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Le giornate passarono velocemente, tra visite ufficiali e discussioni riservate. Il palazzo era in fermento, e io cercavo di bilanciare le mie responsabilità come regina d'Italia e madre di Isabella. Il primo compleanno di mia figlia era stato un momento di celebrazione, ma anche di riflessione. Il futuro sembrava incerto, e con l'imperatore e mia nonna presenti, era chiaro che si stavano ponendo le basi per decisioni che avrebbero plasmato non solo il destino della nostra famiglia, ma quello di tutto l'impero.

Quando nonna Aurora annunciò che sarebbe tornata in Danimarca, nonostante la sua determinazione a restare con noi il più a lungo possibile, non potei fare a meno di sentire un senso di vuoto. L'abbracciai stretta, sapendo che ogni addio con lei poteva essere l'ultimo. La guardai salire sulla carrozza, i colori della Danimarca che sventolavano accanto al vessillo italiano. La vidi voltarsi per un ultimo saluto, e io le sorrisi, tenendo Isabella in braccio, mentre Léonard restava in silenzio al mio fianco. I suoi pensieri, come sempre, erano altrove.

Rimasi in silenzio, cullando Isabella e osservando la carrozza che diventava sempre più piccola all'orizzonte, finché scomparve del tutto. Poi, con un respiro profondo, mi voltai verso Léonard. "Lei ha fatto il suo dovere come regina. Ora sta tornando al suo regno, e tu dovrai fare lo stesso. Concentrarti sul nostro futuro. Sull'erede." disse lui con freddo cinismo.

Quelle ultime parole mi fecero sussultare. L'erede. Léonard era ossessionato dall'idea di avere un figlio maschio, e non era un segreto. Per lui, Isabella, pur essendo amatissima, non era sufficiente. "La nostra famiglia non è abbastanza per te?" domandai con calma, anche se dentro di me la frustrazione montava.

Lui mi fissò con quel suo sguardo impenetrabile. "Un figlio maschio garantirebbe la stabilità che tutti si aspettano."

Non risposi, sapendo che qualsiasi parola avrebbe solo alimentato la distanza crescente tra noi. Le parole di Léonard rimasero sospese tra noi, come un muro invisibile che si ergeva ogni giorno più alto.

La mattina seguente, mentre il sole iniziava a sorgere oltre le colline romane, mi preparai per un'altra giornata di incontri e cerimonie. Isabella dormiva ancora nella sua culla, tranquilla, ignara del mondo che la circondava. La osservai per qualche istante, chiedendomi se avrebbe mai potuto vivere una vita diversa, lontano dalle aspettative soffocanti del potere. "Devi parlargli," mi disse mia madre più tardi, mentre mi sistemava un fermaglio nei capelli. Era stata a palazzo negli ultimi giorni, osservando in silenzio ciò che accadeva tra me e Léonard. "Parlare a Léonard?" le chiesi con un sussurro ironico. "Non ascolta, madre. Vuole solo un figlio maschio, tutto il resto è secondario per lui."

Mia madre sospirò. "Non puoi lasciare che questa ossessione lo consumi, Elena. Sei una regina, hai il diritto di esprimerti. E soprattutto, hai il diritto di essere ascoltata."

"Parlare non servirà a niente," mormorai, ripensando alle discussioni precedenti. Léonard non vedeva in me un'alleata, ma un ostacolo. Eppure, sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontare la situazione.

La giornata passò tra incontri diplomatici e cerimonie, ma la sera, quando Léonard rientrò nei nostri appartamenti, il silenzio tra noi era pesante. Finalmente, decisi di rompere quel silenzio.

"L'imperatore non si fida di te," dissi con calma, ma il peso delle parole era evidente. "Non crede che tu sia adatto a governare l'impero come vorresti."

Léonard si voltò bruscamente, i suoi occhi furenti. "E tu, cosa pensi?" mi chiese con un tono gelido. "Pensi come lui? Pensi che io sia solo un re per caso, messo qui solo perché ho sposato te?"

Sospirai, cercando di mantenere la calma. "Non è questo che sto dicendo. Ma devi capire che il potere non si conquista con la forza o con un erede maschio. Si guadagna con il rispetto, la saggezza, e... la fiducia."

Smith's: The MarriageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora