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Una coppia di quelli che sembrano i genitori di un ragazzo poco più grande di me sono seduti al nostro tavolo che è al completo. Inizio a pensare che Emily  aveva ragione. O forse sono solo inutili paranoie. "Ha iniziato a lavorare subito dopo la laurea" dice la madre riferendosi al figlio prodigio. "Lo studio sta andando molto bene" continua il ragazzo.

"Elena si laureerà tra pochi giorni...vorrebbe tanto insegnare nella sua stessa scuola" dice papà facendomi andare quel gambero di traverso. "Lena...tutto bene?" mi chiede mamma preoccupata.

Tutto bene? Mi chiede se va tutto bene? Non va per niente bene! Stanno programmando anche in che scuola devo insegnare e questa conversazione non mi sembra che si concluderà diversamente da un matrimonio finale tra me e quello già dottore con uno studio.  "Si" mento tornando composta.

Il ragazzo sembra fissarmi da quando mi sono seduta. "Elena, giusto?" mi richiama. Annuisco. "Sei stata di recente al Mary?" mi chiede. Il ragazzo di ieri aveva gli stessi capelli e inizio a pensare che il motivo per cui mi fissa è che mi ha riconosciuta. "Non frequento discoteche da ormai cinque anni" continuo a mentire.

"Avevi detto che andavi a ballare ieri" interviene mamma. Intervento non gradito. "Andavo a studiare. Devi aver sentito male. Jay voleva un parere sul nuovo articolo e io dovevo scegliere il vestito con Emily  per rispettare le richieste di ogni prof".

"Chi è Jay ?" chiede ancora il ragazzo.  "Sono amici da quando sono piccoli" risponde mamma al mio posto. Quella conversazione imbarazzante si sposta sulla politica...non che sia tanto meglio ma almeno non è richiesto un mio intervento.

Il ragazzo, Leonard, evidentemente vive da solo da un pò in "una grande casa con giardino" casualmente "perfetta per una famiglia".

Il clima attorno al tavolo si fa più teso. La forchetta nella mia mano è bloccata a mezz'aria, sospesa tra un boccone e l'altro, mentre cerco di non alzare troppo gli occhi al cielo. Leonard, con il suo sorriso studiato, e i suoi genitori, con il loro entusiasmo forzato, sembrano rappresentare tutto ciò che disprezzo: l'idea di una vita preconfezionata e la pretesa di sapere cosa sia meglio per me. "Immagino che tu voglia dei bambini..." La madre di Leonard sorride, inclinando leggermente la testa come se la sua domanda fosse una banalità, una cosa ovvia e naturale per qualsiasi donna. Le sue parole mi scivolano addosso come olio bollente. Sento un moto di ribellione crescere dentro di me, ma cerco di mantenere la calma.

"In realtà preferisco i cani... sono più tranquilli," rispondo secca, puntando gli occhi nel piatto come per sottrarmi alla scena, ma consapevole di aver lanciato una frecciatina. La madre di Leonard mi guarda sorpresa, mentre mio padre sbuffa rumorosamente. "Non dire sciocchezze, tesoro," interviene subito lui, con quel tono che usa sempre quando vuole rimettermi in riga. "Ogni donna vuole una famiglia." Dice queste parole come se fossero un assioma, una verità universale che non può essere messa in discussione. Il suo tono è tagliente, ma intriso di una condiscendenza che mi fa ribollire di rabbia. Lo guardo, stringendo la mascella per non esplodere. "Famiglia," ripeto lentamente, giocando con la parola come fosse veleno sulla lingua. "Anche un cane può essere considerato una famiglia. E poi, siamo nel 2097... Il concetto di famiglia dovrebbe essersi evoluto, non credi?" aggiungo, con un tono che cerco di mantenere casuale, ma che tradisce la mia insofferenza. "Persino la principessa ha dichiarato che preferirebbe sposarsi con un cane piuttosto che con un principe."

Leonard, che fino a quel momento aveva mantenuto un'aria pacata e composta, mi lancia un'occhiata che mescola divertimento e irritazione. "Devo dire che questa è una prospettiva... interessante," commenta, sorseggiando il suo vino con un'aria di superiorità. "Ma sai, la vita da soli può essere piuttosto... vuota, alla lunga."

"Vuota?" ripeto, stordita dall'arroganza di quel commento. Lo fisso, cercando di decifrare cosa mi infastidisca di più: il suo tono paternalistico o il fatto che sembri prendere tutto così alla leggera. "Forse per chi non ha altro nella vita se non il bisogno di seguire le aspettative altrui."

La sua espressione cambia per un attimo, ma poi torna quel sorriso placido. "Non volevo dire questo," replica, alzando le mani in segno di pace, ma il suo sguardo mi fissa con una sfida implicita. Mia madre, che fino a quel momento aveva osservato in silenzio, si schiarisce la voce. "Elena, cara, capiamo che tu abbia le tue idee, ma... sai, la vita è fatta anche di compromessi. E la famiglia è un grande dono, non qualcosa da ridicolizzare."

Mi sento stretta in una morsa. L'aria del ristorante sembra diventare sempre più soffocante, le voci degli altri tavoli lontane, come un rumore di fondo che mi distrae appena dal mio fastidio. Sto per ribattere, ma papà mi precede, deciso a chiudere la questione: "Il motivo di questa cena, Elena, è che tu e Leonard vi sposerete. Lui ne era già al corrente. Domattina ti trasferirai da lui."

La frase cade come una sentenza, dura e inesorabile, spezzando il già fragile equilibrio della mia pazienza. Mi sento come una pedina, spostata su una scacchiera senza il mio consenso. Ogni parola di mio padre sembra portare con sé il peso delle aspettative soffocanti che mi hanno inseguito da quando ero bambina. "Cos'altro devi scegliere al posto mio?" sussurro, quasi senza volerlo, la mia voce incrinata dall'emozione. Mi alzo di scatto, la sedia che scricchiola sul pavimento, senza aspettare risposta. "Ho bisogno di prendere un po' d'aria," aggiungo, dirigendomi verso la porta del ristorante, la mia mente un caos di pensieri ribelli e disperati.

Smith's: The MarriageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora