14.

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Dopo un piacevole aperitivo con gli amici e una passeggiata tranquilla, mi dirigo verso casa. Il sole sta calando, tingendo il cielo di sfumature arancioni e rosse. Il senso di normalità che ho provato durante la serata sembra sbiadire man mano che mi avvicino alla casa.

Quando arrivo, vedo Leonard in piedi davanti alla porta, circondato da tre ragazzi. Il mio cuore accelera mentre mi avvicino. "Elena," mi chiama Leonard con un tono che non lascia spazio a fraintendimenti. Mi avvicino, e lui mi stringe a sé in modo possessivo, come se volesse dimostrare il suo controllo davanti agli altri.

"Questa è Elena, la mia futura moglie," dice Leonard con un sorriso che non raggiunge gli occhi. Uno dei ragazzi, Marcus, il volto che riconosco dalla serata precedente, mi fissa con un sorriso sardonico. "La troia del Mary scopa bene o è solo una troia?" chiede Marcus con disinvoltura.

Leonard non sembra alterato dalla domanda. "Questo dettaglio resterà tra me e lei," risponde con calma.

"Lasci che esca dopo quello che stava per fare?" chiede Marcus, la voce piena di incredulità.

Leonard scuote la testa. "Penso alla mia vita e tu pensa alla tua. Ti sei mai chiesto cosa fa la tua ragazza quando esce?"

"Di sicuro non cerca di tradirmi," risponde Marcus con un tono di sfida.

Mi sento umiliata e imbarazzata da questa conversazione. Non voglio essere al centro di un confronto che mi fa sentire come un oggetto di discussione. "Vado a letto," dico a Leonard, cercando di scostarmi da lui con una certa freddezza. Salgo le scale in silenzio, il cuore pesante mentre ascolto i sussurri e le risate che si fanno più distanti.

Chiudo la porta della mia stanza e mi siedo sul letto, cercando di calmare i miei pensieri caotici. Ma le parole che ho appena sentito continuano a rimbalzare nella mia mente, opprimenti, inarrestabili. La voce di Marcus, piena di veleno e insinuazioni, mi trapassa ancora, rendendo difficile respirare.

Dalla mia posizione, riesco ancora a sentire il mormorio delle voci provenienti da fuori, anche se ora sembra che stiano sussurrando con un'intensità che mi dà fastidio.

"Tu sei messo con una troia e non lo vuoi ammettere. Almeno scopa bene?" sento Marcus provocare Leonard, la sua voce irritante e priva di scrupoli.

La risposta di Leonard arriva, fredda e tagliente: "Meglio di Jessica."

Un silenzio scomodo cade, seguito dalla risata nervosa di Marcus. "Come puoi dirlo? Lei mi è sempre stata fedele."

Leonard non mostra esitazioni. "Ti dev'essere sfuggita qualche festa. Devo dire che le stai insegnando bene."

"Stai scherzando, vero?" Marcus sembra incredulo, ma la sua voce è tremante, come se il dubbio avesse cominciato a insinuarsi.

Poi Leonard taglia corto, la sua pazienza esaurita. "Fuori da casa mia, Marcus."

Il tono è definitivo, pieno di minaccia. Ma ciò che sento subito dopo mi riempie di inquietudine: "La tua ragazza non può attendere? Penso che non siamo pari," dice Marcus, con un tono che non capisco appieno ma che suona sinistro, minaccioso.

Indosso la vestaglia da notte verde con gli orli merlettati e mi infilo sotto le coperte, cercando invano un po' di pace. La porta della stanza si apre, ma non è Leonard. È Marcus, l'amico con cui Leonard stava litigando. Il suo sguardo è torbido, e il modo in cui si muove nella stanza mi mette subito a disagio.

"Leonard dice che sei meglio della mia a scopare. Sai che significa?" domanda con un tono viscido.

"Esci," gli ordino, cercando di mantenere la calma. Ma lui non si muove.

"Leonard mi deve ricambiare il favore," continua, avvicinandosi al letto.

"Io non sono la tua ragazza. Esci dalla mia stanza," ripeto, questa volta con più fermezza.

Marcus ride amaramente. "Eri più amichevole da ubriaca."

"Non sarei mai venuta a letto con te," ribatto, disgustata dalla sua insinuazione.

"Ora basta, Marcus," la voce di Leonard interrompe la tensione. Entra nella stanza, lo sguardo duro. "Hai avuto la tua occasione, ma la mia ragazza non è come la tua. Ora vattene da casa mia."

Marcus si gira verso di lui, sorride con quel ghigno sgradevole e poi, senza dire una parola, esce dalla stanza. Leonard rimane lì finché non sente la porta d'ingresso chiudersi con un tonfo sordo. Solo allora si avvicina a me.

"Che significa *non siamo pari*?" gli chiedo, fissandolo con occhi pieni di sospetto.

Leonard non risponde subito. Si spoglia, come se niente fosse, ma io lo fermo prima che si avvicini ulteriormente. "Leonard, non aprirò una sola coscia se non mi dici che significa."

Lui si ferma e mi guarda, irritato. "Non vuoi saperlo," mormora, cercando di evitare la mia domanda.

"Te ne vai da solo o devo cacciarti io?" ribatto con determinazione, mantenendo il tono freddo.

"Vuoi cacciarmi dalla *mia* camera?" risponde con un sorriso sprezzante, ma io non indietreggio.

"Voglio sapere che significa. È salito qui, Leonard, e tu gli avresti permesso di farmi ciò che voleva. Voglio sapere cos'è successo," dico, insistendo.

Lui si siede accanto a me, ancora con i boxer indosso, finalmente rassegnato a parlare. "Ho scopato la sua ragazza," ammette di fretta, come se volesse togliersi quel peso il più rapidamente possibile. "Lei mi voleva, e io non mi sono trattenuto. Voleva fare lo stesso con te. Gli ho detto che, se tu volevi, poteva farlo, e poi io avrei fatto il resto. Ma se dicevi no, se ne sarebbe dovuto andare."

Le sue parole mi colpiscono come un pugno nello stomaco. Mi sento tradita, disgustata, arrabbiata. Ogni fibra del mio essere vuole urlare, scappare, ma sono intrappolata in questa gabbia dorata che Leonard chiama casa. Non riesco a credere che avrebbe messo la mia dignità e il mio corpo sul piatto per un gioco di potere tra amici.

"Come può girare tutto attorno al sesso per voi?" gli chiedo, la voce incrinata dalla rabbia.

"È l'unica cosa che abbiamo in questa vita," risponde, come se fosse una semplice verità.

"Abbiamo molto più di questo," ribatto. "Soprattutto gente come noi."

Lui sospira, come se volesse spiegare qualcosa di più profondo. "Lo so. E presto avremo ancora di più."

"Che intendi dire? Non pensi che abbiamo già abbastanza per la nostra età?" domando, confusa da quel tono ambiguo.

"La situazione è cambiata. L'imperatore ha deciso di nominare un re per ogni stato d'Europa, mentre lui rimarrà in America a governare da lì. E indovina chi sarà il re d'Italia? Tuo zio, il fratello di tuo padre. Saremo parte della corte, come duchi."

Quelle parole mi lasciano senza fiato. "Mio zio? Re? E io... duchessa? I nostri figli piccoli principi, pedine da far sposare ad altri nobili in un eterno circolo di infelicità?"

"Vedrai, andrà tutto bene," cerca di rassicurarmi, accarezzandomi con dolcezza. Le sue dita percorrono la mia pelle con una delicatezza che non si addice a quello che provo dentro, ma in qualche modo il calore del suo tocco mi placa.

Lentamente poggio la testa sul suo petto, il cuore ancora pesante ma con il bisogno disperato di sentire qualcosa di familiare, di stabile. Non voglio che smetta di accarezzarmi. Anche se le sue azioni mi disgustano, in questo momento non riesco a fare a meno di cercare una consolazione. Ma mentre sento il suo respiro calmo e regolare, la mia mente rimane inquieta, intrappolata in un futuro che non ho scelto e che non posso cambiare.

Smith's: The MarriageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora