via dal vento.

«È una fase di intersezione tra il giorno e la notte che si presenta nello stesso modo antecedentemente al sorgere del sole e immediatamente dopo il tramonto. Come uno spazio vuoto nel quale puoi ancora decidere se guardare alla luce o al buio.»

Altea si perse nell'infinito di quel blu che mano mano si faceva più scuro. Chiuse gli occhi e inspirò l'odore del bosco, ascoltò il cinguettio degli uccelli che andavano a nascondersi nei loro nidi per la notte. Assorbì quella dose di natura e potenza come la stesse respirando attraverso i polmoni di Elia mentre cercava di cancellare dalla sua mente l'immagine della schiena di Luigi che si allontanava.

«Mio padre quando ero piccolo mi portava sulla cima di una piccola montagna al di là di un fiordo e ogni volta mi faceva sedere a osservare questo spettacolo. A volte prima del sorgere del sole, a volte al tramonto. Quello era il suo modo di insegnarmi che avrei potuto scegliere che strada percorrere come uomo. Scegliere se puntare all'aurora o addentrarmi nella notte.» Rise e Altea si girò verso di lui. «Lui era un tipo molto... romantico.»

«E tu cosa hai scelto?»

Elia guardò davanti a sé, poi si avvicinò ad Altea costringendola ad alzare lo sguardo. I suoi occhi, parzialmente illuminati dagli ultimissimi e timidi raggi di luce, brillavano come se dentro avessero dei sottili fili di erba che venivano mossi dal vento.

L'ora bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora