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Fuori dal ristorante, l'aria fresca mi avvolge, ma il nodo allo stomaco non si scioglie. Cammino a passi veloci sul marciapiede, allontanandomi dal locale, cercando un angolo buio dove poter respirare. Tutto mi sembra troppo: la conversazione, le decisioni prese senza il mio consenso, la sensazione di essere sempre sotto una lente d'ingrandimento, valutata e giudicata, mentre i miei desideri vengono ignorati.

Mi appoggio a una parete, sentendo le lacrime salire agli occhi. "Mi sposerò? Domani mi trasferirò da lui?" Ripeto nella mia testa le parole di mio padre, cercando di farle sembrare meno assurde, meno irreali, ma non ci riesco. Mi sento come se fossi stata venduta. Una merce di scambio in una transazione di convenienza. Non si tratta di me, si tratta di loro, di come vogliono che io viva la mia vita.

A un certo punto, sento dei passi avvicinarsi "So che eri tu ieri ieri sera al Mary." sento dire a Leonard che è uscito. "E allora?".
"Innanzitutto mi hai mentito, poi le tue abitudini di divertirti nei clubdovranno finire".
"Avrei potuto accettare la tua proposta ma non l'ho fatto. Questo dovrebbe farti capire che dopotutto così troia non sono".
"Da ora le cose per te cambieranno. Non sei più tu a decidere ne tuo padre...ora decido io per te".
"La possibilità di scegliere mi è stata data una sola volta...pensi che cambi qualcosa? Cosa puoi impormi? Non andare a ballare? Vestirmi più coperta? O non obbiettare le tue proposte? Questo non puoi deciderlo".
"Prova a disobbedire e ti renderò la vita un'inferno" mi sussurra facendomi gelare il sangue. Leonard mi fissa con uno sguardo calmo, ma dietro quell'apparente tranquillità percepisco una minaccia palpabile, come una corrente sotterranea pronta a trascinarmi via. Il suo sussurro sembra rimbombare nella mia testa, più forte del rumore della strada, delle voci dei passanti, persino del mio stesso respiro.

Mi sforzo di non vacillare, di mantenere la calma, ma dentro sento il panico montare. È come se fossi intrappolata in una rete che si stringe sempre di più. Mi stacco dalla parete, fissandolo dritto negli occhi. "E se fosse già un inferno?", mormoro con un filo di voce, ma lui sorride, come se trovasse la mia reazione divertente. "Non hai idea di cosa possa diventare," risponde, con una calma che è ancora più inquietante del suo tono precedente. "Smettila di giocare, Elena. Non sei più una bambina. Da adesso in poi, il tuo posto è accanto a me, e te ne renderai conto presto."

Respiro a fatica, sentendo la morsa del controllo che Leonard cerca di esercitare su di me. Il suo sguardo è fermo, sicuro di sé, come se fosse già convinto di aver vinto, come se la mia vita fosse già stata incatenata alla sua volontà. "Non puoi costringermi," ribatto, anche se la mia voce non ha la forza che vorrei. "Non puoi decidere per me, Leonard."

Lui scuote la testa, con un sorriso cinico che mi fa rabbrividire. "Tu non lo sai ancora, ma sono già io a decidere. Vedrai che non ti resta altra scelta."

Mi sento come se fossi in trappola, la realtà mi sta schiacciando. Tutto quello che volevo, tutto quello che sognavo sembra dissolversi sotto il peso delle aspettative, delle convenzioni e ora anche della volontà di un uomo che non ho mai desiderato. Leonard mi guarda come se fossi un oggetto, una pedina in un gioco che ha già deciso di vincere. "Non sono tua, Leonard. E non lo sarò mai." Provo a dire con convinzione, ma il timore cresce dentro di me, e la sua risata sommessa mi fa capire quanto poco valore abbiano le mie parole ai suoi occhi. "Vedremo," dice infine, prima di allontanarsi con una calma glaciale, lasciandomi sola sotto il cielo notturno, con il cuore che batte furiosamente nel petto e un terrore crescente che si annida sotto la mia pelle.

Smith's: The MarriageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora