La mattina dopo, mi svegliai con il peso delle parole di Frederick ancora nella mente. Leonard dormiva profondamente accanto a me, il suo braccio gettato casualmente su di me. Guardai il soffitto, chiedendomi se avrei mai potuto trovare un equilibrio tra i miei doveri come regina, madre e moglie.
I corridoi erano un continuo via vai di funzionari, servi e cortigiani, e io mi trovavo costantemente a dover gestire conversazioni che toccavano la politica, la successione e l'equilibrio di potere che l'impero richiedeva. Seduto accanto a mia nonna Aurora nella sala delle udienze, l'imperatore emanava un'autorità che metteva tutti in soggezione. Leonard lo guardava con una certa cautela, consapevole di non avere la stessa approvazione che Frederick riservava a me. L'imperatore, infatti, lo ignorava quasi del tutto, concentrando le sue attenzioni su di me e su Isabella.
Una mattina, dopo una lunga colazione ufficiale, mi ritrovai a passeggiare nel giardino del palazzo con mia nonna. Indossava uno dei suoi abiti sontuosi, con i colori rosso e bianco che rappresentavano la Danimarca. I suoi occhi, anche se gentili, non avevano mai perso quella scintilla di determinazione che l'aveva resa una sovrana rispettata e temuta allo stesso tempo. "Frederick ha parlato molto bene di te," disse improvvisamente, rompendo il silenzio. "Mi ha detto delle cose... pesanti," risposi, cercando di non sembrare troppo preoccupata. "È preoccupato per Léonard e per la nostra posizione."
"E ha ragione," disse lei, senza alcuna esitazione. "Léonard è ambizioso, ma non ha la saggezza necessaria per gestire l'equilibrio delicato di questo impero. Sei tu la vera erede. Lo sai, vero?"
Il suo sguardo penetrante mi fece sentire come se fossi una bambina di nuovo, ma annuii. "Lo so, nonna. Ma non è semplice."
Lei si fermò e mi prese le mani tra le sue. "Tu puoi fare tutto, Elena. Sei mia nipote. Non dimenticarlo mai."
Nel frattempo, Léonard era impegnato in discussioni con Frederick e altri consiglieri imperiali. Le voci provenienti dalla sala del consiglio erano un misto di tono sommesso e momenti di tensione. Quando entrai, durante una delle sessioni, sentii chiaramente Frederick parlare a Léonard con una nota di ammonimento nella voce. "Non è sufficiente, Léonard," disse l'imperatore, facendo tintinnare il bicchiere di cristallo che teneva tra le dita. "Non puoi continuare a prendere decisioni che mettono a rischio l'equilibrio dell'impero solo per il tuo desiderio di espansione."
Léonard, seduto rigido sulla sedia, cercò di mantenere la calma. "Le mie decisioni sono sempre state prese per rafforzare il regno d'Italia e l'impero nel suo complesso. Non vedo come possano essere interpretate diversamente."
Frederick scosse la testa. "La tua visione è limitata, ed è questo che mi preoccupa."
Sapevo che Léonard stava cercando di trattenere la sua frustrazione, ma la sua mascella serrata tradiva i suoi veri sentimenti. Il suo desiderio di impressionare l'imperatore, di essere considerato un pari, era palpabile, ma sapevo anche che non avrebbe mai ottenuto il rispetto che cercava se non imparava a bilanciare il suo potere con la diplomazia. Quando la riunione si concluse, Léonard uscì dalla sala senza guardare nessuno. Lo seguii nel nostro appartamento, dove lo trovai a fissare fuori dalla finestra, le spalle tese. "Non permetterò a quel vecchio di mettermi da parte," disse con una voce bassa e rabbiosa, quasi parlando a se stesso.
Mi avvicinai e posai una mano sul suo braccio. "Lui vuole solo assicurarsi che l'impero resti stabile."
Lui si voltò verso di me, i suoi occhi bruciavano di rabbia trattenuta. "Vuole che tu prenda il controllo. Vuole che sia tu a guidare, e che io resti nell'ombra. Non posso accettare di essere un sovrano di facciata." La sua voce era tagliente, carica di un'amarezza che non avevo mai sentito con tanta intensità. Cercai di mantenere la calma, di non cedere alla provocazione. "Lui vuole solo che l'impero resti stabile. E forse, forse ha ragione: il nostro regno è più forte se lavoriamo insieme."
Ma le mie parole sembravano scivolare via senza toccarlo. La sua frustrazione era troppo profonda, radicata in un desiderio di potere che iniziavo a riconoscere come parte della sua natura. "Insieme?" rise amaro, scuotendo la testa. "Ti rendi conto di quanto sia ridicolo? Una donna... una donna che governa? Loro non ti rispettano, Elena, non ti vedono come un'eguale. Non vedono nessuna donna come un'eguale."
Le sue parole mi colpirono come un colpo secco. "Léonard, io sono tua moglie, non un nemico. Sto cercando di aiutarti, di aiutare noi."
"Non hai capito niente!" sbottò, la voce alzandosi di un'ottava. "Io non voglio essere aiutato! Io voglio governare, io voglio il potere. E tu... tu dovresti stare al mio fianco, sostenere le mie decisioni, non cercare di prendere il mio posto."
Mi sentii improvvisamente tradita, come se tutte le promesse fatte il giorno del nostro matrimonio fossero crollate. "Io Sei tu che hai preso il mio posto! Sono io l'erede al trono! Mio zio ha lasciato a me la corona, non a te. Tu hai quella corona solo perchè sei mio marito!"
Léonard mi guardò, sorpreso dalla mia veemenza, ma la sua sorpresa si trasformò rapidamente in rabbia. "Solo perché sei nata nel sangue giusto non significa che sei pronta a governare! L'impero non si comanda con il cuore, Elena, si comanda con la forza e l'intelletto, e tu... tu non sei fatta per questo. Sei troppo emotiva, troppo fragile."
Quelle parole mi ferirono più di quanto avessi immaginato. Ogni insicurezza che avevo cercato di nascondere, ogni dubbio che mi ero ripetuta in silenzio, sembrava ora confermato. Ma non potevo permettere che fosse lui a decidere chi ero o cosa potevo fare. Non più. "Fragile?" ripetei, la voce tremante di rabbia. "Io sono stata costretta a questo matrimonio. Ho accettato questo legame perché i miei genitori pensavano fosse la cosa giusta da fare. Ma non ho mai chiesto questo, Léonard."
Lui scosse la testa, come se non riuscisse a comprendere il significato delle mie parole. "Eppure è così che funziona questo mondo. L'amore, il rispetto... non sono sufficienti per governare un impero. Non possiamo permetterci di essere deboli, Elena. Non possiamo permetterci di lasciare spazio alle emozioni."
"Non puoi costruire un impero solo sulla forza bruta e sull'orgoglio. Io so cosa significa amare queste terre. Sono io che dovrei governare, non te."
Léonard mi fissò, i suoi occhi duri e pieni di sfida. "Non sono disposto a rinunciare al potere. L'imperatore, il consiglio, persino il popolo... nessuno di loro crede veramente che una donna possa governare. Sono io che dovrei avere il controllo!"
Il nodo alla gola si trasformò in una fiamma bruciante di rabbia e delusione. "È questo quello che pensi di me? Che sono solo una figura decorativa, una pedina da spostare secondo la tua volontà?"
"Esatto!" sbottò. "È esattamente così. E più ti ostini a voler prendere il controllo, più metti tutto in pericolo."
Per un attimo, le sue parole mi lasciarono senza fiato. Lo guardai, vedendo davanti a me non più il marito che avevo amato, ma un uomo consumato dall'ambizione, incapace di riconoscere il valore di chi gli stava accanto. Si avvicinò a me con passo deciso, la rabbia che ribolliva ancora sotto la superficie. "Cosa vuoi fare, allora? Vuoi sfidarmi? Vuoi prendere tutto per te?"
Sentii il mio cuore battere forte, e per un istante, pensai che potessimo essere davvero arrivati a un punto di rottura. Ma nonostante tutto, nonostante il veleno nelle sue parole, lo amavo ancora. E sapevo che anche lui, sotto la coltre dell'ambizione, mi amava. "Léonard," sussurrai, la mia voce più calma ora, "non sto cercando di sfidarti."
Per un lungo momento, ci fu solo silenzio. Poi, lentamente, la tensione tra di noi si allentò, trasformandosi in qualcosa di diverso. Si avvicinò ancora di più, e prima che potessi rispondere, mi prese tra le braccia. Il conflitto tra noi sembrava trasformarsi in un fuoco diverso, uno che ci aveva sempre legati. Senza parole, ci abbandonammo a quel fuoco, cercando di risolvere con il corpo ciò che le parole non potevano riparare.
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Smith's: The Marriage
Chick-LitCon la fine di una guerra, il mondo era tornato ad avere imperatori, re e titoli nobiliari; ma non tutti i nobili era ricchi...la famiglia Bianchi, per sopperire il limitato denaro, fanno si che la loro unica figlia sposi Leonard Smith, un giovane a...