19.

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Il dolce profumo della colazione mi sveglia, insinuandosi delicatamente nelle pieghe del sonno. Mi stiracchio pigramente, ancora immersa in una sorta di torpore confuso, e noto Leonard seduto al tavolo rotondo vicino alla finestra, avvolto solo nella sua vestaglia. Sul tavolo, una colazione lussuosa di macarons, croissant, e piccole porzioni di dolci vari. Mi siedo accanto a lui, ancora sorpresa dall'abbondanza della scena. "Perché tutte queste cose?" gli chiedo mentre prendo un croissant e lo osservo con attenzione. Leonard sorride, il solito sorriso sicuro che sembra sempre sapere qualcosa che io ignoro. "Per la colazione. Dicono sia il pasto più importante della giornata."

"Non credo che la sarta sarà felice se mangio più di un macaron," rispondo scherzando, ma in fondo una parte di me ci crede davvero. Un croissant qua, un dolcetto là, e le mie cosce non perdonano. So che non è un cornetto a fare la differenza, ma la somma di tutti quei piccoli piaceri finisce per incidere sul corpo. Leonard mi guarda con un'espressione che è un misto tra affetto e lieve esasperazione. "Cosa pensi che ti succeda con un cornetto?" mi chiede con tono ironico. "Nulla di drammatico, ma il mio corpo non la pensa esattamente così," rispondo mentre assaggio comunque un macaron, godendomi la sua dolcezza che si scioglie sulla lingua.

Lui posa la tazzina del caffè e si avvicina a me con lo sguardo che mi segue mentre mi muovo nella stanza. "Il tuo corpo è perfetto," dice con la solita fermezza, come se fosse una verità assoluta e indiscutibile. "Non per me. Sono ancora lontana dalla perfezione," ribatto con una punta di insicurezza che fatico a nascondere. "Non per me," ripete con dolcezza. "Al Mary sembravi così sicura di te. Era l'alcol?"

Sospiro leggermente, pensando a quella serata. "L'alcol aiuta, certo. Ma era più il fatto che nessuno, a parte voi, mi conosceva. Se mi giudicavano, non sapevano nemmeno chi stessero giudicando. Il mio nome non sarebbe mai uscito dalle loro bocche. Anche se per qualche minuto potevo essere al centro dell'attenzione, sopra il cubo, per loro sarei rimasta una sconosciuta, una ragazza che si chiama Aurora."

Leonard alza un sopracciglio divertito. "Aurora? Come mai hai scelto proprio quel nome?"

"È il nome di mia nonna," rispondo, sorridendo leggermente. "Lei era... incredibile. Una sopravvissuta. È passata attraverso una pandemia, una guerra, e – a detta sua – molti ragazzi. Mia madre dice sempre che sono come lei."

Leonard ride piano. "Non penso che molte duchesse, oltre a te, abbiano mai messo piede in un club a troieggiare e siano rimaste pure."

"Mia nonna è vissuta in un'epoca diversa," gli spiego, il tono più serio. "Non c'era l'impero allora, né titoli. Era una ragazza qualunque che si divertiva con i soldi di suo padre e poi con quelli dei suoi fidanzati. Non le interessava nulla se non se stessa, i suoi amici, la sua famiglia e i soldi. A 25 anni, dopo una relazione di cinque anni, andò a combattere in Russia, dove sperava di trovare qualche altro ragazzo. È riuscita a sopravvivere scopandosi i soldati nemici per salvarsi la vita, e quelli alleati per rilassarsi. Per lei il sesso era prima di tutto divertimento, e poi un'arma."

Leonard mi guarda incredulo. "E ha incontrato un principe durante tutto questo?"

"Sì, il principe di Danimarca," rispondo. "E lo sposò. Mia nonna era una regina, ma non ha mai voluto conformarsi ai doveri reali. A differenza delle altre, che avevano il compito di garantire eredi, lei ebbe solo una figlia."

Leonard mi studia, come se stesse valutando tutto ciò che ha appena sentito. "Se non fosse stato per l'imperatore, tu saresti una principessa adesso?"

"Sarei la terza in linea di successione," rispondo con un sorriso amaro. "Ma grazie all'imperatore ho ancora molti dei privilegi reali. Lui è mio prozio e il re, mio zio, non ha figli. Quindi, sì, sono ancora una possibile erede."

Leonard ride di gusto. "E io che pensavo di sposare una semplice escort da mantenere!"

Lo guardo con uno sguardo tagliente di disapprovazione, ma lui alza le mani in segno di resa, ridendo. "Scherzavo, scherzavo!"

"Scherzavi? Se vuoi un'escort, prendila pure," ribatto con tono pungente. "Magari diventiamo amiche. Quando entrerò ufficialmente a corte, dovrò avere delle dame di compagnia. Se mi va bene, magari potrò reclutarne tre."

Leonard cambia subito discorso, intuendo che il gioco si stava spingendo troppo oltre. "Sarebbe meglio se ti preparassi," dice velocemente, alzandosi per prendere il telefono dell'hotel e ordinare le ostriche.

Lo osservo mentre si muove, e non posso fare a meno di pensare a quanto siano strane le nostre vite. Tra privilegi e responsabilità, tra passione e incertezze, ogni passo che facciamo sembra portarci sempre più lontani da quello che una volta eravamo, o che forse non siamo mai stati.

Smith's: The MarriageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora