Saliamo sulla carrozza, e il viaggio verso casa inizia in un silenzio teso. Jay e Emily mi guardano con preoccupazione, mentre Leonard si siede di fronte a me, il volto increspato in una smorfia di irritazione. I cavalli cominciano a muoversi e il rumore dei loro zoccoli sul selciato riempie lo spazio tra noi. "Quella non è stata una grande idea, Elena," dice Emily, cercando di rompere il ghiaccio e placare la tensione. "Sapevi che Leonard sarebbe venuto a cercarti."
"Non posso più sopportare questa situazione," rispondo, mentre mi stringo nel mio giubbotto, cercando di difendermi dal freddo esterno e dall'angoscia interiore. "Mi sento intrappolata, e lui non fa altro che farmi sentire come se fossi un peso."
Leonard si volta verso di me, la sua espressione rigida. "Non fare la vittima. Non puoi semplicemente ignorare le tue responsabilità."
"Responsabilità?" sbotto. "Che responsabilità hai tu nei miei confronti? Sono stata costretta in questa situazione, e ora devo subirla passivamente?"
La carrozza si ferma davanti all'appartamento di Jay e Emily. "Rimanete qui," dice Leonard ai miei amici, mentre scendo insieme a lui. Jay e Emily si affacciano dai finestrini, i loro volti preoccupati.
Jay, con tono fermo, dice: "Elena, cerca di risolvere le cose con calma. Noi ci siamo sempre per te."
Emily annuisce e aggiunge: "E ricorda, se hai bisogno di parlare o di qualsiasi altra cosa, noi siamo qui."
Leonard mi guida con un gesto deciso verso la carrozza, e dopo averli salutati, saliamo a bordo per proseguire il tragitto verso casa. Mentre la carrozza riprende il suo cammino, il silenzio tra di noi è quasi palpabile. Il paesaggio cittadino scorre velocemente, e il freddo notturno sembra intensificare la tensione tra noi. "Non ti sto trattando come una bambina viziata," dice Leonard, rompendo il silenzio. "Sto cercando di costruire una vita insieme, e tu devi capire che ci sono delle regole."
"Regole?" chiedo, incredula. "Come se fossi una prigioniera nel tuo mondo perfetto?"
"Non è così," risponde lui, con un tono che cerca di essere rassicurante, ma che a me appare come un ulteriore tentativo di controllo. "Ci sono delle aspettative, e tu devi rispettarle se vuoi che questa unione funzioni."
Il resto del viaggio passa in un silenzio teso, con il rumore dei cavalli che sembrano amplificare ogni pensiero inquieto. Quando arriviamo a casa, Leonard mi guida all'interno, il suo passo deciso e il suo sguardo che non lascia spazio a discussioni. La porta si chiude dietro di noi con un rumore secco, e mi trovo nuovamente intrappolata nella casa che non mi appartiene.
La sensazione di oppressione cresce mentre saliamo le scale, sento il peso di ogni passo come una conferma del destino che mi è stato imposto. "Perché mi hai mentito?" chiede Leonard, interrompendo il silenzio angosciante. La sua voce è calma ma decisa, e si sente la gravità delle sue parole. "Scusa," rispondo senza girarmi, continuando a salire le scale. La mia voce tradisce la mia agitazione, ma Leonard non sembra soddisfatto.
"Non voglio le tue scuse. Voglio che rispondi alla mia domanda," insiste, il suo tono più perentorio.
Mi volto verso di lui, vedendo il suo sguardo serio e determinato. "Mi avresti detto di no," rispondo, sentendo il nodo alla gola stringersi. Il suo sguardo si indurisce, e lo vedo avvicinarsi con passo deciso.
"Non farlo più," ordina mentre mi raggiunge sulle scale. La sua mano si chiude sulla mia, e il contatto fisico è sia confortante che inquietante. "Non proibirmi di quella minima libertà che mi resta," rispondo, cercando di mantenere la mia dignità, ma il tremore nella mia voce è inconfondibile.
"Non lo farò," dice Leonard, la sua espressione ammorbidendosi leggermente. "Scusami," sussulto ancora spaventata, ma le sue scuse sembrano più una formalità che un vero gesto di comprensione.
Con un movimento brusco, Leonard mi prende in braccio e mi porta nella camera da letto, situata in fondo al corridoio. La stanza è ampia, con pareti bianche e arredamento elegante, ma in quel momento mi sembra fredda e inospitale. Leonard mi adagia delicatamente sul letto, e mentre mi guarda, vedo il conflitto nei suoi occhi, mescolato con una determinazione che mi fa paura.
"Ieri ti avevo chiesto di venire al tavolo... oggi passo direttamente al letto," dice, mentre le sue mani iniziano a toccarmi, levandomi il reggiseno con una rapidità che non lascia spazio a obiezioni. "Perché pensi che la mia risposta sia diversa da ieri?" chiedo, la mia voce tremante mentre il suo tocco diventa più insistente. Il suo sguardo è penetrante, e la sua prossimità mi fa sentire vulnerabile.
"Perché adesso tu sei mia. Puoi temporeggiare, ma..." Inizia a dire, ma non completa la frase. Mi avvicina a sé, e le sue mani si muovono con una certezza che mi inquieta.
"...ma dovrò darti un figlio. Mi pare che l'hai già detto, o devo averlo intuito dalle tue parole," ribatto, con una punta di amarezza. La consapevolezza che il nostro futuro sembra già scritto mi pesa sulle spalle.
"Fidati di me," sussurra Leonard, ma il tono dolce delle sue parole non riesce a mitigare il senso di paura e oppressione che mi assale. Le sue rassicurazioni sembrano un inganno, una facciata per mantenere il controllo mentre la mia libertà svanisce.
Mi spoglia con una determinazione che non lascia spazio a dubbi. La sensazione di essere completamente nuda mi fa sentire esposta e vulnerabile. "Leonard," sussurro, cercando di trattenere le lacrime, "Per favore... no."
"Sembri spaventata," osserva, con una nota di incredulità nella voce. "Non dirmi che non l'hai mai fatto."
"Non sono così troia come pensi," sussurro con voce tremante, la mia indignazione mascherata dalla paura. La sua freddezza mi fa sentire ancora più isolata, e il suo controllo opprimente mi schiaccia mentre cerco disperatamente di mantenere un briciolo di dignità.
Le sue mani scorrono sul mio corpo e le sue labbra si avvicinano al mio seno che inizia a succhiare come i bambini. "Leonard" gemito per farlo smettere ma lui continua. Si ferma per pochi istanti, il tempo di buttare per terra anche i suoi vestiti. "Leonard...per favore" lo supplico ancora.
Ignorandomi, entra dentò di me mentre io mi lamento per il fastidio della sua presenza ingombrante. Continua a spingere fino a quando non viene dentro di me. Si alza e mi copre prima di mettersi accanto a me. Mi stringe a sé, costringendomi a poggiare la testa sul suo petto. Le sue mani scorrono lungo la mia schiena tremante, come se volesse infondere un senso di sicurezza che non riesco a sentire. "Ti abituerai," dice con un tono che cerca di essere rassicurante. "Col tempo, potresti persino imparare ad apprezzare."
"Apprezzare?" chiedo, il mio sguardo carico di incredulità. "Te o il sesso?"
"Il sesso con me," risponde con una calma irritante. "Dubito che si possa apprezzare qualcosa che non si vuole, neppure dopo cento anni," replico, la mia voce un misto di sfida e disperazione.
Leonard non risponde, ma il suo abbraccio diventa più stretto. Mi culla, le sue mani che continuano a percorrere la mia schiena con una ritmica monotona. Il calore del suo corpo, la sua presenza invadente, lentamente iniziano a sedare la mia agitazione. Involontariamente, mi ritrovo a rilassarmi contro di lui, come se il suo contatto fosse l'unica cosa che posso permettermi di accettare in questa situazione.
Il sonno, lento e ineluttabile, inizia a prendere il sopravvento. I miei pensieri si affievoliscono e la mia mente, esausta, si arrende al torpore. Leonard continua a mormorare parole rassicuranti, e il suo battito regolare diventa una sorta di litania che mi accompagna verso il sonno. Mi lascio cullare dal suo respiro, chiudo gli occhi e cado in un sonno pesante.
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Smith's: The Marriage
ChickLitCon la fine di una guerra, il mondo era tornato ad avere imperatori, re e titoli nobiliari; ma non tutti i nobili era ricchi...la famiglia Bianchi, per sopperire il limitato denaro, fanno si che la loro unica figlia sposi Leonard Smith, un giovane a...