18.

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La camera dell'hotel è lussuosa, opulenta in modo quasi soffocante. Il letto king-size domina lo spazio, mentre lo specchio sul soffitto riflette ogni movimento, accentuando una sensazione di esposizione che mi mette a disagio. Al centro della stanza, una vasca idromassaggio attende, le bollicine già in movimento. Una piccola valigia è posata accanto al letto, contenente solo l'indispensabile per me e Leonard.

Mentre mi siedo sul materasso, Leonard prende il telefono dell'hotel con la solita disinvoltura. "Prendo le ostriche," annuncia senza distogliere lo sguardo, come se fosse un dettaglio di routine. Io, invece, sono persa nei miei pensieri, incapace di scrollarmi di dosso il peso della serata.

Sussulto, improvvisamente sopraffatta da un senso di colpa che mi schiaccia. "È colpa mia," mormoro, più a me stessa che a lui. "Cosa?" Leonard mi guarda, confuso, come se non avesse sentito bene. "Ho sbagliato," continuo, sentendo le lacrime che iniziano a bruciarmi gli occhi. "Volevo solo non sentirmi inadeguata, di nuovo."

Lui mi fissa, senza capire. "Ma di che parli?"

"Non avevo motivo di arrabbiarmi con te per qualcosa che ho fatto io," dico, singhiozzando ora apertamente, il controllo scivolato via. "Non è stato giusto."

Leonard si avvicina e mi costringe a guardarlo negli occhi. "Non devi scusarti," dice piano, il suo tono incredibilmente morbido rispetto al solito. "Avrei dovuto chiedere."

Le sue parole mi sorprendono, ma prima che possa dire altro, bussano alla porta. Le ostriche e lo champagne sono arrivati, un contrasto assurdo con il momento di tensione emotiva che stiamo vivendo. Leonard si alza per ricevere il vassoio, ma io rimango immobile, ancora persa nei miei pensieri, sentendo l'eco delle mie stesse parole. Dopo aver sistemato il cibo sul tavolino, Leonard si gira verso di me, come se volesse cambiare argomento, lasciando il nostro confronto incompleto. "La vasca sembra comoda," dice, iniziando a sbottonarsi la camicia con un mezzo sorriso.

"Non penso ci siano costumi," dico, cercando di mantenere un tono leggero mentre asciugo le ultime lacrime. "Non serve," risponde lui, senza esitazione, sfilandosi i vestiti fino a restare completamente nudo. Si avvicina alla vasca e si immerge nelle bolle, poi versa lo champagne in due bicchieri e me ne passa uno. "Non vieni?"

Esito per un attimo, ma alla fine mi spoglio con lentezza, sentendomi esposta in un modo che va oltre la nudità fisica. Mi avvicino alla vasca e entro, cercando di nascondere il mio disagio dietro un sorso di champagne. Il liquido freddo scivola giù per la gola, ma non basta a farmi sentire a mio agio. Leonard mi osserva in silenzio, poi allunga una mano per sfiorarmi il braccio. "Non devi sentirti così," mi dice a bassa voce, come se avesse intuito il tumulto dentro di me. "Non stanotte."

Vorrei che le sue parole mi rassicurassero, che tutto quello che sta succedendo potesse essere dimenticato con un bacio e un sussurro. Ma la realtà è troppo pesante per svanire così facilmente. Le ferite della mia vita, di questo rapporto, sono profonde e non possono essere sanate con una notte in un hotel lussuoso o con promesse di una vita da nobili.

Leonard si avvicina lentamente, la sua voce quasi un sussurro. "Lena," mi chiama, tentando di accorciare la distanza tra di noi. Ma so che servirebbe qualcosa di molto più forte dello champagne per farmi dimenticare tutto.

"Domani dovremmo andare dalla sarta, per commissionare vestiti più adatti a dei nobili". afferma mente mi sento sempre più distaccata, quasi come se la mia mente fosse in un altro posto. "I miei vestiti non vanno bene?" chiedo, cercando di mascherare l'irritazione dietro un tono calmo, anche se la sua risposta non tarda a irritarmi ancora di più. "Sembreresti una prostituta alla corte del re," risponde senza mezzi termini, "immagino anche a quella dell'imperatore."

Le sue parole mi feriscono, ma non lascio che lui lo veda. "A fine mese controlleranno ogni casa, bruciando tutto ciò che non è consentito possedere," continua. "Busseranno alla porta di ogni famiglia, e tutti dovranno sottostare alle stesse leggi."

"E dei vestiti che sono diversi da quelli abituali per i balli sono diventati proibiti?" chiedo, incredula. "Sì, a meno che tu non ci lavori," risponde, il tono quasi burocratico, come se stesse semplicemente riferendo una regola fredda e impersonale.  "È vergognoso," commento, "il degrado di questo mondo." Non so se mi riferisco davvero solo ai vestiti o a tutto ciò che ci circonda, a questa vita che sembra diventare sempre più soffocante.

Leonard si avvicina di nuovo, cercando di mettere fine alla conversazione. "Adesso basta," sussurra prima di baciarmi, le sue labbra sfiorano le mie in modo delicato, quasi volesse convincermi a dimenticare tutto con quel gesto. Ma non funziona. Mi allontano lentamente, il bisogno di distacco troppo forte. "Sono stanca," gli dico, la stanchezza non solo fisica, ma anche mentale, una stanchezza che proviene dall'anima. Mi alzo dalla vasca, il calore dell'acqua lasciandomi una sensazione di vuoto, e vado a indossare il mio pigiama.

Mentre mi infilo sotto le coperte, sento che Leonard mi osserva ancora, la sua presenza pesante nella stanza. Mi giro verso di lui, ma mantengo il mio tono freddo. "Buonanotte, Leonard," mormoro, sperando che capisca il bisogno di spazio.

Lui esce dalla vasca, si asciuga in silenzio e si avvicina al letto. Mi posa un bacio sulla fronte, un gesto che sembra quasi dolce, ma che in questo momento mi fa sentire ancora più distante da lui. "Dormi bene, Lena," sussurra con un tono che cerca di essere affettuoso. Chiudo gli occhi, ma il sonno non arriva. Mi rigiro nel letto, cercando di ignorare la sensazione di vuoto che mi pervade. Leonard si infila nel letto accanto a me, ma la distanza tra noi è più grande di quanto lo spazio fisico possa mai essere. La stanza è silenziosa, ma il peso delle cose non dette ci opprime entrambi.

Smith's: The MarriageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora