Capitolo 28

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Tutti urlarono.

Luigi si precipitò dal fratello e senza pensarci due volte, si gettò in acqua.

«NO!» Altea corse verso di loro e si inginocchiò sul piccolo corridoio di pietra, Matilde alla sua destra, Amelia a sinistra. L'acqua si muoveva come se sotto ci fosse una sorta di lotta in corso.

«Affogheranno! Chiamate aiuto! Matilde chiama aiuto!»

Matilde corse su per le scale, le lacrime agli occhi, le gambe tremanti mentre spariva oltre di esse. Luigi riemerse dall'acqua e dai movimento delle braccia e dal suo dondolare su e giù, Altea suppose che doveva essere più profondo di quanto credevano.

«Afferra la mia mano!» urlò Altea allungandosi verso di lui.

Amelia aveva ripreso a mandare onde sonore verso quelle creature, ma non sapeva se per spingerle a lasciarli andare o se per ucciderle. Ora era in piedi e sussurrava qualcosa, come un incantesimo in una lingua che non faceva parte di quel mondo.

«Luigi!» Altea si sporse più che poté, il corpo pericolosamente sbilanciato sopra lo specchio di acqua nero, ma Luigi la ignorò e si rituffò nelle profondità di quelle acque nere.

Per un attimo rimase sola. I due cacciatori erano nelle profondità degli acquedotti, Amelia era persa chissà dove nel suo mondo parallelo fatto di incantesimi e lingue morte, Matilde se ne era andata.

Guardare l'orlo dell'acqua la spaventava, perché non sapeva cosa avrebbe potuto vedere o quale creatura le sarebbe potuta saltare al collo. Ma Luigi era lì dentro, e non riusciva ad allontanarsi. Il suo Luigi... non usciva più dall'acqua.

E questa si acquietava.

«No» sussurrò Altea, osservando ogni singola increspatura. Ma l'acqua si stava calmando. Non sembrava esserci più nessuno lì sotto a lottare.

Un strana calma si impossessò di lei. Si poggiò sui polpacci, le ginocchia premute contro la roccia fredda, le mani in grembo. Il suo sguardo era fisso su quella tavola nera. Amelia aveva smesso di parlare, aveva abbassato le mani e guardava il pelo dell'acqua, seria.

Quell'immobilità sembrò raggiungerla nel profondo della sua anima. Un dolore aleggiava sotto il velo d'acqua quieta che era il suo cervello, il suo cuore, un dolore così profondo, una paura così lacerante che il corpo di Altea sembrava non riuscire a esprimere. Tutte dentro di lei si spense. Tutto tranne il suo cuore, che sembrava volerle rompere la cassa toracica fino ad uscire fuori e scappare.

«No.»

Un parola. Sola una parola. Un flebile sussurro che racchiudeva tutto ciò che sentiva dentro.

«No.»

Si sporse verso l'acqua e vi infilò una mano, muovendola da una parte all'altra, come per vedere se potesse modellarsi, se quell'immobilità non fosse perché l'acqua si era fermata, congelata, impossibilitata a incresparsi per qualche strano motivo.

«No!»

Iniziò a muovere la mano dentro l'acqua con più forza, schizzandosi il petto, il viso, increspandola ancora e ancora. Se poteva muoversi allora perché loro non si muovevano più? Perché Luigi non usciva fuori?

«Altea.»

La voce di Amelia, sentirla pronunciare il suo nome, accese come una miccia dentro di lei. Una serie di lamenti di dolore e di paura scaturirono dalla bocca di Altea, che ora aveva infilato entrambe le braccia fino al gomito.

«No. No! NOOOOOOO» gridò. «NOOOOOOO.» La gola le grattava, il petto sembrava esploderle, la testa pesare come un macigno. «NOOOOOOOO! NOOOOOOOOOOO!»

L'ora bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora