Capitolo 2

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Tre mesi dopo

Juliet non credeva di essersi mai sentita più nervosa.
Il suo debutto, proprio quella sera, da quel momento in poi sarebbe stata considerata una vera donna, sarebbe ufficialmente stata sul mercato matrimoniale.
Era soprattutto quell'ultima parte a non piacerle molto, non le piaceva essere considerata come un oggetto che sarebbe finito nelle mani del miglior offerente, ma quella era la società in cui era nata e non poteva farci molto.
Sperava quanto meno che il suo futuro marito fosse gradevole e che l'apprezzasse, che potesse diventare un buon amico.
Non le sembrava di pretendere troppo dopotutto, non stava cercando il vero amore, in quel caso le sue possibilità sarebbero state sotto lo zero, ma lei cercava soltanto qualcuno che fosse accettabile.
Sospirò.
Almeno il suo primo evento mondano si sarebbe tenuto a casa sua: la nonna amava aprire la stagione con un ballo in grande stile, era la sua unica consolazione, oltre al fatto che Howard e i suoi cugini sarebbero stati costretti a parteciparvi.
"Sei un incanto con quel vestito" le disse sua madre entrando nella sua camera.
Juliet guardò il suo riflesso nello specchio, sì, quel vestito le stava decisamente bene: era azzurro, proprio come i suoi occhi e trovava che glieli facesse risaltare. Dal giorno in cui lo aveva comprato aveva deciso che lo avrebbe indossato la sera del suo debutto.
"Hai già pensato ai gioielli?" Le chiese poi Selene.
Annuì.
"Sì, o almeno ho scelto la collana..." rispose, andando poi a frugare nel suo portagioie, tirando fuori quello che per lei era l'oggetto più prezioso che possedesse: era una semplice catenina in oro, a cui era appeso un pendente in lapislazzuli, un occhio di Horus che suo nonno aveva rinvenuto durante una delle sue campagne di scavo in Egitto.
Glielo aveva regalato per il suo dodicesimo compleanno, e da quel momento era diventato il suo gioiello preferito.
Lo osservò per un momento, le sembrava che lì dentro fossero racchiusi tanti ricordi, i ricordi della sua infanzia, di quei viaggi fantastici fatti con la mente grazie ai racconti di Joseph, di tutto ciò che aveva imparato sulla storia antica.
Suo nonno le mancava terribilmente, si era sentita compresa davvero soltanto da lui, erano così simili dopotutto. Le aveva anche promesso che l'avrebbe portata con lui a scavare a Saqqara, per quanto fosse anticonvenzionale, purtroppo non era riuscito a far fede al giuramento: era morto all'improvviso pochi anni prima.
"So che potrebbe apparire inappropriato, che non è ciò che tipicamente una signorina indossa, ma so che è la scelta giusta per questa sera" aggiunse poi, indossando quindi la collana.
"Si intona al vestito dopotutto" le disse sua madre, che non se la sentiva di ribattere su quella questione "Potresti indossare gli orecchini in acquamarina."
"Sì, suppongo che andranno bene..."
"Sei agitata?"
"Molto."
"Lo ero anch'io al mio debutto, ma poi è stata un'esperienza meravigliosa, uno dei periodi più belli della mia vita. Sarà così anche per te ne sono certa."
Juliet annuì, pur non essendone molto convinta.
Lei era cresciuta in campagna, non conosceva praticamente nessuno lì a Londra, non aveva un'amica, qualcuno che stesse al suo fianco ad ogni singolo evento.
Doveva far conoscenza con qualcuno quella sera, si doveva costringere.
Con tutta la gente che sua nonna aveva invitato doveva esserci almeno una giovane donna che non pensasse solo alle apparenze e a trovare un marito ricchissimo, qualcuno che fosse interessante.
Era convinta che sua madre stesse per aggiungere qualcosa, ma proprio in quel momento Howard fece capolino dalla porta.
"La contessa invita tutti quanti a scendere per il così detto controllo qualità" disse in tono grave, riuscendo a strapparle un sorriso, il primo di quel giorno. In realtà trattenne a stento una risata.
"Ti assicuro che è una cosa molto seria."
"Non lo metto in dubbio fratello" gli rispose, mentre la prendeva a braccetto, così da accompagnarla al piano inferiore.
Tutta la famiglia era schierata in fila, aspettando che Raphaela scendesse per accertarsi che ognuno di loro fosse perfetto. Le sembrava di starsi preparando per andare in guerra piuttosto che ad un ballo, anche se probabilmente sua nonna avrebbe detto che il mercato matrimoniale era una vera e propria guerriglia.
Si erano disposti in ordine di età, quindi lei si sistemò tra Howard e Daniel.
L'anziana donna non si fece aspettare, scese le scale vestita di tutto punto, con un abito in seta verde bottiglia, gli orecchini e la collana in smeraldo e i capelli raccolti elegantemente.
Osservò quindi uno per uno i membri della sua famiglia, prima di commentare tutto ciò che secondo lei non andava bene:
"Robert ti prego fai dare una lucidata a quelle scarpe, e Lucy, mia cara, ti prego levati quel diadema... Miles hai dimenticato i gemelli, ti prego fattene portare un paio, Monique quella tinta che hai usato sulle labbra è troppo scura, fa apparire la tua pelle smorta, ti prego vai su da Rose, lei riuscirà a sistemare tutto...
Peter... quella non è la giacca che hai usato anche lo scorso anno?"
"L'ho indossata soltanto poche ore, è ancora nuova, mi sembrava uno spreco di denaro farmene fare una nuova" rispose suo padre, con il suo solito tono razionale.
La contessa fece un segno con la mano, che stava a significare di lasciar perdere la questione.
"Selene i capelli, davvero non si riesce a fare di meglio? Non mi piacciono per niente" continuò poi.
Sua madre stava per ribattere, ma non ne ebbe il tempo, la nonna proseguì con la sua ispezione.
"Howard quella cravatta rossa è orribile, va a metterne una bianca ti prego...
Juliet, stai davvero bene, anche se forse avrei evitato quella collana, ma so che non riuscirò a convincerti a sceglierne un'altra, quindi va bene così.
Daniel, per l'amor di Dio, tira indietro quei capelli, dovresti andare da un barbiere, ormai sono davvero troppo lunghi...
Frederick sta dritto!" Esclamò infine.
Sospirò: "Bene, sistemate queste cose e poi tutto sarà perfetto."
"Mi chiedo se questo accada in tutte le famiglie o se siamo strani noi" le sussurrò Frederick all'orecchio.
"Ludovic e Raphael sono davvero fortunati a non dover sopportare tutto ciò" borbottò poi Daniel.
"Nemmeno loro riusciranno ad evitarlo eternamente" gli disse Howard, poi tutti si dispersero in diverse direzioni per andare a rassettarsi.
Juliet scosse la testa sorridendo: non si sarebbe di certo annoiata.
Fissò poi lo sguardo sull'entrata, presto gli ospiti sarebbero arrivati, la sua vita sarebbe cambiata completamente nel momento in cui il primo invitato avesse varcato quella soglia.
Sua nonna le fece segno di avvicinarsi, per poi metterle al polso un carnet da ballo.
"Questa è solo la prima serata, guardati intorno e cerca di ballare con più gentiluomini possibili... Dobbiamo iniziare bene se vogliamo che questa stagione sia un successo" le disse poi sorridendo.
"Certo" rispose, tentando di apparire sicura.
"Sono certa che troverai l'uomo perfetto, non sei una stupida".
Se fosse davvero stato così allora avrebbe dovuto essere nascosta da qualche parte, non trovarsi nella fossa dei leoni.
Juliet si guardò intorno alla ricerca di un angolo dove rintanarsi il prima possibile, aveva un vuoto allo stomaco e si sentiva schiacciata dalla pressione che tutti riversavano su di lei, erano tutti convinti che avrebbe trovato un marito entro la fine della stagione, e se invece non fosse stato così?
Non voleva deludere la sua famiglia.
In quel momento Wilson, il maggiordomo, entrò nel salone.
"Lady Halifax, i primi ospiti sono giunti" annunciò.
"Bene" la contessa controllò tutta la sala con uno sguardo, assicurandosi che tutta la famiglia si trovasse lì "Fateli entrare".
Fece poi un segno all'orchestra che subito iniziò a suonare.
L'espressione di Juliet dovette trasformarsi in una smorfia: era iniziata, non riusciva a crederci, era ufficialmente in società.
"Dovresti sorridere mia cara" le disse suo padre.
Lei annuì, mettendo subito su un bel sorriso, elegante e perfetto, che aveva provato così tante volte davanti allo specchio.
"Resta con Howard o con uno dei tuoi cugini per tutta la serata, basta che tu sia sola con un uomo anche per un solo istante, un po' troppo lontana dal tuo chaperon e nascerebbe uno scandalo... Siamo a Londra, non più in campagna, un solo piccolo errore ci rovinerebbe."
"Lo so" rispose, avvicinandosi subito a suo fratello, non si sarebbe mai allontanata da lui, non quella sera.
Lentamente si incamminarono verso il tavolo del buffet, nel mentre la sala iniziava ad affollarsi sempre di più.
"Secondo la nonna dovrei cercare di riempire il mio carnet di ballo questa sera" confidò ad un certo punto al fratello, non sapeva perché lo stesse dicendo proprio a lui, forse perché in realtà non sapeva da dove iniziare, come comportarsi, ed era certa che Howard avesse molta più dimestichezza di lei nell'ambiente mondano.
"Mi sembra un buon consiglio, riuscirai a conoscere molti più gentiluomini così..." rispose l'altro con quel suo fare calmo e razionale, aveva di certo preso da loro padre "Potrei comunque avere l'onore del tuo primo ballo?".
Juliet sorrise, sentendosi rincuorata.
"Certo."
"Poi potrei indicarti qualche buon partito, sono sicuro che lascerai tutti incantati, alla fine probabilmente non ci sarà spazio per tutti sul carnet."
Si sentì all'improvviso più tranquilla, la presenza di suo fratello la rassicurava.
La prima danza era un valzer, Juliet era felice, adorava quel ballo e la musica su cui si danzava, probabilmente era un modo della contessa di cercare di incoraggiarla o comunque di farla sentire a suo agio.
Si sentì bene a volteggiare per la pista da ballo, si sentiva leggera, un delicato soffio di vento.
Fu come se tutto il resto non esistesse più, c'era solo quella magnifica sensazione, quel senso di libertà.
Avrebbe voluto che la musica non finisse mai, ma purtroppo le ultime battute arrivarono fin troppo in fretta per i suoi gusti.
Howard le offrì un bicchiere di limonata, quindi andarono a rintanarsi in un angolo del salone.
Osservò la gente intorno a lei, molti uomini le apparivano interessanti, per il modo in cui erano vestiti, o per le loro movenze, oppure ancora per il modo in cui sceglievano accuratamente le parole prima di parlare.
Le signorine invece le apparivano come un gruppo di oche starnazzanti, sembravano essere l'una la copia dell'altra, e cercavano in ogni modo di attirare l'attenzione dell'uomo più ricco che capitasse loro sotto tiro.
Mentre spostava lo sguardo sulla sala incappò improvvisamente in una scena piuttosto interessante: un gruppo di fanciulle si era raggruppato intorno a qualcuno, spintonandosi a vicenda per cercare di conversare con la persona in questione, agitando i ventagli delicatamente sul petto, lanciandosi sguardi di fuoco.
Si chiedeva chi potesse attirare così tanto l'attenzione, doveva essere un duca o qualcosa del genere. Quando infine riuscì ad intravedere l'uomo del mistero i suoi occhi si spalancarono: era Frederick.
Le sfuggì un "oh" dalla bocca per la sorpresa.
Aveva letto da qualche parte che il cugino era considerato un ottimo partito, ma era comunque convinta che le giovani si sarebbero fiondate prima su chi possedeva un titolo nobiliare, era anche vero però che Frederick, in compenso, avrebbe ereditato una fortuna.
"Mi sembra disperato" disse poi al fratello, che aveva a sua volta iniziato ad osservare ciò che stava accadendo "E anche scocciato" aggiunse, quando riuscì ad intravedere di nuovo il volto del cugino. Sapeva bene quanto odiasse essere al centro dell'attenzione, preferiva la calma, e che stava partecipando a quel ballo solo per non deludere la nonna.
"Forse dovrei accorrere in suo soccorso" affermò Howard.
"Non credo sia una buona idea, se si accorgessero della tua presenza la situazione peggiorerebbe."
Rimasero quindi qualche minuto in silenzio, con gli occhi puntati sulla scena.
Nemmeno una delle fanciulle sembrava voler demordere e allontanarsi dal poveretto.
"Vado da lui" decise infine il più grande, quindi si avviò verso il cugino, lasciandola da sola.
Da sola...
No! Non poteva restare sola!
Per un momento restò bloccata, non aveva idea di come reagire.
"Howard!" Lo chiamò quando tornò lucida, ma lui non diede segno di averla sentita.
Cercò quindi per la stanza qualcuno dei suoi parenti, ma non riuscì a localizzare nessuno.
Le rimase quindi solo una possibilità: inseguire suo fratello.
Camminò a passo spedito, tenendo lo sguardo fisso su di lui, senza badare a ciò che aveva intorno. Stava per raggiungerlo quando andò a sbattere contro qualcuno.
"Scusatemi! Oh, mio Dio, sono davvero imbranata a volte" disse subito mortificata, osservando la ragazza che aveva urtato: era leggermente più bassa di lei, aveva la pelle chiarissima e gli occhi verdi, con dei bei capelli biondi ad incorniciarle il viso. Il suo vestito rosa pastello le stava magnificamente.
"Non scusatevi, non guardavo nemmeno dove stavo andando" rispose quindi l'altra.
"Voi siete?"
"Miss Hamilton, e voi dovreste essere Miss Byrne, giusto?"
"Esattamente" Juliet sorrise.
Miss Hamilton le sorrise di rimando.
"Come fate a saperlo?" Domandò poi, incuriosita.
"Si è parlato molto voi ultimamente, sono girate tante voci secondo le quali potreste essere la donna perfetta" replicò l'altra.
"Peccato che nessun gentiluomo abbia parlato o ballato con me dall'inizio della serata."
"Io credo siano intimoriti da vostra nonna."
"Può darsi" le sue labbra si piegarono in un piccolo sorrisetto.
Notò poi suo padre che le si avvicinava.
Quando giunse al suo fianco salutò con un cenno del capo Miss Hamilton, per poi sussurrare all'orecchio della figlia: "Devo presentarti una persona."
Juliet annuì.
"Devo andare, è stato davvero un piacere incontrarvi, spero di rivedervi presto" disse quindi, l'altra sorrise.
"Per me vale lo stesso, potremmo prendere il tè insieme un pomeriggio" propose poi Miss Hamilton.
"Sarebbe un piacere."
Prese poi a braccetto suo padre, che la condusse verso un angolo della sala, dove sua madre conversava con un uomo che doveva avere circa quarant'anni, ma che probabilmente era ormai più verso i cinquanta.
"Juliet, lascia che ti presenti il barone Russell" disse quindi Peter.
Lord Russell le fece il baciamano.
"Davvero incantato Miss Byrne, vi trovo magnifica questa sera."
"Vi ringrazio" rispose lei sorridendo.
Restò poi in silenzio, non aveva idea di come portare avanti una conversazione con un uomo molto più grande di lei che tentava di corteggiarla, non che fosse una cosa inusuale, ma le sembrava quasi di star parlando con suo padre.
Lord Russell stava andando avanti a parlare di questioni di cui lei non capiva assolutamente nulla ed era sempre più convinta che ciò che le diceva non fosse davvero rivolto a lei.
"Gradireste ballare?" Le chiese ad un certo punto, e fu l'unica frase che finalmente riuscì a capire appieno.
"Certamente mio signore" sorrise Juliet.
"Mi aggrada molto la quadriglia."
"Dovrebbe essere la danza numero otto."
Lord Russell segnò quindi il suo nome sul carnet di ballo della ragazza, per poi congedarsi, dicendo che naturalmente si sarebbero rivisti più tardi.
Juliet serrò quindi le labbra, tentando di trattenere le sue opinioni, ma proprio non ce la fece a tenere la bocca chiusa:
"Non vorrete che sposi quell'uomo!" Esclamò rivolgendosi ai suoi genitori, tentando di non urlare e cercando di apparire calma.
"Ovviamente no, si vede che non ti piace proprio, che non potresti mai andarci d'accordo, te lo abbiamo presentato solo perché è amico di tuo padre da tempo" le rispose con grande sicurezza sua madre.
Juliet tirò un sospiro di sollievo.
Poco dopo le si avvicinarono altri due gentiluomini, che la riempirono di complimenti e aggiunsero i loro nomi al carnet. Subito dopo altri tre gentiluomini fecero lo stesso, quindi alla fine quel cartoncino si ritrovò praticamente pieno.
Era proprio vero: dove andava un uomo lo seguivano tutti gli altri.
Sua nonna avrebbe dovuto essere fiera di lei, aveva conversato con tutti i migliori partiti, li aveva sondati capendo chi le andasse più a genio e chi meno. Infine si era quindi ritrovata con una lista di candidati a suo futuro marito.
Lord Lewis era molto simile a lei, amava la storia e i viaggi, mentre Lord Taylor era il suo completo opposto, ma comunque le appariva interessante.
Parlò delle sue opinioni alla madre, prima di allontanarsi per andare a prendere qualcosa da bere.
Lì riuscì a scambiare qualche altra parola con Miss Hamilton, prima di essere interrotta da due gentiluomini che avrebbero voluto danzare con lei.
Le era però rimasto soltanto uno spazio vuoto sul carnet da ballo, e nemmeno con l'aiuto della sua nuova amica riuscì a far demordere uno dei due.
Iniziarono quindi a litigare, facendone una questione d'onore, tanto che Juliet ormai era convinta che si sarebbero sfidati a duello nel bel mezzo della sala.
"Miss Byrne, è un piacere vedervi" fu quell'apparizione inaspettata di Edward a salvarla "sarebbe un onore per me ballare con voi" aggiunse poi.
"Lo sarebbe anche per me" rispose lei, sorridendogli grata.
"Non è che per caso sareste libera proprio per la prossima danza?"
"Siete un uomo fortunato."
Edward firmò quindi il carnet di ballo, per poi trascinarla sulla pista da ballo.
"Vi ringrazio davvero molto, mi avete salvata Lord Kni... Lord Stamford" disse lei, e vide il suo sguardo rabbuiarsi "Mi dispiace."
"Lo so" rispose lui, rivolgendole un sorriso, un vero sorriso questa volta e non uno di quei ghigni che lei non riusciva a comprendere: le credeva, sapeva che non si stava fingendo dispiaciuta per fare bella figura, ma perché lo era davvero, e che quelle sue parole erano l'unico modo per far voce ad un sentimento doloroso per cui non sarebbe mai esistita un'espressione per riuscire ad esprimerlo appieno.
Sapevano entrambi cosa volesse dire perdere la persona più cara al mondo.
"Come state?" Gli chiese poi con apprensione.
"Va meglio, credo, non sto sparendo lentamente come avevo immaginato inizialmente, e mi sembra di soffrire meno, anche se sto solo imparando a convivere col dolore" rimase in silenzio per un istante "Pensavo di essere pronto alla possibilità che se ne andasse, ma quando è successo..."
"Non si è mai pronti, lo so" gli occhi della ragazza si erano fatti lucidi, ed anche Edward era convinto di essere sul punto di piangere.
Era strano: era un clima festoso, la musica era allegra, tutti danzavano o conversavano coi sorrisi stampati sui volti, e poi c'erano loro due, tristi, persi in vecchi ricordi felici, ma che risultavano soltanto come una pugnalata nel cuore, e probabilmente nessuno si sarebbe accorto di loro e la vita sarebbe andata avanti, tranne che per Juliet ed Edward che invece avrebbero soltanto voluto ritornare indietro per vivere qualche altro momento felice con chi amavano.
Forse avrebbero dovuto cambiare argomento.
"La vostra collana è bellissima" le disse quindi ad un certo punto.
"Grazie" Juliet sorrise "Siete il primo a notarla, sapete?"
"Di solito non osservo i gioielli indossati dalle donne, ma questo è diverso, è magnifico è... è come voi."
"Me lo regalò mio nonno, sapeva che lo avrei adorato, mi conosceva molto bene."
Per un momento entrambi si persero nuovamente nei ricordi.
Poi la musica finí e i loro piedi si fermarono, senza bisogno di un vero comando, così come avevano danzato senza che loro dovessero pensare ai passi.
Si spostarono poi su un lato della sala, Juliet era convinta che uno dei suoi parenti sarebbe subito corso da lei: quello era l'ultimo ballo della serata, lentamente gli ospiti avrebbero iniziato a ritirarsi.
Non vide però nessuno venirle incontro.
"Non mi aspettavo di vedervi qui, non soltanto alla fine della soirée almeno" disse dunque al suo interlocutore.
"Ho avuto degli impegni che purtroppo mi hanno trattenuto più del dovuto, ma non potevo mancare, non farei mai infuriare vostra nonna" rispose lui.
"Ne sono certa."
Si scambiarono quindi uno sguardo d'intesa.
"Sorella eccoti!" Esclamò Howard dirigendosi a passo spedito verso di loro, sembrò accorgersi della presenza del conte soltanto dopo, quindi aggiunse: "Stamford" salutandolo con un cenno del capo, ricambiato dall'altro.
"Credo sia ora di ritirarci, è stata una serata intensa e di certo sarai stanca" continuò poi.
"Sì, in effetti lo sono..." rispose lei.
"Bene, ti accompagno in camera" le rivolse un sorriso premuroso "Oh, Edward, dovremmo incontrarci al club."
"Con piacere."
"Passate una buona serata Lord Stamford" salutò poi Juliet con voce dolce.
"Vi auguro buonanotte signorina, spero di rivedervi presto" disse lui, rivolgendole quel ghigno enigmatico, simile a quello della Monna Lisa, la ragazza cercò di non badarci troppo.
Salì quindi il grande scalone che conduceva al piano superiore, entrando poi nella sua camera.
Crollò appena toccato il letto, non si era resa conto di essere così sfinita.

Fiori di Luna (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora