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La cena finisce in un silenzio pesante, rotto solo dal tintinnio delle posate e dai sorrisi forzati. Mentre ci avviamo verso l'uscita, sento ancora gli sguardi di Leonard e dei suoi genitori su di me, come se stessero valutando un acquisto. Ogni passo che faccio sembra sempre più irreale, come se stessi camminando verso qualcosa da cui non potrò tornare indietro.

Saliamo in carrozza e la tensione è palpabile. Mio padre mi guarda con l'aria di chi sta per darmi una lezione di vita. "Devi crescere," dice con voce ferma, rompendo il silenzio.

La sua frase mi colpisce come un'ingiustizia crudele. "Come se non me ne date la possibilità? Quando ho mai potuto fare una scelta seria? Una scelta che determinasse la mia vita?" rispondo, sentendo il nodo in gola che si fa sempre più stretto.

Papà sospira, come se la mia resistenza fosse solo un'altra fase di ribellione adolescenziale. "Hai scelto la scuola," dice, "e ti stavi distruggendo. Non permetteremo che accada di nuovo. Leonard è un bravo ragazzo che si prenderà cura di te e dei vostri figli."

Le sue parole mi fanno rabbrividire. Dei figli. Sta parlando del mio futuro come se fosse già stato scritto, senza neanche chiedermi se questo è ciò che voglio.

Mia madre, seduta accanto a lui, cerca di stemperare la tensione. "Cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno. Leonard forse non ti amerà come tu desideri, ma ti vorrà bene e non ti farà mancare nulla."

Non ti farà mancare nulla. Questa frase mi suona come una gabbia dorata. Non mancare nulla non significa vivere, non significa essere felice. Mi stanno chiedendo di accontentarmi, di accettare una vita preconfezionata solo perché sembra sicura, senza rischi. Ma il prezzo da pagare è la mia libertà.

Le parole di Leonard ritornano nella mia mente come un'eco: "Prova a disobbedirmi e ti renderò la vita un inferno." La sua minaccia mi perseguita, mescolata alle aspettative di mio padre, al tentativo di mia madre di farmi vedere una prospettiva migliore. Mi sento soffocare, come se ogni possibilità di fuga mi fosse negata.

È stata firmata la mia condanna. Sento le lacrime bruciare dietro gli occhi, ma non le lascio uscire. Non voglio che vedano quanto mi sento fragile, quanto mi sento spezzata.

Guardo fuori dal finestrino, le luci della città che scorrono veloci, lontane, irraggiungibili. E con ogni chilometro che ci avvicina a casa, mi sembra di allontanarmi sempre di più da me stessa.

Arrivati nella villetta, non appena la carrozza si ferma, apro la portiera e scappo verso la porta di casa senza guardarmi indietro. Non riesco a sopportare un altro sguardo pieno di aspettative, un altro commento sul "mio futuro". La chiave scivola nella serratura con facilità, e mi precipito dentro, ignorando i passi dei miei genitori dietro di me.

Salgo le scale di corsa, il cuore che batte forte per la rabbia e la frustrazione, e mi infilo nella mia stanza, chiudendo la porta dietro di me con un colpo secco. Mi appoggio contro di essa, scivolando lentamente fino a sedermi sul pavimento. Il respiro è pesante, e mi sento sopraffatta.

Guardo la stanza intorno a me, la stessa in cui sono cresciuta, quella che ha visto ogni mio sogno, ogni mio crollo. Le pareti sono ancora coperte di poster, di vecchie fotografie e di ricordi che sembrano provenire da una vita lontana. Il letto, piccolo e coperto con una coperta che avevo scelto anni fa, mi sembra ora troppo stretto, troppo insignificante per contenere tutto ciò che sento.

Mi alzo a fatica e mi avvicino alla scrivania, toccando con le dita il legno consumato, graffiato dalle tante notti passate a studiare, a scrivere, a immaginare un futuro diverso. Qui, in questa stanza, ero libera di sognare, di credere che avrei potuto essere qualunque cosa volessi. E ora... tutto ciò che mi circonda sembra un triste promemoria di ciò che non sarò mai.

Presto, sarò costretta ad abbandonare questo rifugio. Sarò costretta a lasciare tutto ciò che mi ha definita, per diventare la moglie di qualcuno che non amo, in una casa che non è la mia, per una vita che non ho scelto. La mia stanza, con i suoi ricordi, diventerà solo un'altra parte del passato, qualcosa da cui sarò costretta a distaccarmi.

Mi siedo sul letto, la testa tra le mani, sentendo il peso di ogni decisione che è stata presa per me. Leonard, mio padre, mia madre... tutti sembrano sapere cosa è meglio per me. E io? Io sono semplicemente qui, seduta, incapace di reagire, incapace di cambiare il mio destino.

Le lacrime finalmente scendono, silenziose, bagnando le mie mani. Non ho più la forza di trattenerle. Sento come se ogni speranza, ogni frammento di chi sono, mi stia scivolando via, lasciandomi vuota, impotente.

Mi sdraio sul letto, stringendo il cuscino come se potesse darmi conforto. Ma la verità è che nessun cuscino, nessun ricordo, potrà mai colmare il vuoto che sento dentro di me. Tra poco tutto cambierà, e la mia vita non sarà più mia.

Smith's: The MarriageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora