Capitolo 21

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Amelia era sparita per circa un paio d'ore ed era ritornata con un sacco di juta pieno di... cose.

Aveva messo un calderone a terra e tutt'intorno c'erano contenitori in vetro e ceramica che contenevano polveri di Dio solo sapeva cosa. Con qualche parola in una lingua sconosciuta e una spruzzata di polvere nera, aveva acceso un fuoco che sembrava provenire direttamente dal pavimento e ci aveva poggiato sopra il calderone. Elia non sembrava minimamente preoccupato per la sua casa. Matilde invece sì.

«Sei sicura che non si propagherà per tutto l'appartamento e moriremo bruciati?»

La strega l'aveva guardata di sbieco, senza smettere di sistemare tutti i suoi ingredienti segreti, e non le aveva risposto. Effettivamente il fuoco sembrava circoscritto al calderone, come se sapesse esattamente quale fosse il suo posto.

«Farò prima l'incantesimo di distorsione, che berrai poco prima di entrare nel locale. Ti darà l'aspetto di un'altra persona, un ragazzo giovane, senza nessuna caratteristica particolare che possa attirare l'attenzione. Questo» aggiunse, sollevando in aria quello che sembrava essere un bastoncino di legno, «nasconderà il tuo odore e ti lascerà addosso solo quello di un licantropo qualsiasi, così che non possano riconoscerti.»

«Cos'è?» chiese Altea, curiosa.

«Polmone di cervo essiccato» rispose la strega, mentre riduceva in polvere quel piccolo pezzo di polmone dentro un mortaio.

«E lui lo deve bere?» chiese Matilde.

Amelia questa volta non sollevò nemmeno lo sguardo. Chiuse solo gli occhi in un gesto esasperato e Altea trattenne una risata.

«Cosa sono gli altri ingredienti?» domandò Luigi.

«Una strega non svela mai i suoi segreti, cacciatore. Posso solo dirti che il polmone di cervo è la cosa meno inquietante che c'è qua dentro.»

Ogni boccetta che apriva aveva un odore strano. Alcuni dei contenuti erano in polvere, altri sembravano viscere fatte a pezzettini, altre ancora doveva essere chiaramente piante e radici.

Un fumo denso e corposo saliva dal calderone, che ribolliva in modo costante e vivace. L'odore era nauseabondo, ma Altea era troppo affascinata da Amelia per preoccuparsene.

Il volto pallido e sottile della strega era illuminato dal rosso del fuoco, che creava dei giochi di luci rossi e arancio sui suoi capelli bianchi. Gli occhi sembravano come posseduti, e a un certo punto smise di parlare e non sollevò più la testa dal suo lavoro, finché non iniziò a sussurrare qualcosa in qualche lingua che non conosceva. La sua voce era flebile, appena udibile, ma ad Altea sembrava di sentire come una eco in lontananza, come se ci fosse qualcun altro lì con loro. Anzi... le voci erano più di una, diverse, sommesse, lontane.

Amelia chiuse gli occhi mentre la sua bocca continuava a muoversi, le lunghe ciglia che tremavano leggermente mentre con la mano destra girava il contenuto nel calderone. Quando smise di parlare, le voci si acquietarono e Amelia riaprì gli occhi come quando ci si risveglia dopo un brutto incubo.

«Fatto.» Mise il liquido di un colore indefinito tra il marrone e il grigio in una boccetta che chiuse con un tappo di sughero e la porse a Elia, che l'afferrò senza esitazione. «Bevila cinque minuti prima di entrare nel locale.»

Il licantropo annuì. «Non dimenticherò quello che stai facendo per me, Amelia.»

La strega lo guardò senza nessuna apparente emozione in volto, poi tornò a dedicarsi al suo calderone, dentro il quale aveva già iniziato a versare altri ingredienti. «Per l'incantesimo di localizzazione avrò bisogno del tuo sangue.»

Una volta calata la notte, dopo che Elia si era tagliato il palmo di una mano per dare il sangue che serviva ad Amelia per fare l'incantesimo di localizzazione ‒ molto più di quanto Altea aveva immaginato ‒ l'Alfa aveva bevuto la boccetta datagli da Amelia ed era entrato nel locale mentre lei, Matilde, Luigi e Andrea, erano appostati ognuno su un lato dello stabile nel quale si trovava L'ora Blu.

Era passata circa un'ora e mezza da quando Elia era entrato e il freddo iniziava a farsi sentire. Soprattutto perché era appostata appena dietro l'angolo di un palazzo di fronte, senza muoversi se non sul posto, e lì passava una forte corrente che le faceva colare il naso.

Il passaggio di qualche gruppo di amici alticci l'aveva messa sull'attenti, ma nessuno era passato di lì con un cadavere in un sacco, quindi per ora non c'era niente di cui preoccuparsi.

Luigi si era appostato all'entrata principale, mentre Andrea vicino quella sul retro. Altea e Matilde aveva coperto il laterali, nel caso ci fosse stata qualche uscita di cui non conoscevano l'esistenza, una porta magica, o nel caso Luigi o Andrea non fossero riusciti a fermare i presunti rapitori.

Passò un'altra mezz'ora e Altea ormai non sentiva quasi più le mani. Si ripromise di comprare un paio di guanti mentre stringeva le mani sotto le ascelle, sperando di tenerle più al caldo possibile. Per un attimo pensò a Léandre. Dalla sua fuga dalla sede del Consiglio non lo aveva più sentito, e nonostante per un istante si fosse chiesta se andasse tutto bene, ricordò a sé stessa quello che le aveva detto il vampiro, e capì che aveva fatto molto di più di quanto gli era permesso, se quello che diceva era vero. Quindi, se era sparito, aveva i suoi motivi. E poi perché avrebbe dovuto continuare a parlarle? In fondo lui l'aveva aiutata solamente perché poteva ritrovare il suo amico, e per nessun altro motivo. E ora che l'aveva trovato era sparito. Era più che sensata la cosa.

Si chiese se anche Matilde sentisse freddo come lei. Sembrava esserle entrato nelle ossa. Stava seriamente pensando di raggiungere la sua amica quando delle voci la fecero sobbalzare. Quattro ragazzi si incamminavano nella sua direzione. Erano ubriachi, barcollavano, ridevano e si spintonavano tra di loro. Quando passarono proprio dove era lei, per un attimo calò il silenzio e tutti e quattro la guardarono incuriositi. Altea era già pronta a mettere in atto una serie di mosse che le aveva insegnato Luigi nel combattimento corpo a copro, e a giudicare dallo stato in cui si trovavano non credeva ci avrebbe messo molto a metterli al tappeto. Ma i ragazzi, dopo qualche commento veramente poco educato che per un attimo le ricordarono Luciano, passarono oltre e le loro voci si affievolirono fino a scomparire.

L'ultima cosa che aveva visto prima di accusare un forte colpo alla testa e cadere a terra era stato il cielo pieno di stelle, brillanti a luminose, e pensò che da casa sua, senza tutte quelle luci artificiali, la vista era decisamente migliore.

L'ora bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora