Capitolo 46

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Erano passati due giorni. Due giorni di silenzio. Due giorni di domande inespresse che attendevano delle risposte.

Tutti e quattro avevano passato quei due giorni girovagano per la casa come spettri, pronunciando quattro parole in croce, seduti a guardare il vuoto, in silenzio. Quando finalmente Riccardo aveva bussato alla loro porta e li aveva invitati ad andare a L'Ora Blu... tutti avevano inspirato, come se fino a quel momento avessero trattenuto il fiato senza rendersene conto. Il fiato che era uscito dalle loro bocche in quel momento si era trasformato subito in denso fumo bianco che era salito verso l'alto, oltre la porta di casa, verso i rami dei pini e degli abeti.

Ma quel sospiro non era di sollievo. Era come lo sbuffo della nave che parte per il mare aperto, senza sapere se farà ritorno. Era come quando prendi fiato una volta uscito dall'acqua. Sei sollevato, ma ora dovrai avere la forza di tornare a riva.

Loro non sapevano dove li avrebbe portati quella nave che aveva il nome di Léandre. Ma si misero tutti la loro giacca in modo composto e silenzioso e, come una marcia funebre, seguirono Riccardo fuori dalla loro casa nel bosco, salirono in macchina, e si incamminarono verso il locale. L'unica fonte di calore, la mano grande e callosa di Luigi che stringeva la sua.

*

Vedere L'Ora Blu vuota, senza musica, senza calici di champagne che passavano, la porta delle stanze della perdizione chiuse rendeva anche più gravosa la presenza elegante e antica di Léandre e le conseguenze che ne portava.

Lui era seduto dietro uno dei tavoli rotondi sulla parete di fondo, che avevano delle morbide sedute imbottite che ne seguivano il contorno. Alla destra del vampiro c'era Riccardo, con la schiena poggiata contro il profilo della porta che apriva sul lungo corridoio delle camere della perdizione, le mani dietro al sedere, lo sguardo che saettava su ognuno di loro, incuriosito.

Andrea e Matilde erano seduti a un piccolo tavolino rotondo sulla pedana di sinistra, che poteva ospitare massimo due persone. Altea era seduta su uno degli sgabelli al bancone, Elia a un paio di sgabelli di distanza da lei, ma lui era in piedi e stava aiutando suo fratello Mattia a riempire dei bicchieri di un liquido bianco trasparente, acqua gassata e limone.

Mattia teneva lo sguardo basso, come se la situazione lo mettesse a disagio, come se si vergognasse. Nessuno di loro però lo giudicava per quello che aveva fatto, anzi. Era un ragazzo giovane, caduto sotto le grinfie di quella megera ed era stato fin troppo bravo a restare vivo. Senza contare che era stato grazie a lui che avevano trovato Elia.

Ma lui teneva comunque lo sguardo basso e le sue gote erano leggermente rosate, lo si vedeva anche sotto le luci soffuse del locale. Sembrava così giovane.

L'Alfa le porse un bicchiere, regalandole un dolce sorriso prima di fare lo stesso con tutti gli altri. L'unico a cui non lo offrì fu Léandre e il perché era abbastanza chiaro a tutti.

Altea si voltò a guardare Luigi dietro di lei. Si era tenuto in disparte, appoggiato con il sedere contro la piccola ringhiera che separava una parte del locale in due, delineando lo scalino che portava alla seconda pedana dove era seduto suo fratello e che affacciava proprio sul punto dove le persone si mettevano a ballare, un piccolo spazio lasciato vuoto.

Era proprio quello spazio che separava le creature magiche dai cacciatori, e Altea si chiese se inconsciamente ognuno avesse scelto il proprio posto in relazione al gruppo di appartenenza. Quella che era nel mezzo e che dalla sua postazione riusciva a vedere tutti era Altea, che aveva scelto proprio lo sgabello che dava al centro delle due sezioni.

Avrebbe voluto che Luigi si avvicinasse a lei, ma non era solito tenersi così a distanza, quindi pensò che avesse bisogno di spazio.

Il maglione che indossava non riusciva a nascondere le spalle possenti e le braccia turgide. Aveva degli segni sotto agli occhi, come se improvvisamente fosse più stanco, dandogli un'aria più grande e austera. I capelli pettinati all'indietro in modo disordinato sembravano più scuri sotto le luci del locale, che in quel momento erano tutte di un giallo caldo e avvolgente, prive di quelle tonalità di blu che ottenevano grazie a un vetro del medesimo colore che veniva incastonato davanti.

L'ora bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora