Capitolo 12

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Quella sera si sentiva in ansia come non mai, eppure non si stava sentendo male, era più un'ansia buona, una scarica di adrenalina.
Edward la trovava piacevole, gli piaceva in un modo o nell'altro, e forse davvero avrebbe ricevuto una proposta di matrimonio da parte sua, per quanto Juliet in quel momento si sentisse una stupida anche solo a pensarlo, ma ormai era certa di starsi innamorando di quell'uomo. Santo cielo! In realtà era già così innamorata da essere completamente persa.
Nessuno l'aveva mai fatta sentire un quel modo, nessuno, all'infuori della sua famiglia, l'aveva mai ascoltata davvero mentre parlava, nessuno aveva mia prestato attenzione ai suoi interessi, e poi il modo in cui la guardava... era certa che la guardasse in un modo in cui nessuno l'aveva mai guardata prima.
Probabilmente si sarebbe messa a saltellare per la stanza se in quel momento non ci fosse stata Camille alle sue spalle, che finiva di allacciarle il vestito.
La cameriera non poté ignorare quanto gli occhi della ragazza brillassero in quel momento, scintillavano come quelli di qualcuno che aveva finalmente trovato la sua anima gemella.
Una volta che l'abito fu allacciato Juliet andò a sedersi sul letto, tenendo in mano la maschera che avrebbe indossato.
"Conosci il mito delle due metà Camille?" Chiese quindi alla cameriera, era persa, completamente, lo sapeva, eppure non le dispiaceva, quella sensazione era così confortevole, come un caldo abbraccio.
"Non credo signorina" le rispose la donna, mentre si affaccendava a sistemare i vestiti che la sua padrona aveva indossato quel pomeriggio.
"Racconta che un tempo uomo e donna fossero una cosa sola, ed erano perfetti e meravigliosi, purtroppo Zeus, il padre degli dei, era geloso di tutto ciò e decise quindi di separare ognuno dalla sua metà, così che ogni essere umano fosse costretto a cercare la sua per il resto della vita, a vivere con quella sensazione di essere incompleti" terminato il racconto rimase in silenzio per qualche secondo "Ti sembrerebbe assurdo se ti dicessi che credo di aver trovato la mia metà mancante?" Aggiunse quindi, indossando allo stesso tempo la maschera sul viso.
"In verità mi sembrerebbe perfettamente credibile."
Juliet sorrise apertamente, in modo completamente spontaneo, come ormai non le capitava da diverso tempo.
Salutò quindi Camille con un cenno del capo, prima di correre letteralmente giù dalle scale, impaziente di prendere parte a quel ballo dove avrebbe potuto essere a tutti gli effetti libera, dove nessuno l'avrebbe riconosciuta.
La sala da ballo era già piena, gli occhi di tutti si posarono per qualche istante su di lei, ma era certa che nessuno in quel momento vedesse Juliet Byrne, ma che vedessero tutti una regina dell'antichità, e per qualche motivo si sentì la donna più bella del mondo, come effettivamente Cleopatra veniva descritta.
Sorrise, allungò leggermente il collo, e si incamminò verso il tavolo delle bevande con passo sicuro ed elegante.
Sperava di riuscire ad individuare Edward in qualche modo, certo sarebbe stato più facile sapendo da che cosa fosse mascherato, ma lo avrebbe trovato, se voleva davvero qualcosa nessuno riusciva a farle cambiare idea, a fermarla.
"Mia signora, spero di non importunarvi in questo momento, sapete non oserei mai" disse una voce alle sue spalle, una voce che ormai era per lei inconfondibile: Edward.
"Oh, un soldato romano" disse, osservando il suo costume, mentre lui le faceva il baciamano "Non è che per caso siete il mio Marco Antonio?"
"Potrei, se voi confermaste di essere la mia Cleopatra."
"Lo sono, per questa sera lo sono di certo" disse, arrossendo leggermente, seppur con un grande giro di parole e riferimenti a personaggi storici quella era una specie di dichiarazione: non credeva di poter essere tanto audace.
"Mi concedete questo ballo?" Le chiese poi, mentre la musica della quadriglia iniziava a suonare.
"Con piacere" rispose lei, prendendo la sua mano, lasciandosi accompagnare sulla pista da ballo.
Iniziarono a ballare, e per qualche momento non dissero una parola, persi l'uno nello sguardo dell'altra.
"Come avete fatto a riconoscermi?" Chiese tutt'a un tratto Juliet.
Edward esitò, non voleva dirle che l'aveva riconosciuta dai suoi occhi, quei bellissimi occhi del colore dell'oceano, profondi come la notte, si sarebbe esposto troppo, non aveva il coraggio di dar voce ai suoi sentimenti, eppure allo stesso tempo qualcosa dentro di sé gli diceva che non sarebbe stato così male rivelarle tutto.
"La vostra collana" disse infine, sentendosi estremamente codardo all'improvviso: Juliet era lì, proprio davanti a lui, e probabilmente avrebbe potuto essere sua se soltanto avesse parlato apertamente "è la stessa del vostro primo ballo ufficiale, vi dissi che era meravigliosa, che era..."
"Come me" completò lei al suo posto, e nel dire quelle parole, nel ricordare quella conversazione all'infinito nella sua mente, si accorse che anche allora c'era qualcosa, per Dio, c'era sempre stato qualcosa!
Le sembrò che il cuore si fermasse per un momento, per poi prendere a galoppare all'impazzata, non riusciva a crederci, e per poco non inciampò nell'eseguire i passi di quella danza avendo la mente altrove.
Fissò Edward per un momento, con gli occhi spalancati, sconvolta e disorienta: quella botta l'era arrivata così all'improvviso che quello che aveva provato fino a poco prima, la leggerezza di scoprire finalmente di amare qualcuno, scomparì tutt'a un tratto, e l'innamoramento tornò a farle paura, a farla sentire come se non fosse più padrona di se stessa.
Faceva ormai troppo caldo in quella sala, o almeno così le sembrava, o forse era lei ad essere arrossita nel realizzare che quei sentimenti erano veri e profondi, era confusa, estremamente confusa, voleva solo scappare via di lì, uscire in giardino.
Non poteva però correre via nel bel mezzo della danza, avrebbe dato troppo nell'occhio, tutti si sarebbero domandati cos'era successo, e di certo sarebbero iniziati i pettegolezzi, le cronache scandalistiche avrebbero scritto di lei, e peggio ancora di certo la sua intera famiglia le sarebbe corsa dietro, tempestandola di domande a cui lei non sarebbe riuscita a trovare una risposta.
Voleva evitare tutto ciò, la danza era quasi finita, avrebbe dovuto resistere solo qualche altro secondo, secondi che però sembravano non passare mai, che scorrevano come lunghi minuti.
Quando la musica finì per un momento fissò Edward negli occhi, per poi fare un passo all'indietro abbastanza violentemente da potersi liberare dalla mano che lui teneva ancora sulla sua vita.
Lui la guardò confuso: fino a pochi minuti prima tutto sembrava star andando bene.
"Io... Ho bisogno di un po' d'aria" disse Juliet, allontanandosi a passo spedito, cercando di ignorare la voce di lui che la chiamava, non voleva voltarsi, non poteva, sapeva che altrimenti si sarebbe fermata, ma lei voleva soltanto lasciare quella stanza.
Aprì la porta finestra e mosse qualche passo più veloce, quasi correndo, fino ad appoggiarsi sulle mani al parapetto in fredda pietra, inspirando profondamente: le sembrava che il corpetto fosse stato stretto troppo e che non avesse potuto respirare per tutta la danza.
Non aveva mai provato nulla del genere prima, non si era mai ritrovata senza fiato.
"Miss Byrne" Juliet si voltò, avrebbe dovuto immaginare che l'avrebbe seguita, che l'avrebbe raggiunta in un batter d'occhio.
"Dovreste tornare dentro Lord Stamford" disse lei, non potevano rischiare di farsi vedere lì senza chaperon, per di più l'unica cosa che voleva in quel momento era restare sola.
"Che succede?"
"Tornate dentro, vi prego, se qualcuno ci vedesse... Non voglio creare uno scandalo."
"Non rientrerò finché non mi direte che cosa vi prende" ribattette lui, determinato, muovendo un passo verso di lei.
Juliet scosse la testa, non poteva restare lì e rischiare che la sua reputazione venisse macchiata irreversibilmente, scese quindi la scala che portava ai giardini, iniziando a correre, non avendo idea di dove stesse andando, voleva solo allontanarsi il più possibile.
"Miss Byrne! Vi prego fermatevi!" urlò Edward, iniziando a correrle dietro, era certa che fosse molto più veloce di lei, che oltretutto aveva anche una pessima resistenza: l'avrebbe acchiappata subito.
Si ritrovò davanti all'ingresso della serra e le sembrò una buona idea entrarci, pensando che si sarebbe potuta nascondere fra le piante, ma lui la raggiunse proprio appena vi ebbe messo piede.
"Dannazione, volete fermarvi!" esclamò, afferrandole il polso, così da arrestare quella sua fuga.
"Lasciatemi andare!" gridò Juliet dopo la sorpresa iniziale, strattonando poi il braccio così da liberarsi da quella presa.
Sospirò, voltandosi, liberandosi poi dalla maschera che ormai aveva iniziato a darle un fastidio terribile, facendola sentire in trappola. Come ogni altra cosa del resto.
"Vorrei sapere cos'è successo Miss Byrne" disse quindi lui in tono più calmo, più cordiale.
"Non credo che la cosa vi riguardi" rispose lei, tentando di mantenere un atteggiamento sicuro.
"Io invece credo di sì."
"Vi dico che non è così Milord."
"Allora perché scappate da me?"
"Io non scappo proprio da nessuno."
"E questa come la chiamereste se non fuga? Vi ho forse offesa in qualche modo? Perché se è così mi duole, ma gradirei sapere se ho mai fatto qualcosa di sbagliato nei vostri confronti."
"No, non è questo" Juliet si sentì sull'orlo di iniziare a piangere come una bambina, era una stupida, una grandissima stupida a pensare di riuscire a comportarsi come un'adulta quando in realtà non lo era.
"Allora cos'è?" chiese lui, avvicinandosi alla ragazza, tanto da farle percepire il suo respiro sulla pelle.
"Io... Io... non lo so."
Rimase poi in silenzio, con lo sguardo basso, si sentiva soltanto una bambina, inadeguata a tutta quella situazione, a tutti quei sentimenti, probabilmente non era proprio adatta a poter sopportare tutto quello, tutti quei balli, quei ricevimenti, la vita mondana le dava la nausea ogni giorno di più.
Era come se stesse indossando un corsetto e qualcuno lo stringesse sempre di più, fino ad impedirle di respirare.
"Non dovremmo essere qui, torniamo dentro prima che qualcuno noti la nostra assenza e inizi a cercarci" disse quando finalmente fu riuscita a ricomporsi, Edward annuì.
Si voltò, pronta a tornare nel salone da ballo, pronta a fingere che tutto andasse bene, ma un profumo, un profumo dolcissimo, con una punta amara, così esotico, che mai aveva sentito prima la costrinse ad arrestare i suoi passi.
Lui si girò, guardandola, mentre lei realizzava quale spettacolo meraviglioso stesse accadendo proprio in fondo alla serra, e quindi iniziava a dirigersi verso il luogo esatto dove avrebbe visto la magia realizzarsi.
"Miss Byrne dove andate?" domandò Edward che, non ottenendo una risposta, iniziò a correre dietro a quella donna per la seconda volta quella sera. Probabilmente alla fine sarebbe diventato pazzo.
Quando finalmente Juliet si ritrovò di fronte quel magnifico fiore bianco, simile ad una ninfea, immerso fra i tanti altri piccoli fiori notturni che avevano appena aperto il loro petali sotto il chiaro di luna, non riuscì a trattenere un sorriso.
"Oh, è finalmente sbocciata" sussurrò, incredula davanti a quel magnifico spettacolo.
Quando il conte la raggiunse aveva ormai il fiatone, lo aveva fatto correre parecchio quella sera, per un po' respirò profondamente, cercando di riprendere fiato.
"Non avevo mai visto un fiore simile a quello" affermò poi, quando finalmente si fu ripreso, togliendosi a sua volta la maschera dal volto.
"Comunemente viene chiamata regina della notte, è una pianta proveniente dal sud America, ed è davvero molto raro vederla fiorire, e quando succede accade solo per poche ore, di notte, poi tutta la magia scompare, all'alba resta soltanto un fiore sbiadito, appassito."
Edward si guardò intorno solo in quel momento, notando tutti quei fiori, bianchi per la maggior parte, che si schiudevano in quel momento, nella quiete della notte.
"Credevo che i fiori potessero sbocciare solo con il sole" disse con lo sguardo che vagava da un lato all'altro della serra.
"Questi sono fiori speciali" Juliet si voltò a guardarlo "fiori di luna come li ho sempre chiamati io, vi sembrerà estremamente stupido, ma da bambina credevo che una notte la luna avesse pianto e che le sue lacrime avessero dato vita a queste piante capaci di germogliare solo di notte"
"Non è stupido, anzi è una bella storia."
Lei sorrise, tornando poi a guardare la regina della notte, non credeva di aver mai visto qualcosa di più bello.
"Avete mai visto qualcosa di più spettacolare? La natura è incredibile" era incantata da quel magnifico fiore, non riusciva a togliergli gli occhi di dosso.
"Di certo lo è, ma sono distratto da altro" rispose lui, che invece non riusciva distogliere lo sguardo da Juliet, che sotto i raggi di luna, circondata dal candore di tutti quei petali delicati, gli appariva più bella che mai.
"Che cosa mai potrebbe distarvi qui dentro?" chiese, sfiorando delicatamente i petali bianchi e profumati, prima di voltarsi per guardare Edward, in attesa di una risposta.
"Non so, forse qualcosa di più bello" fece quindi qualche passo in avanti, con quei due meravigliosi occhi di zaffiro a scrutarlo, che quella notte sembravano avere la stessa tonalità di quel cielo stellato non sporcato dalle nubi.
C'erano soltanto loro due e nessun altro, non poteva essergli impedito di stringere finalmente quella donna fra le braccia, di assaporare quella pelle dorata con un bacio, eppure esitava, forse aveva un po' d'onore dopotutto, ma l'avrebbe baciata, lo sapeva, almeno che lei non avesse deciso di andarsene proprio in quel momento, non sembrava però avere intenzione di muoversi.
Le sfiorò gli avambracci, andando a prendere le mani di lei fra le sue.
"Juliet" disse poi in un sussurro, e lei sussultò nel sentire il suo nome fuoriuscire dalle sue labbra, in una maniera che le apparve così intima, che le fece tingere le guance di rosso "Come posso concentrarmi su altro se tu sei qui?"
Aveva lo stomaco in subbuglio, capì finalmente cosa volesse dire avere le farfalle nello stomaco, e nel suo caso stavano volando completamente impazzite.
Non riuscì a ribattere, la sua bocca rimase semiaperta, ed Edward non riusciva a staccare lo sguardo da quel viso angelico, da quelle labbra rosse che imploravano di essere baciate. Non potè trattenersi, gli fu impossibile, annullò la distanza fra i loro corpi e la baciò, Juliet, dapprima rigida, si sciolse fra le sue braccia, aggrappandosi poi alle sue spalle.
"Noi... Edward non dovremmo" disse, allontanandosi di qualche centimetro dal suo volto, ma non accennando a muovere un passo di più, a lasciare le sue braccia.
Sapeva che lei aveva ragione, che avrebbero dovuto ricomporsi e rientrare immediatamente nel salone da ballo di Hathor House se non volevano suscitare domande e pettegolezzi, dimenticandosi entrambi di ciò che era accaduto, ma non voleva ancora lasciarla andare, non ce l'avrebbe fatta dopo aver sentito pronunciare il suo nome da quella dolcissima voce, desiderava che quelle labbra vellutate accarezzassero le sue nuovamente.
Lei era ancora lì fra le sue braccia, senza dare il minimo segnale di volersi allontanare, e se avesse voluto avrebbe potuto farlo, anzi l'avrebbe certamente già fatto. Invece restava lì a fissarlo, con il corpo ad implorare di essere baciata nuovamente.
Si chiese se non se ne stesse in realtà approfittando, ma quel barlume di lucidità durò pochissimi secondi: la sua bocca fu nuovamente su quella di lei.

Fiori di Luna (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora