32 - Eric

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L'unica luce che spezzava quelle tenebre era quella che filtrava da sotto la pesante porta della cella, ma anche quella mi feriva gli occhi e mi provocava lancinanti dolori alla testa. Non sapevo per quanto tempo ero rimasto incosciente ma, a giudicare dai dolori che ancora sentivo in tutto il corpo, non abbastanza da consentire al mio fisico di guarire a sufficienza. Sentivo ancora in bocca il sapore del sangue e ricordavo il momento esatto in cui le costole si erano rotte. Se mai fossi uscito da quella cella avrei fatto rimpiangere a quel bastardo che mi aveva colpito di essere nato.

Poggiai la mano sulla fredda roccia e mi tirai su, gemendo. Una fitta di dolore mi trafisse il costato. Quando riuscii a poggiare la schiena addosso alla parete il dolore si attenuò. Ringraziai il cielo per quel poco sollievo che alleviava la sofferenza del mio fisico. Non c'era rimedio invece per il dolore che provavo nel mio cuore. Ancora una volta sarei stato la fonte della sofferenza di Aurora. Speravo con tutto me stesso che Alexander non riuscisse a trovarla. Volevo che fuggisse, che mi abbandonasse. Desiderai che non avesse ricordato, maledissi il momento in cui le nostre mani si erano sfiorate, il momento in cui i ricordi si erano riversati nella nostra memoria, dirompenti e inarrestabili. Rinnegai quel potere che giaceva dentro di me, inutile, che mi aveva illuso di poter combattere contro Alexander, di poter cambiare il mio destino. Una rabbia incontrollabile mi incendiò le vene e ringhiai contro il nulla tutta la mia frustrazione.

<<Non ti crucciare ragazzo, la nostra sofferenza avrà presto fine>> disse una voce bassa e roca, resa debole degli stenti che si pativano in quelle prigioni che potevano piegare anche gli uomini più forti e valorosi.

<<Non è della mia sofferenza che mi preoccupo>> risposi, cercando di non pensare a Jules e a quello che stava provando in quel momento.

<<Questo è quello che ti distruggerà. Ci distruggerà tutti>>

Quelle parole costarono molto al mio compagno di cella, già fiaccato nel fisico e nella mente. Non lo sentii più parlare né muoversi nei momenti in cui riemergevo dall'incoscienza.

Chi poteva mai essere quell'uomo, e da quanto tempo era trattenuto in quelle celle? Quali torture aveva già subito? Quanto avrebbero impiegato a piegare il suo spirito e quanto a spezzare il mio? Presto sarei diventato come lui, l'oblio dei sensi come unico compagno di vita.

No!

Urlai dentro di me. Avevo promesso a Jules che non avrei permesso a nessuno di farle del male. Le avevo giurato di proteggerla. Non sapevo ancora come fare. Ma dovevo uscire da lì.

Aurora: L'apertura del SigilloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora