Prologo

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Il corridoio che stavo percorrendo non aveva nulla da invidiare a quello di un reale castello medievale. Dalle piccole finestre, più simili a feritoie, che ornavano il lato destro, penetravano lunghe lame di luce che sembravano spezzare il pavimento di pietra.

Sul lato sinistro, imponenti colonne di calcare formavano nicchie dove facevano bella mostra dipinti raffiguranti epiche battaglie medievali in cui magnificenza e cruda brutalità si contendevano la scena.

Avevo io stesso contribuito all'acquisizione di un paio di essi.

Sebbene la furtività fosse una delle mie abilità più affinate l'eco dei miei passi risuonava come un tamburo di guerra in quello spazio spoglio, inoltre non avevo la necessità di nascondere il mio arrivo alla persona che mi stava aspettando.

La grande porta di legno di quercia a doppio battente verso cui ero diretto dominava la fine del corridoio e mentre mi avvicinavo non potevo fare a meno di domandarmi per quale motivo fossi stato convocato lì, visto che di solito non ricevevo mai le istruzioni per le missioni dal capo in persona, anche se ero io il suo uomo migliore. Quando posai la mano sulla fredda maniglia in ferro battuto ebbi un attimo di esitazione che scacciai immediatamente perché, anche se a volte faticavo a fare i conti con le mie azioni, quello era il prezzo che dovevo pagare per ottenere quello che volevo e l'unico modo che conoscevo per ottenerlo era compiacere l'uomo che si trovava al di là di quella porta.

Spinsi i battenti in avanti ed entrai nella stanza. Come il resto della casa era arredata con mobili essenziali. Sullo sfondo, un enorme tappeto delimitava la zona davanti al caminetto acceso che forniva l'unica illuminazione della stanza. Le fiamme si riflettevano sul liquido ambrato contenuto nell'elegante bottiglia di cristallo appoggiata sul piccolo tavolino da fumo lì di fronte, unico vezzo apparente che il proprietario di casa si era concesso, insieme ad un solo bicchiere vuoto. L'altro, che era pieno per metà, era nella mano dell'uomo adagiato su una delle due enormi sedute di solido legno di quercia posizionate ai lati del camino.

<<Benvenuto figliolo, accomodati>> mi accolse una voce tagliente come l'acciaio. Mi avvicinai e andai ad accomodarmi sull'altra sedia. Rifiutai l'invito non pronunciato a servirmi del costoso liquore perché preferivo essere completamente lucido quando lavoravo.

Sebbene fin dal mio arrivo non avesse mai rivolto lo sguardo verso di me potevo vedere che gli occhi dell'uomo davanti a me ardevano di una sorta di bramosia ferina, come quelli di un leopardo che sta per balzare sulla sua preda.

<<So che non hai avuto problemi durante l'ultima missione>> disse, col suo caratteristico tono glaciale.

<<No signore, tutto è andato secondo i piani>>

<<Come sempre>> rispose l'uomo, nessun accenno di giudizio nella sua voce né il benché minimo cambio di espressione . Assaporò un sorso di liquore dal bicchiere di cristallo che aveva in mano. Il bagliore che proveniva dalle sue sfaccettature era quasi ipnotico in quel luogo così buio.

<<Sei sempre stato un soldato affidabile>>

Un soldato, sapevo che in fondo ero semplicemente quello per lui, anche se era stato proprio quell'uomo a prendermi con sé dopo l'assassinio dei miei genitori. Mi aveva dato un tetto sopra la testa e mi aveva addestrato. Avevo dato tutto me stesso durante quelle sfibranti sessioni di allenamento, cercando di compiacerlo quanto più possibile e sperando che in qualche modo, un giorno, avrei potuto ripagare il debito che avevo nei suoi confronti. Così ora facevo ciò che mi ordinava senza fare domande, non importava quanto fosse disumano o immorale, io lo facevo, seppellendo l'ultimo briciolo di umanità che mi restava sotto la cenere del mio cuore riarso, perché quello lo compiaceva, perché quello era l'unico modo che avevo per raggiungere il mio obbiettivo, e nessuno me lo avrebbe impedito.

<<Ho ancora una missione per te>> disse, facendo tintinnare il bicchiere. Strinsi le labbra, reprimendo il disagio quando, per la prima volta, Alexander Antonov puntò i suoi gelidi occhi su di me. Alto e snello, dai movimenti eleganti, mi ricordava uno 007. Ne possedeva il carisma, il fascino e indubbiamente il guardaroba ma la somiglianza finiva lì. Erano il suo potere e la sua malvagità a qualificarlo, un essere spietato che, come me, inseguiva il suo obbiettivo con tenacia e caparbietà, non consentendo a niente e nessuno di ostacolarlo.

<<Ho ragione di credere>> disse scandendo lentamente ogni parola <<che la ragazza che stiamo cercando sia stata individuata. Tu dovrai assicurarti che sia effettivamente lei e con discrezione la eliminerai>>

Un brivido mi percorse la spina dorsale mentre assorbivo il peso delle sue parole, parole che aspettavo di udire da tanto tempo. Dopo tante missioni e tante atrocità finalmente la vendetta era a portata di mano. Mi passò una foto. La fissai per alcuni istanti poi chiusi gli occhi inspirando a fondo mentre immaginavo la sensazione di stringere le mie mani intorno a quel collo delicato. La mia voce graffiò il silenzio come cocci di vetro.

<<Lo consideri già fatto, signore>>

Aurora: L'apertura del SigilloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora